Rivista "IBC" XIV, 2006, 2

musei e beni culturali / mostre e rassegne, pubblicazioni

De Pisis a Ferrara, a cura di M. L. Pacelli, Ferrara, Ferrara Arte Editore, 2006.
Viaggio verso il silenzio

Enzo Vignoli
[collaboratore della rivista "OLFA. Osservatorio letterario Ferrara e l'Altrove"]

Cade quest'anno il cinquantenario della morte di Filippo de Pisis, nato a Ferrara l'11 maggio 1896 e morto a Milano il 2 aprile 1956. Dopo la mostra del 1996, anno in cui, per celebrare il centenario della sua nascita, gli era anche stato intitolato il Museo d'arte moderna e contemporanea, Ferrara ricorda il grande pittore al Palazzo dei Diamanti con un'esposizione allestita dal 12 marzo al 4 giugno 2006. Se si eccettua I grandi fiori di casa Massimo, acquisito in tempi recenti dalla Fondazione Cassa di risparmio di Ferrara e quadro prescelto a simbolo della mostra, tutte le opere provengono dalle Gallerie d'arte moderna e contemporanea, che annoverano al loro interno 49 olii e 211 opere su carta di De Pisis. Il volume che accompagna la mostra contiene anche il relativo Catalogo generale delle opere, redatto utilizzando la fototeca donata da Maria Luisa Briganti.

La città estense può vantare la più importante delle collezioni di De Pisis, grazie alla munificenza di tre mecenati che hanno fatto dono a Ferrara delle opere in loro possesso: Manlio e Franca Malabotta e Giuseppe Pianori. Il loro prezioso contributo è ricordato all'interno del catalogo, nella sezione dedicata ai saggi. La sovraccoperta del volume riproduce, come si diceva, I grandi fiori di casa Massimo, olio su cartone dipinto dall'artista nel 1931, una delle sue rare esplosioni di gioia creativa, fluita in modo ardente e sfavillante. Quel libero manifestarsi "si traduce in una pittura quasi espressionista", ha felicemente rilevato la curatrice della mostra Maria Luisa Pacelli nel saggio I De Pisis delle Gallerie d'Arte Moderna e Contemporanea. Un modo originale d'introdurre la figura di De Pisis, una finestra inconsueta che illumina un aspetto poco ricorrente della pittura dell'artista ferrarese, molto più sovente caratterizzata da tinte sobrie, scarne, sfumate, delicate o gravi, ma quasi mai festose.

Il primo dei saggi del catalogo, Un lungo viaggio verso il silenzio, scritto da Fabrizio D'Amico, analizza il cammino percorso da De Pisis a partire dall'incontro con le figure di Savinio, De Chirico e Carrà, con un approccio al mondo "metafisico" che all'autore sembra "scelta anche strategica", mentre gli appare più significativa la definizione di "crepuscolare" se applicata alla sua arte, in una contrapposizione già messa in luce da Francesco Arcangeli. Da questo mondo iniziatico - "un pieno di cose nell'interno", come in Natura morta con il "Capriccio di Goya" del 1925 e in La bottiglia tragica del 1927, un mondo comunque ricco di raffigurazioni concrete, ambientate su di uno sfondo che sembra conferire quella vita negata dalla tipologia stessa del quadro: Natura morta marina con l'aragosta del 1924 o Paesaggio con aragosta, del 1926 - D'Amico prosegue a narrarci del progressivo prosciugamento della pittura di De Pisis, che arriverà "al silenzio del vuoto" delle sue estreme opere. In Natura morta con calamaio del 1951 e, ancora più chiaramente, in Le Pere, dipinto negli anni dell'addio alla pittura a Villa Fiorita, nel 1953, è espresso un commiato, la fine di un percorso che, se agli inizi tentava di sfuggire il deserto della vita, cede qui a una insensibilità verso le cose. Il pittore si arrende alla sua malattia nervosa, che sfrutta e sublima in questi quadri definitivi.

Ad analoghe conclusioni perviene il già citato saggio di Maria Luisa Pacelli, con un percorso che esamina altri aspetti biografici e altre opere dell'artista. Penetrante la sua analisi del tema del nudo, svolto da De Pisis nel corpus dei suoi disegni. Il saggio successivo, I disegni e le litografie di De Pisis delle Gallerie d'Arte Moderna e Contemporanea, redatto da Barbara Guidi, analizza anche in che modo il soffermarsi dell'artista sui minimi particolari del corpo umano, soprattutto maschile, lo abbia reso capace di maneggiare la forma nella maniera più completa, consentendogli di mostrarci quei corpi con un numero sempre più limitato di brevi gesti, dettagli che s'immaginano, ombre che si delineano attraverso un uso progressivamente più parco e quasi invisibile di tratti. Il saggio si sofferma anche sulla cosiddetta stenografia pittorica, a esemplificazione della quale, in mostra e nel catalogo, troviamo esempi quali Ponte sulla Senna, acquerello su cartoncino del 1930, o Strada di Parigi, olio su tela del 1938, entrambi dipinti nel lungo periodo trascorso da De Pisis in Francia, dal 1925 al 1939. È l'immaginazione del pittore che controlla da lontano un mondo pullulante di anime atomizzate, piccoli punti identificati dalla fantasia, che si agitano a definire il suo sguardo sintetico su ciò che lo circonda: uomini uguali alle loro ombre, ai cornicioni delle case, ai muri dei palazzi nei quali sembrano penetrare come fantasmi di gomma.

 

De Pisis a Ferrara, a cura di M. L. Pacelli, Ferrara, Ferrara Arte Editore, 2006, 280 p., _ 47,00.

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