Rivista "IBC" XIV, 2006, 4

Dossier: Una rete di cataloghi - La catalogazione informatizzata nei musei

musei e beni culturali, dossier /

La giornata di un catalogatore

Eros Teodori
[catalogatore]

Introdursi in un museo etnografico in attesa di catalogazione e allestimento significa approcciare una realtà sociale accaduta; quando se ne percorrono le stanze si apre un silenzioso colloquio con la nostra memoria, affiora la difficoltà di cogliere il senso pieno degli oggetti utilizzati quotidianamente dagli uomini e che l'usura del tempo, la modernizzazione e il progresso sociale hanno trasformato in beni culturali da preservare. Il museo diviene così un contenitore non solo di "cose", ma anche e soprattutto, di "significanti": oggetti considerati in qualità di documenti della storia sociale ed economica di un territorio.

Affrontando la catalogazione di due musei nel territorio reggiano, tra il 2005 e il 2006, ho compreso quanto catalogare corrisponda a conoscere, indagare, ricercare. Il "Museo del Po, della navigazione interna e del governo delle acque" a Boretto, nella Bassa, e il "Museo del Parmigiano Reggiano, civiltà contadina e artigiana della Val d'Enza" a Villa Aiola di Montecchio, sono localizzati in spazi originari: il primo nella parte dismessa dei cantieri della Sezione autonoma del Genio civile per il Po, il secondo in una tipica casa colonica della campagna reggiana. Questo permette l'inserimento dei manufatti in un accurato contesto ambientale, caratterizzato geograficamente e architettonicamente, così da acquisire un preciso significato. L'opera di catalogazione informatica e fotografica è avvenuta dopo una fase iniziale di raccolta e conservazione, da parte degli enti pubblici e di associazioni culturali, dei materiali che, una volta individuati e selezionati, sono diventati poi parte di diversi percorsi museali, rispondendo a una esigenza di comprensione e di completa fruizione del patrimonio.

Il museo di Boretto, la cui sede è un modello classico di archeologia industriale, presenta una varietà di testimonianze che documentano la storia della cantieristica e della navigazione fluviale: le imbarcazioni di diversa tipologia (dalle draghe ai rimorchiatori provvisti dei loro accessori tecnici), le macchine utensili e gli attrezzi da lavoro utilizzati. Il cantiere vero e proprio è diviso nei reparti di falegnameria, forgeria, carpenteria, officina, calafati e magazzino; importante è poi la sala dedicata ai "Chezzi", famiglia di costruttori di barche per la navigazione del fiume Po, con uno sguardo a ciò che rimane del loro corredo lavorativo.

Il museo di Villa Aiola delinea un affresco sociale legato alla vita quotidiana, ai valori e alla storia delle comunità contadine della Val d'Enza. Suddiviso in differenti edifici, racconta tematiche afferenti a un mondo rurale ormai passato: nella casa colonica sono individuabili gli strumenti utilizzati per i lavori nei campi, il mobilio e le suppellettili relativi al ritmo quotidiano della casa contadina, e gli utensili che testimoniano l'attività artigianale rurale in una fase non ancora sommersa dalla meccanizzazione del lavoro. Un vecchio bocciodromo contiene una grande collezione di carri agricoli intagliati, calessi e macchine da lavoro, mentre due caselli ricostruiscono il ciclo della lavorazione del Parmigiano Reggiano.

La catalogazione di queste due diverse realtà si è rivelata affascinante ma non priva di difficoltà: le informazioni fondamentali, infatti, sono state ricavate da fonti orali piuttosto che scritte, poiché gli oggetti da censire erano utilizzati nel lavoro quotidiano, quindi i ricordi e le testimonianze sono diventati determinanti per una corretta compilazione delle schede. Spesso, insomma, ho dovuto rincorrere gli informatori tutto il giorno. E questo articolo, forse, avrebbe dovuto essere scritto in dialetto reggiano, poiché in dialetto si pensava e in dialetto si agiva...

Le fonti scritte sono divenute essenziali per capire la funzione, la corretta denominazione degli oggetti, nonché l'esatta trascrizione in dialetto reggiano. L'ambiente non sempre ha facilitato le operazioni: la misurazione dei pezzi di grandi dimensioni, per esempio, è stata spesso difficoltosa. Durante le riprese fotografiche, poi, piccole sale, magazzini convulsi e piani superiori difficilmente raggiungibili hanno reso complesse le operazioni di spostamento della macchina, dei supporti, ombrelli e faretti.

Dopo una corretta catalogazione si può passare a eventuali interventi di recupero, conservazione e soprattutto alla selezione dei materiali da esporre. Solo conoscendo la funzione, l'uso dei manufatti, è possibile pensare un allestimento chiaro e corretto, che trasmetta il senso dell'operazione di "museificazione". Le istituzioni pubbliche sono finalmente in grado, a questo punto, di conoscere appieno il loro patrimonio e di portare l'istituzione-museo a un godimento pubblico consapevole, basato sulla comprensione da parte dei cittadini della propria dimensione storica, culturale e sociale.

 

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