Rivista "IBC" XIV, 2006, 2

musei e beni culturali / pubblicazioni

Il Museo Lapidario Estense. Catalogo generale, a cura di N. Giordani, G. Paolozzi Strozzi, Venezia, Marsilio Editore, 2005.
Passeggiate lapidarie

Maria Elena Barbieri
[ispettrice onoraria della Soprintendenza archeologica dell'Emilia-Romagna]

Dall'aprile 2004, nel quadriportico del cortile interno del Palazzo dei Musei a Modena, è di nuovo possibile compiere una passeggiata archeologica. Dopo un complesso intervento di recupero dello spazio espositivo, le lapidi, le sculture, i bassorilievi del Museo lapidario estense tornano infatti a sfilare davanti ai visitatori, raccontando nella loro sinteticità la storia della città dall'antichità al Rinascimento. Dai monumenti funerari ai più umili miliari, tutto parla di Modena e delle sue vicende, quelle civiche e quelle aristocratiche della casa regnante, gli Este, mecenati e collezionisti, istitutori del museo stesso ( http://www.galleriaestense.it/museo.html).

Il Museo lapidario estense si formò nel 1828 per volere del Duca Francesco IV, come raccolta pubblica di "tutte le lapidi e i monumenti romani, e anche di meno antichi tempi, che siano meritevoli di essere conservati, e che trovansi nei diversi luoghi della città, o nei dintorni, all'oggetto di toglierli alla dispersione e al deperimento". Il Duca affidò a Carlo Malmusi la direzione e l'allestimento del nuovo Museo: all'epoca la dotazione era costituita da 68 reperti di età romana, distribuiti nel braccio occidentale del porticato e 41 medievali e rinascimentali, collocati nel braccio orientale, nel pieno rispetto di una rigorosa logica tipologica.

Una consistente crescita della raccolta si ebbe nella seconda metà dell'Ottocento in seguito ai numerosi ritrovamenti archeologici che interessarono l'area urbana e il territorio. Spettò ad Arsenio Crespellani, nuovo direttore, la riorganizzazione dei pezzi, che vennero disposti secondo una progressione cronologica lungo tutti e quattro i bracci del porticato. Nel 1938 la guida al museo di Cesare Giorgi elencava 139 reperti romani e 160 postclassici. Quello di Giorgi è l'ultimo ordinamento corrispondente a un esame filologico della raccolta. Con il consistente aumento di pezzi confluiti nel museo dal dopoguerra agli anni Ottanta del Novecento, la sistemazione delle nuove acquisizioni divenne sempre più casuale, dettata soprattutto dalla necessità di "ricoverare" elementi monumentali di particolare ingombro.

Nell'elaborazione del nuovo progetto di riordino dell'intero complesso museale la Soprintendenza per il patrimonio storico artistico e demoetnoantropologico di Modena e Reggio Emilia e la Soprintendenza per i beni archeologici dell'Emilia-Romagna, hanno riproposto l'esposizione storicizzata secondo l'ultimo percorso illustrato nella guida del Giorgi. La sistemazione architettonica del quadriportico al piano terra del palazzo dei Musei ha fornito l'occasione per avviare un indispensabile intervento di restauro e studio di tutti i manufatti lapidei. L'accuratissimo volume che esce a un anno esatto dalla riapertura del museo raccoglie, in una prima parte, importanti saggi di approfondimento e cataloga, in una ricchissima seconda parte, quelle testimonianze di storia modenese di età romana, medioevale e rinascimentale che rappresentano a tutt'oggi la più importante e cospicua raccolta lapidaria dell'intera Emilia-Romagna.

Lo scritto di Jadranka Bentini ripercorre le vicende che portarono alla formazione del lapidario; due interventi - quello di Nicoletta Giordani e Giovanna Paolozzi Strozzi e quello di Arrigo Rudi e Mauro Severi - danno conto delle ragioni museologiche e museografiche dell'intero progetto di recupero conservativo. Considerazioni sui contesti e sulle tipologie dei monumenti di età romana sono state condotte da Nicoletta Giordani; mentre Angela Donati, partendo da riflessioni sui caratteri dell'officina mutinense, ricostruisce la parabola socioeconomica che la città conobbe in età romana. L'analisi di alcune arche del XIV secolo consente poi a Giovanna Paolozzi Strozzi di inserire Modena nella temperie culturale preumanistica di "esaltazione della riconquistata centralità dell'uomo nell'universo cittadino", che aveva nello Studio bolognese il suo centro propulsore. Importanti capitoli di storia civica dall'VIII al XII secolo emergono dallo studio condotto da Giordana Trovabene sulle testimonianze altomedievali. Lidia Righi Guerzoni e Patrizia Curti si soffermano invece sulla passione antiquaria degli Estensi, in particolare di Francesco IV, e delle famiglie aristocratiche modenesi, la cui munificenza e lungimiranza, precorrendo moderni indirizzi di tutela e valorizzazione, permise il formarsi di questa prima raccolta pubblica. "Scudi di pietra" è infine il titolo del saggio di Gian Luca Tusini, che ricollegandosi alle schede catalografiche, ne costituisce una importante e approfondita chiave di lettura.

Le schede, seguendo la disposizione reale dei materiali lungo le campate del portico, raccontano di nobili, di amministratori civici, di giuristi, di letterati, di artigiani, di artisti. C'è il ravennate P. Vettius Sabinus, ex militare in congedo, che nel III secolo d.C. rivestì le cariche pubbliche di quattuorvir e di edile municipale, il cui sarcofago nel 1680 venne reimpiegato come sepoltura dalla famiglia Cortesi e posto sul sagrato del Duomo a sinistra della porta principale; ci sono i Salvii, liberti appartenenti al collegio sacerdotale degli Apollinares, la cui monumentale stele datata alla prima metà del I sec. d.C., ma rilavorata nel XII secolo, fu inserita nel paramento murario della Ghirlandina; c'è Pietro Rocca, medico personale e "familiare" di Giovanni, re di Boemia e dell'Imperatore Carlo IV; c'è Guido Mazzoni, importante artista modenese, la cui lastra sepolcrale reca la mazza, stemma della casata, e in più il giglio reale francese, riconoscimento attribuitogli da re Carlo VIII di Francia.

Passeggiare fra le campate del portico che ospita il Museo lapidario, e fra le pagine dell'importante volume che lo illustra, significa incontrare personaggi più o meno noti, le cui vicende consentono di ricostruire, tassello dopo tassello, il mosaico della storia modenese; significa incontrare storie pubbliche e private, grandi e piccole, incise nella pietra per essere lette dai contemporanei, ma anche per durare nel tempo. Sarcofagi, lastre, lapidi tombali, epigrafi e monumenti funerari assumono anche valenza di monito, perché con la loro presenza ricordano la storia del salvataggio del grande patrimonio archeologico e artistico della città. Passeggiare nel Lapidario vuol dire riscoprire le tracce del passato, ma anche capire la cultura del mondo moderno, che quel passato ha conservato per decoro, per curiosità, per studio. Significa appropriarsi pian piano del sentimento del tempo, varcando la soglia di un luogo privilegiato dalla memoria storica.

 

Il Museo Lapidario Estense. Catalogo generale, a cura di N. Giordani, G. Paolozzi Strozzi, Venezia, Marsilio Editore, 2005, 540 p., _ 49,00.

 

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