Rivista "IBC" XV, 2007, 2
musei e beni culturali, biblioteche e archivi / mostre e rassegne, pubblicazioni
È la botanica le dernier cri nel panorama espositivo regionale. Lo testimoniano due mostre, a Bologna e a Piacenza, dedicate a questo argomento, ora allargato all'arte e alla tecnologia, all'ambiente, all'editoria storica e alla farmacopea, fino alla mitologia. Un incontro con la vita, com'è inevitabile quando si tratta della natura e di tutte le sue varietà. Ne è un simbolo la dea Pomona, divinità italica dei raccolti e madre della pomologia, sotto i cui auspici l'Accademia nazionale dell'agricoltura di Bologna ha organizzato la mostra "Frutti da museo. Arte e Scienza al servizio di Pomona". L'esposizione, organizzata in collaborazione con la Biblioteca Universitaria di Bologna e patrocinata anche dall'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, è stata realizzata in occasione del secondo centenario dell'Accademia, sorta nel 1807 come Società agraria del Dipartimento del Reno in linea con le tendenze progressiste del regime napoleonico (www.accademia-agricoltura.unibo.it).
Al vasto patrimonio genetico rappresentato dalla figura mitologica di Pomona e al tema del "giardino delle Esperidi" si ispirano il percorso espositivo e lo "spirito" stesso della manifestazione, concepita e curata dal professor Enrico Baldini, e allestita nell'Aula Magna della Biblioteca Universitaria dal 12 aprile al 20 maggio. Non a caso all'ingresso della mostra fanno sfoggio assortimenti pomologici rari, che non vedremo in altre occasioni: frutti veri, in polpa e semi, in un trionfo di canestri e di trofei, per esibire con una coloratissima rassegna l'archeologia pomologica tuttora coltivata dagli agronomi per preservare le antiche varietà degli alberi da frutto dall'erosione genetica. Un prologo a un itinerario che tra incisioni, litografie, quadricromie, dipinti e disegni - sempre splendide le tavole dell'Hortus Pictus di Ulisse Aldrovandi - racconta la storia della pomologia illustrandone le diverse tecniche di classificazione per le quali, un tempo, allo studioso si richiedeva di saper usare la matita e i pennelli, quando la fotografia non c'era e figuriamoci le più sofisticate tecnologie informatiche presentate nell'esposizione in un apposito settore.
Ecco allora nature morte e autentici capolavori che meriterebbero di figurare nei manuali di storia dell'arte, anche se realizzati per affinare la tecnica e sopperire alla mancanza di altri mezzi di documentazione. Dalla metà del Cinquecento, quando i trattati dell'Aldrovandi e del medico e botanico Pietro Andrea Mattioli divulgavano la pomologia con immagini che ebbero un indubbio ritorno sull'ambiente figurativo bolognese, scienza e pittura seguirono percorsi paralleli. E come non ricordare le incisioni di Vincenzo Leonardi per le Hesperides..., monumentale opera in folio del gesuita Giovanni Battista Ferrari (1646), o per la poderosa serie dei trattati illustrati che il mercante tedesco Johann Christoph Volkamer diede alle stampe nel 1708 e nel '14 nel corso dei suoi viaggi in Italia: cedri, aranci e limoni, persino con lo sfondo del portico di San Luca e della Chiusa di Casalecchio?
