Rivista "IBC" XIV, 2006, 2

territorio e beni architettonici-ambientali / interventi, progetti e realizzazioni, leggi e politiche

Il nuovo Regolamento "LIFE+" per la sostenibilità ambientale e la conservazione della natura e della biodiversità è uno strumento per agire localmente nell'ambito di una strategia europea. Come funziona?
Un'agenzia "sostenibile"

Stefano Corazza
[iBC]

In attesa che il Parlamento europeo licenzi il testo definitivo del Regolamento riguardante il nuovo strumento finanziario per l'ambiente "LIFE+", può essere opportuno mettere a fuoco alcuni punti critici della questione e provare a immaginare delle ipotesi operative utili in questa fase di passaggio. Riassumiamo, innanzitutto, alcuni dei connotati più salienti che differenziano "LIFE+" dal precedente "LIFE":1

● da un modello di "pianificazione per progetti", in cui il criterio di ripartizione delle risorse si basava su una valutazione tecnica di efficacia delle proposte e di coerenza con le priorità stabilite, si passa a un modello di "programmazione concertata": ogni Paese membro, sulla base di un documento in cui la Commissione fissa obiettivi e regole comuni (il Programma strategico pluriennale, PSP), formula un programma per concorrere, nella specifica realtà, a conseguire quegli obiettivi (il Programma nazionale annuale, PNA) la cui verifica avviene sui risultati prodotti da attività e interventi realizzati;

● per consentire a ogni Paese di operare autonomamente, pure nel framework fissato dalla Comunità, viene garantita annualmente una quota del budget disponibile, ripartita secondo criteri demografici e geografici. La continuità del budget, non più condizionato dalla valutazione di merito progettuale, è una modifica strategica, forse indispensabile sia per responsabilizzare ogni Paese nel perseguimento degli obiettivi comunitari, sia per far passare la conservazione della natura e della biodiversità da una fase processuale "di cantiere", in cui si premiavano le iniziative migliori per farne un "esempio", a una fase "di gestione" in cui, consolidata la costruzione della Rete, è necessario affrontare il problema delle risorse con cui operare a lungo termine;

● si individua come forma organizzativa una "National Agency" (NA), da costituire in ogni Paese secondo le proprie leggi, a cui attribuire le competenze per la gestione del Regolamento "LIFE+". Starà quindi al nuovo organismo (un'"autorità nazionale", non necessariamente un'"agenzia") il compito di ripartire il budget assegnato dall'UE al Paese membro fra i progetti che meglio concorrano all'attuazione del PNA, controllarne l'attuazione, riferire alla Commissione sullo stato di attuazione del PNA, provvedere alla pubblicazione dei progetti e all'informazione del pubblico. Le NA operano sotto il controllo finanziario dello Stato membro, che garantisce presso la Commissione della loro affidabilità e capacità gestionale, tecnica e finanziaria.

 

"Habitat" e "LIFE": l'esperienza italiana

Di fronte a ogni Paese sta dunque la necessità di dotarsi di un'organizzazione che operi efficacemente attraverso questo Regolamento per la realizzazione della politica comunitaria mirata alla sostenibilità ambientale dello sviluppo e alla conservazione della natura e della biodiversità. In Italia la questione assume connotati particolari in relazione al nostro ordinamento, all'ampia delega da tempo consolidata alle Regioni sulla materia ambientale e alla più recente specifica delega alle stesse Regioni della gran parte delle funzioni connesse con l'attuazione della Direttiva "Habitat" (DPR 8 settembre 1997, n. 357, modificato dal DPR 12 marzo 2003, n. 120).

