Rivista "IBC" XIV, 2006, 1
musei e beni culturali, biblioteche e archivi / mostre e rassegne, pubblicazioni
Tra "Il cielo e la terra": così fu l'ispirazione di Corrado Giaquinto (Molfetta, 1703-1766), protagonista dell'esposizione allestita dal 9 dicembre 2005 al 15 marzo a Cesena, nelle sale della Biblioteca Malatestiana e del settecentesco Palazzo Romagnoli ( www.malatestiana.it/sezioni/mostre/giaquinto.htm). Sono oltre una cinquantina, tra dipinti, bozzetti e disegni, le opere presentate per rendere omaggio a questo artista prolificissimo e raffinato, di livello internazionale, che altre due manifestazioni celebreranno in Europa: a Madrid, da aprile 2006 alla fine dell'estate, e a Napoli, a Castel Sant'Elmo, dove dall'autunno successivo sfileranno altri capolavori. Un percorso espositivo collegato idealmente da staff organizzativi diversi attraverso tre città che ospitarono il pittore pugliese, interprete squisito del rococò europeo interpretato con orecchiabili piacevolezze gradite a nobili e a prelati, in analogia alla musica del tempo.
"Fondale" a queste manifestazioni, una più ampia riflessione sulla vicenda artistica del secolo dei lumi rivisitata di recente, in sintonia con l'evento cesenate, dalla mostra dedicata al "Settecento a Roma", allestita in Palazzo Venezia dalla fine del 2005 al febbraio 2006. Una civiltà figurativa della quale Giaquinto fu senz'altro primo attore, accanto a Panini, a Benefial e a Batoni, tanto da figurare per l'occasione con tele prestigiose. Presenze note, nella nostra regione, dove si scalano capolavori del maestro. Il celebre Ritratto del cantante Farinelli, pezzo forte del Museo musicale di Bologna, ma soprattutto, e non a caso, i lavori eseguiti a Cesena. Innesti straordinari e "da lasciare senza fiato", come due anni fa si segnalava in questa stessa rivista (E. Landi, Romagna barocca, "IBC", XII, 2004, 2, pp. 50-53), gli affreschi sulla volta della cappella della Madonna del Popolo nel Duomo (1749-1752) e la pala nella chiesa del Suffragio, rispettivamente intitolati alla Genealogia e alla Natività della Vergine, testimoniano dello stile fluente e di maniera con il quale il pittore elaborava la grande eredità del barocco italiano, da Pietro da Cortona a Gaulli, da Mattia Preti a Solimena. Come dire il meglio della produzione sei-settecentesca, combinata liberamente nella cromia brillante delle decorazioni in cattedrale e della tela con la Natività, opera straordinaria e simile a "una scuola" di donne reniana (Emiliani) nonostante lo scintillare di un gusto turchesco che vi intravvedeva Francesco Arcangeli.
Quel fare seducente risultava all'artista dai frequenti spostamenti. Iniziati ben presto. Giunto a Napoli nel 1719 dalla nativa Molfetta al seguito di monsignor De Luca, dopo un apprendistato presso la scuola del Solimena, il giovanissimo Corrado si trasferiva a Roma nel 1727, dove stabiliva un contatto con Sebastiano Conca e i pittori dell'Accademia di Francia. Qui, finalmente autonomo e capace di autopromozione, affrontava il prestigioso incarico della decorazione di San Nicola dei Lorenesi prima di trasferirsi alla corte sabauda, chiamato da Filippo Juvarra nel 1733. Beaumont, Carlo Van Loo, De Mura e Giambattista Crosato furono i modelli per una nuova misura di stile, sempre più scorrevole e decorativa, esibita in Santa Teresa e nella villa della Regina con un linguaggio pienamente internazionale.
Dopo la parentesi piemontese, testimoniata dalle splendide Storie di Enea ora al Quirinale, Giaquinto rientra nella capitale. A queste date è un artista maturo dalla pennellata iridescente e ricca di colore: il miglior frescante della Roma di primo Settecento. Si spalancano i battenti dell'esclusivo circolo del cardinale Ottoboni, arbitro della cultura nella capitale; l'ammissione all'Accademia di San Luca sancisce un trionfo, mentre piovono le committenze: per Santa Croce in Gerusalemme, per San Lorenzo in Damaso, per il palazzo di Propaganda Fide e la Trinità degli Spagnoli dove lavorerà Francisco Goya. Che di Giaquinto fu ammiratore seguace e silenzioso. Perché dopo un'altrettanto frenetica attività per Napoli e la nativa Molfetta, nel 1753 Corrado salpa per la Spagna, chiamato come primo pittore di corte da sua grazia Ferdinando VI di Borbone, che da poco aveva insignito dell'ordine di Calatrava un altro pugliese d'eccezione, Carlo Broschi detto il Farinelli. Inevitabile un'amicizia tra i due. Tanto che Giaquinto non rinunciò a effigiarsi alle spalle del celebre virtuoso nel ritratto ora a Bologna.
Subentrato al veneziano Amigoni, ed eletto presidente dell'Accademia di San Fernando, l'artista diresse i lavori del Palazzo Reale, dove, nel Paradiso sulla cupola della cappella lasciò un capolavoro assoluto. Aranjuez, Buen Retiro, furono le tappe di questa avventura straordinaria, che finì per condizionare la pittura spagnola successiva. Compreso il giovane Goya. E inclusa la serie degli artisti meridionali - da Domenico Mondo a Bardellino, da Diano a Francesco Celebrano - senza eccezione per alcune maestranze della nostra regione. Primo fra gli altri Giuseppe Milani, parmense naturalizzato cesenate, le cui storie profane sui soffitti di palazzo Romagnoli offrono una cornice adeguata alla mostra dei dipinti su tela, mentre si allineano alla Malatestiana prove grafiche e studi d'accademia tratti dalla sterminata produzione su carta del pittore.
Un evento di rilievo, dunque, la mostra curata da Michela Scolaro insieme ad Andrea Emiliani, a Nicola Spinosa, ad Alfonso Pérez Sanchez, e a tutti gli studiosi del comitato scientifico, impegnati a proseguire la consolidata tradizione espositiva cesenate con questa nuova importante manifestazione, promossa dall'Istituzione Biblioteca Malatestiana, dal Comune e dalla Fondazione Cassa di risparmio di Cesena, dalla Soprintendenza speciale per il polo museale napoletano, in collaborazione con il Comune di Montefortino (Ascoli Piceno). Correda la mostra un ricco catalogo illustrato, a cura della stessa Scolaro, con saggi di Emiliani, Pérez Sanchez, Spinosa, Gelao, Volpi, di Macco, Muzii.
Corrado Giaquinto. Il cielo e la terra, a cura di M. Scolaro, Argelato (Bologna), Minerva Edizioni, 2005, 255 p., _ 40,00.
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