Con questo genere finalizzato alla scienza si cimentarono celebri maestri, e non si allude soltanto al nostro Antonio Basoli, che collaborò alle tavole della Pomona italiana di Giorgio Gallesio (1817-1839), quanto alla schiera degli artisti che su commissione di Cosimo III de' Medici avevano dipinto in una serie formidabile di nature morte i fasti della tavola di corte, sulla quale arrivavano i frutti "del bel casino della Topaia, sovrastante le famose vigne della Real Villa di Castello": la mensa del granduca, ritratta in una serie di tavole illustrate nel fondo tassonomico messo assieme da Pietro Antonio Micheli, prefetto dei Giardini botanici di Pisa e di Firenze e incaricato di un lavoro finissimo di inventariazione. Cosimo lodava la frutta "come mezzo per vivere lungamente sano", tanto che per prolungare il proprio benessere dalla tavola al piacere estetico aveva incaricato Bartolomeo Bimbi di raffigurare in alcune tele una serie di campionari pomologici, citrografici e ampelografici, in parte presenti in mostra. Sono suggestive spalliere di agrumi e di uve, opulenti vassoi colmi di ciliegie, di fichi, di mele, di pere, di pesche, che in un insolito diorama di diciotto tele testimoniano la biodiversità del germoplasma frutticolo toscano sul finire del XVII secolo, documentando inoltre nei cartigli la nomenclatura volgare dei frutti. Né meno pregevoli sono i modelli in gesso o cera presentati in mostra, elaborati nel XIX secolo dal Calamai nell'Officina granducale di Firenze e, a Torino dalle mani del Garnier Valletti, testimonianze delle suggestioni artistiche della Pomologia e dell'Ampelografia d'altri tempi.
Ai "Filtri di salute, d'amore, di morte, di conoscenza. I trattati di botanica della Biblioteca Passerini-Landi" è invece dedicata la mostra conclusa il 25 febbraio scorso a Piacenza (passerinilandi.biblioteche.piacenza.it). Dell'iniziativa, voluta dall'assessore Alberto Squeri e messa a punto da uno staff di esperti di settore coordinato da Marinella Pigozzi, testimonia il catalogo dell'esposizione, a cura della studiosa. L'itinerario passa dalla botanica alla farmacopea, e si intreccia con l'arte dei giardini: dai tacuina sanitatis, con le essenze officinali dell'hortus conclusus, alla natura governabile e ordinata di Pier Crescenzi, fino all'origine dei trattati di erboristeria e di una più "moderna" gestione dell'agricoltura. Questa avventura, raccontata dai trattati dal XVI al XVIII secolo, vive nei testi di Erika Giuliani, Chiara Albonico, Anna Coccioli Mastroviti e Antonio Corvi.
Protagonista ancora una volta è la pianta, inserita nella sua specie e presentata per le virtù curative dal naturalista; ma il fiore è il soggetto più frequentato: goduto, odorato, utilizzato in campo terapeutico e alimentare, e presente come allegoria teologica. Il "giglio delle valli", la "rosa mistica", espressioni simboliche, ricompaiono nella pittura; gli artisti se ne appropriano e i miniatori li trasformano in decorazioni per gli antifonari. E, insieme a loro, la "viola": quella del Giardino di Sabadino degli Arienti, per capirci, la cui celebre Descrizione (1501), tra gli autografi presentati in mostra, si relaziona alla concezione filosofica del giardino, collegata all'illustrazione artistica tra Quattro e Cinquecento. Ancora, ma questa volta tra i piacentini, spiccano i nomi di Antonio Anguissola, con il Compendium del 1587, e di Clemente Rutta, autore dei Trionfi contro la Morte: la pubblicità della "triaca", miracolosa contro i morsi dei serpenti. Seguono I discorsi di M. Pietro Andrea Matthioli sanese medico cesareo, del 1581, il Trattato di Francesco Acosta africano (1585), l'Exactissima descriptio rariorum quarundam plantarum... in Horto Farnesiano (1625) e L'arte dello speziale di Francesco Sirena (1679). Testi fondamentali, sorprendenti per la ricchezza dei frontespizi, dove non di rado compaiono gli alambicchi per la preparazione dei medicinali.
Filtri di salute, d'amore, di morte, di conoscenza. I trattati di botanica della Biblioteca Comunale Passerini-Landi, a cura di M. Pigozzi, Piacenza, Tip.Le.Co., 2006, 196 p., euro 20,00; Frutti da museo. Arte e Scienza al servizio di Pomona, a cura di E. Baldini, Bologna, Tipolito Tamari, 2007, 39 p., s.i.p.
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