È mia opinione che, nel quadro normativo e istituzionale italiano e nello stato organizzativo, tecnico, amministrativo attuale, un'"agenzia nazionale" per la gestione di "LIFE+" abbia poco senso e coerenza e soprattutto scarsa possibilità di efficacia operativa. È solo il caso di accennare a quanto limitato sia oggi il ruolo operativo del Ministero dell'ambiente nella formulazione e gestione di politiche e interventi di rilevanza territoriale (chi ha avuto a che fare con l'attuazione dei "Programmi triennali per la tutela ambientale" sa quanto inconsistente ne sia stata la gestione da parte degli uffici ministeriali). I limiti dei servizi centrali dello Stato si sono rivelati sia nella fase preparatoria che di attuazione delle direttive "Uccelli" e "Habitat", in cui hanno svolto il loro ruolo in modo estemporaneo e discontinuo, per esempio lasciando senza riferimenti le Regioni, per oltre un decennio, sulle aree importanti per la protezione dell'avifauna migratoria, e non provvedendo a un'adeguata informazione del pubblico. Quanto alla Direttiva "Habitat", sono note le critiche del mondo scientifico all'inconsistenza del contributo italiano alla formulazione delle liste di habitat e specie da ricomprendere negli allegati della Direttiva, tanto che sono rimasti esclusi habitat di grande rilevanza specifica per il nostro paese. Fin dall'individuazione delle proposte di Siti d'importanza comunitaria (SIC) con il progetto "Bioitaly", poi, il Ministero si è limitato a un ruolo di coordinamento nella fase di ricezione delle proposte elaborate dalle Regioni, senza nessuna verifica. Il WWF ha messo in evidenza, non senza ragione, quanto poco l'insieme dei SIC e delle ZPS (Zone di protezione speciale) costituisca in Italia una vera rete ecologica, e quanto piuttosto risulti una mera sommatoria di aree di cui a nessun livello è stata neppure tentata una valutazione di sistema, a cui pure il Ministero sarebbe stato tenuto.2

Accenno soltanto, infine, al ruolo puramente burocratico, di "passacarte", svolto dagli uffici dello Stato nel trasmettere alla Commissione le proposte di progetto formulate sui programmi dei passati regolamenti "LIFE". Non è indifferente notare che in quasi vent'anni di "LIFE" e Regolamenti antesignani siano pochissimi i progetti di iniziativa ministeriale ammessi al finanziamento comunitario e che non esistano (a mia conoscenza, ma l'informazione sui progetti "LIFE" italiani è generalmente poverissima) progetti con altri beneficiari che abbiano goduto di un finanziamento del Ministero.

Per quanto poi attiene alla materia del DPR n. 357/97, è chiara l'ampiezza della delega alle Regioni, che si estende dall'individuazione dei siti alla definizione delle norme di conservazione, alla gestione (compresa la valutazione di incidenza), al monitoraggio, all'autorizzazione ai "prelievi". Allo Stato rimane una competenza sull'emanazione di "linee guida" e una generica funzione di "cinghia di trasmissione" con la Commissione europea per quanto riguarda: le proposte formulate dalle Regioni per nuovi SIC o la revisione degli esistenti; l'invio di "relazioni" sullo stato di conservazione dei SIC che devono essere elaborate dalle Regioni.

Mi pare quindi evidente che non possa essere un'"autorità" costruita centralmente a prendersi carico di una gestione delegata di "LIFE+", se non per alcuni aspetti di interfaccia con la Commissione europea, di cui dirò oltre. E questa evidenza deriva da almeno tre ordini di motivi:

● la conoscenza solo indiretta e mediata delle realtà territoriali comprese nella Rete "Natura 2000" italiana;

● l'impossibilità di operare, senza conflitti interistituzionali, su realtà gestionali estremamente variegate, anche in rapporto alle differenti normative regionali emanate dopo il DPR n. 357/97;

● l'assenza, dagli uffici ministeriali, di una consolidata cultura della managerialità di programmi e progetti e la conseguente inconsistenza degli apparati tecnici sotto il profilo della capacità gestionale.

Non va dimenticato che lo Stato italiano ha già subìto 2 condanne dalla Corte di giustizia europea per la mancata attuazione della Direttiva "Habitat", che ha in corso ben 14 procedure di infrazione relative alla Rete "Natura 2000", e che ha di fronte un contenzioso giuridico molto vasto con le Regioni sul suo operato normativo. È proprio in virtù di una sentenza di condanna europea e delle contestazioni giuridiche regionali che l'originario DPR n. 357/97 ha dovuto essere profondamente modificato.

C'è anche da chiedersi, tuttavia, se le realtà istituzionali del sistema delle autonomie si siano davvero dimostrate adeguatamente preparate e attrezzate ai compiti gestionali connessi all'attuazione sia del Regolamento "LIFE+" che della Rete "Natura 2000". Le Regioni, ove abbiano preso iniziative sul tema, si stanno muovendo in modo non univoco. Poiché non è questa la sede per esaminare diffusamente un argomento di ampio respiro, basti citare il caso della Regione Emilia-Romagna. Qui le competenze ricevute dallo Stato con il DPR n. 357/97 sono state pressoché completamente affidate alle Province e agli Enti di gestione dei Parchi (LR 14 aprile 2004, n. 7). Questo modello di decentramento della gestione della Direttiva "Habitat" sembra convincere diverse altre realtà regionali (in primis la Regione Toscana, che ha legiferato nel 2000), anche se, a mia conoscenza e come appare anche dalle informazioni reperibili sul sito del Ministero (www.minambiente.it), l'iniziativa delle regioni in materia è tutt'altro che completa.

In Emilia-Romagna, per quanto riguarda gli aspetti di attuazione, il quadro è così sintetizzabile:

● non è mai stata costituita un'unità tecnica con competenze articolate in grado di gestire unitariamente ed efficacemente i progetti "LIFE" dall'ideazione alla progettazione, alla realizzazione;

● non si è mai affrontata, quindi, la loro particolare connotazione di "progetti-programmi" da realizzarsi con partnership esterne alla Regione, non gestibili con le ordinarie procedure di decisione e di spesa; l'esperienza condotta separatamente, da diversi servizi regionali competenti per materia, su un numero certo non particolarmente rilevante di progetti, non è mai stata oggetto di un'attenta valutazione per analizzarne gli esiti ed evidenziarne le problematiche;

● quanto alla Rete "Natura 2000" e al tema della biodiversità, in parte per la delega già legiferata (2004), in parte per una scarsa attenzione o convinzione dei decisori, non è mai stata creata una struttura dedicata, con la presenza di competenze tecniche diversificate, capace di operare in modo sistemico e innovativo. Anzi, alcune competenze specifiche esistenti sono state separate dai servizi regionali, e l'iniziativa si è limitata ad azioni "pubblicistiche" o di commissioni di ricerca di basso profilo per l'aggiornamento delle schede "Bioitaly";

● le Province hanno "subìto" la delega regionale sulla Direttiva "Habitat", che ha impattato su: uffici tecnici sguarniti di competenze specifiche; decisori istituzionali ignari delle più elementari implicazioni operative e legali di tale delega; bilanci già poveri di risorse e privi di risorse trasferite dallo Stato o dalla Regione. Seppure da parte di qualche Provincia si stia cercando affannosamente di coprire tali vuoti, la situazione generale presenta una minima presenza operativa, solo episodicamente condotta con caratteri di sistematicità;

● gli Enti di gestione dei Parchi, solo in pochi casi più dotati di personale tecnico adeguato e di decisori più sensibili, sono certamente in condizioni ancora peggiori sotto il profilo delle disponibilità finanziarie (che dipendono dai trasferimenti degli Enti locali soci dei Consorzi di gestione) e sono quindi nella condizione di potere scarsamente operare per gli obblighi che la legge regionale attribuisce loro nella gestione dei SIC compresi nel territorio dei Parchi.

Una recente analisi del WWF sulla "capacità" di gestire la Rete "Natura 2000" fino a oggi dimostrata, evidenzia carenze analoghe, e anche più gravi di quelle qui illustrate, in quasi tutte le Regioni e anche a livello nazionale.3

 

Le risorse finanziarie di "LIFE+"

Si tratta di una quantità di risorse annualmente disponibili non certamente trascurabili. Se le previsioni più prudenti di 2.190 milioni di euro in 7 anni e i relativi criteri di ripartizione saranno confermati, le disponibilità della parte comunitaria potrebbero ammontare per l'Italia attorno a 20 milioni di euro supponendo, sulla base degli indicatori previsti,4 un peso complessivo dell'Italia non inferiore al 10%. Calcolando che il finanziamento comunitario non sarà superiore in media al 50% del costo dei progetti da realizzare (ed è un bene che non lo sia perché ogni livello istituzionale coinvolto, e anche i privati, siano convinti e compartecipi attori delle azioni promosse dal Regolamento) ciò porta a un'ipotesi di disponibilità finanziaria attorno ai 40 milioni di euro all'anno. Non va dimenticato che il testo attuale del Regolamento dispone che il 50% dell'intero budget comunitario sia destinato alla tutela della biodiversità.

Le deleghe esistenti e il contesto organizzativo italiano sembrano ammettere in definitiva, come unica soluzione possibile, almeno in una prima fase, una ripartizione "distributiva" delle risorse rese disponibili da "LIFE+" tra le entità istituzionali a cui le competenze sono attribuite (Regioni, Province autonome, Enti Parco). Tale ripartizione potrà essere modulata sugli stessi indicatori utilizzati dalla UE (popolazione, superficie SIC) per ripartire la dotazione dei programmi fra gli Stati membri.

Una quota pari al 25% dei 40 milioni ipotizzati dovrebbe essere messa a disposizione dal bilancio dello Stato, che non può continuare a ignorare, nella pratica, l'importanza dei temi in gioco, e in particolare della Rete "Natura 2000", per la tutela del patrimonio naturale del Paese, a cui finora sono state indirizzate risorse finanziarie nulle o quasi, lasciando così la delega di competenza alle Regioni priva di adeguati trasferimenti. Sia detto per inciso: alcuni uomini di governo a livello nazionale sono arrivati a stigmatizzare come uno "spreco" (e quindi come un esempio di gestione finanziaria "leggera") il fatto che alcune istituzioni locali destinassero una quota dei loro bilanci alla tutela di specie particolari come i chirotteri, o di altre appartenenti alla "fauna minore", dimenticando che a tale compito richiamano leggi comunitarie, nazionali, regionali.

La quota del restante dovrà essere garantita: dalle Regioni (anche esse, finora, in buona parte non proprio attente al tema) per il 15%; per il 10% restante, da altri Enti locali, in particolare le Province, ma anche gli enti gestori di Parchi; dai privati proponenti. La continuità di azione garantita dal flusso annuale di finanziamento, una qualificata gestione degli interventi e un'adeguata divulgazione dei risultati potrebbero sollecitare di più i soggetti privati, non solo a intraprendere o a partecipare a progetti in cui abbiano parte attiva, ma anche a sostenere progetti pubblici come soggetti terzi, in virtù di fini statutari (fondazioni), o come "sponsorship" (associazioni, aziende, ecc.). Come già avviene per il recupero del patrimonio artistico e monumentale e come, per esempio, nel caso del sostegno già accordato dalla Fondazione Cassa di risparmio in Bologna a specifici progetti della Provincia di Bologna per la conservazione della natura.

Per dare un'idea delle implicazioni in gioco si può prendere a esempio, ancora una volta, l'Emilia-Romagna, in cui si potrebbe arrivare a una spesa di circa 4 milioni di euro all'anno, di cui 2 per la Rete "Natura 2000". Se si escludono i progetti "LIFE" gestiti in passato dalla Regione in modo tutto sommato episodico, questo sarebbe il primo vero stanziamento operativo destinato specificamente alla conservazione della biodiversità. Se si fa il confronto con lo stanziamento regionale per tutti i parchi e le riserve negli ultimi tre anni (2,90 milioni di euro), la sola parte dedicata a natura e biodiversità risulterebbe oltre due volte maggiore.

 

L'ipotesi: una Agenzia in ogni Regione per una gestione cooperativa di tutte le istituzioni del territorio

Dall'insieme delle considerazioni sin qui svolte ritengo che, per potere cogliere appieno le opportunità che il Regolamento "LIFE+" si appresta a fornire, vadano affacciate e discusse ipotesi organizzative che producano radicali innovazioni nel quadro per sommi capi delineato. Una possibile soluzione sta, a mio parere, nella costituzione in ogni regione di una "Agenzia regionale" (AR) a cui affidare la competenza a programmare, organizzare, mettere a punto, gestire i progetti sostenuti dai Programmi "LIFE+".

Ogni AR dovrebbe essere costituita, attraverso un'intesa, dalla Regione, dalle Province, dalle altre istituzioni a cui (in ogni diversa realtà legislativa regionale) sia affidata la gestione della Rete "Natura 2000" (per esempio: Enti di gestione dei Parchi regionali), dagli Enti di gestione dei Parchi nazionali qualora presenti, lasciando alle altre istituzioni locali interessate (Comuni e loro associazioni, Comunità montane) la possibilità di concorrervi in ragione delle loro competenze in materia ambientale. Tale assetto costitutivo della AR avrebbe il pregio di realizzare un pieno coinvolgimento di ogni livello istituzionale nel perseguimento di obiettivi di portata globale (sostenibilità ambientale, salvaguardia della biodiversità), attraverso un impegno ad agire in modo coordinato.

L'AR svolgerebbe le funzioni di un servizio tecnico e operativo di alto profilo, a disposizione per supportare, validare, raccordare sistematicamente iniziative progettuali sia alla scala locale che regionale. Una AR siffatta parrebbe peraltro cogliere l'accento posto nella formulazione di "LIFE+", da parte sia della Commissione sia del Parlamento europeo, sul fatto che ogni realtà politico-istituzionale debba concorrere alla realizzazione degli obiettivi programmatici dell'UE, e potrebbe avvalersi per il suo funzionamento anche di una parte dei fondi di dotazione del Regolamento.

L'AR dovrebbe essere dotata di uno staff tecnico e amministrativo di alto profilo professionale e di notevole esperienza, con forte propensione alla gestione operativa e capace di relazionarsi con i servizi tecnici dei diversi enti pubblici coinvolti, con istituzioni della ricerca, ma anche con associazioni professionali, singoli privati e investitori istituzionali. Nello spirito di "LIFE+", l'AR dovrà operare non solo sulla selezione dei progetti, sul loro monitoraggio in corso d'opera, sulla loro validazione, ma anche, in un orizzonte più ampio e sistematico, per:

● mettere a punto una strategia complessiva a medio-lungo termine e una programmazione annuale (come parte del PNA) che risponda, per la Regione di riferimento, ai requisiti richiesti da "LIFE+";

● mantenere un sistema informativo capace di restituire informazioni e valutazioni sui singoli interventi e sulle sinergie "di sistema regionale" attivate;

● fornire tutte le informazioni e i rapporti richiesti dalle norme del Regolamento;

● realizzare informazione e divulgazione sulle pratiche di sostenibilità ambientale e sulle attività di conservazione della natura e della biodiversità;

● fornire supporto tecnico, alle diverse istituzioni costituenti, per la messa a punto dei progetti e per la loro gestione;

● elaborare criteri di selezione dei progetti e indirizzi rapportati agli obiettivi strategici e programmatici;

● operare per creare le partnership più efficaci per la dimensione regionale, nazionale, transnazionale dei progetti;

● elaborare indicatori di risultato attraverso i quali misurare nel tempo la validità dei progetti realizzati;

● fornire gli indirizzi per raccordare l'uso dei fondi per lo sviluppo rurale nei piani regionali e nella programmazione provinciale, e dei fondi strutturali all'obiettivo di conservazione della Rete "Natura 2000", monitorarne e valutarne gli esiti.

L'Agenzia sarà posta sotto la direzione di un board costituito da rappresentanti della Giunta regionale, delle Giunte provinciali, degli altri Enti costituenti. Essa dovrebbe inoltre avvalersi di una "consulta" costituita da associazioni di categoria, associazioni ambientali ONLUS senza fini di lucro. Ogni AR insieme alle omologhe dovrà contribuire alla costruzione della "autorità nazionale" prevista da "LIFE+" e cooperare agli adempimenti tecnici di competenza per il proprio territorio. In Italia, in presenza di AR con i più specifici compiti gestionali operativi sopra disegnati, l'autorità nazionale avrebbe solo i compiti residuali di interfaccia con l'UE:

● inoltrare alla Commissione il Programma nazionale annuale come quadro di coerenza e derivato dei singoli Programmi annuali regionali;

● provvedere alla ripartizione del budget annuale assegnato dalla Commissione all'Italia, tra Regioni e Province autonome che abbiano costituito l'Agenzia regionale e abbiano elaborato un Programma annuale;

● trasmettere alla UE i rapporti sullo stato di attuazione del Programma (elaborati dalle singole agenzie regionali);

● operare il coordinamento tra le diverse AR su temi quali: natura e organizzazione dei sistemi informativi, criteri generali per la redazione dei programmi annuali, criteri generali guida per la selezione dei progetti, modalità di trasmissione dei rapporti, ecc.

L'autorità nazionale sarà collocata presso la Conferenza Stato-Regioni e vi collaboreranno il Ministero dell'ambiente, il Ministero delle politiche comunitarie, quello dell'industria e quello dei beni culturali (anche per assicurare il raccordo con i fondi per lo sviluppo rurale e con altri fondi strutturali). Le attività di competenza saranno svolte da uno staff tecnico "a geometria variabile" con tecnici delle AR, del Ministero dell'ambiente, degli altri ministeri, di volta in volta aggregati in gruppi di lavoro per rispondere a specifiche necessità.

Non è da escludere l'ipotesi che dopo il primo triennio di "LIFE+", con un programma che dovrebbe essere mirato soprattutto a porre le basi per operare efficacemente sia sulla sostenibilità che sulla gestione della Rete "Natura 2000", in modo diffuso a livello di tutte le Regioni, l'autorità nazionale, avvalendosi della presenza delle AR, possa ritornare a operare, già nel secondo triennio, attraverso una programmazione che ripartisca le risorse nazionali fra i migliori programmi regionali e non più con un criterio distributivo.

 

L'Agenzia regionale: un'opportunità per la gestione della Rete "Natura 2000"

Poiché la spesa generata dal "LIFE+" attraverso la componente Natura e Biodiversità costituirà la parte preponderante della spesa dedicata e garantita alla Rete "Natura 2000", se non l'unica, e considerata la quasi generale assenza di organizzazione, a ogni livello, di assetti istituzionali, tecnici e operativi capaci di gestire adeguatamente la Rete, è mia opinione che alla AR debba essere affidato il compito di provvedere alla gestione tecnica della Rete "Natura 2000" in ciascuna regione.

L'AR ne avrebbe i presupposti costitutivi, con la compresenza dei soggetti istituzionali responsabili per legge, e le basi tecniche: l'organico andrebbe integrato con ulteriori competenze tecniche di tipo naturalistico qualificate sia nel campo della ricerca che della gestione della conservazione. Oltre al ruolo attivo nella gestione di progetti e interventi, nella ricerca e nel monitoraggio, l'agenzia potrebbe svolgere un ruolo importante supportando i gestori di ogni singolo sito nella messa a punto degli strumenti di pianificazione e nella valutazione di incidenza, eludendo così l'onerosa moltiplicazione di strutture tecniche (necessariamente "esperte" e articolate). L'AR potrebbe essere messa nelle condizioni di svolgere tali servizi in modo unificato contenendone considerevolmente i costi.

Un compito strategico da intraprendere nell'immediato potrebbe consistere nell'elaborare gli approfondimenti e i criteri di aggiornamento della Rete regionale "Natura 2000" con l'obiettivo di costruire una vera "rete ecologica". Sul piano operativo mi pare un indubbio vantaggio disporre di una gestione "unificata", per la possibilità, per esempio, di estendere immediatamente all'intero insieme regionale i risultati prodotti in un singolo sito (metodologie di piano e progettuali, sistemi di monitoraggio, sistemi informativi, indicatori, ecc.).

 

Note

(1) L'ultima versione della proposta di Regolamento, frutto di un "parziale" accordo raggiunto nel dicembre 2005, è disponibile in rete nel sito della Commissione, in cui sono anche rintracciabili maggiori dettagli sul percorso decisionale passato e attuale di "LIFE+": europa.eu.int/comm/environment/life/ne ws/futureoflife.htm.

(2) Rete Natura 2000: quale futuro?, a cura del WWF Italia ONLUS, 2005: www.wwf.it/ambiente/dossier/Pros pettive2005_Natura2000.pdf.

(3) Ibidem.

(4) L'Italia ha una popolazione pari al 12,6% del totale UE (a 25); ha una densità abitativa pari a 192 abitanti per chilometro quadrato, contro una media di 111 dell'UE (a 25); ha circa il 9,8% del totale dell'area compresa nei SIC della Comunità (a 15), con il 15% circa del totale di tutti i SIC (2.330 su 15.557); ha compreso nei SIC il 13,7% del territorio nazionale contro una media UE (a 15) del 14,3%.

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