Rivista "IBC" XIV, 2006, 1

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali / pubblicazioni

Rimini tra tarda antichità e Altomedioevo, a cura di P. Novara, Rimini, ARRSA, 2004.
Rimini III-X

Cristina Ravara Montebelli
[collaboratrice dei Musei comunali di Rimini]

Il piano dell'opera Rimini tra tarda antichità e Altomedioevo, curata da Paola Novara, risulta chiaro già dall'indice. Le due fasi cronologiche, tarda antichità e Altomedioevo, vengono affrontate distintamente, in modo sistematico nelle due sezioni, sviluppando specularmente, per entrambe, le medesime tematiche: il quadro storico e le trasformazioni del paesaggio urbano, l'edilizia di culto, le testimonianze "artistiche". Lorenza Angelini e Paola Novara si alternano oppure collaborano nell'affrontare il complesso problema dell'inquadramento storico e dell'evoluzione del tessuto urbano, addentrandosi poi nello studio dei materiali lapidei, siano essi sarcofagi o elementi scultorei, mentre a Valentina Pauselli è riservato l'arduo compito di conciliare le fonti documentarie con quelle archeologiche per fornire un quadro più possibile completo dello sviluppo dell'edilizia di culto nei due periodi.

Per quanto concerne l'epoca tardoantica, al quadro storico dell'arco cronologico che va dal III al V secolo d.C., fa seguito un breve paragrafo sulla formazione della città antica, supporto fondamentale per la comprensione delle successive trasformazioni, con un accenno alla creazione del circuito murario difensivo, che forse meritava un approfondimento maggiore. Ma il tema principale del volume è naturalmente la civitas christiana, ovvero la nascita dei primi luoghi di culto già in epoca costantiniana, delle chiese d'impianto più antico, prima fra tutte la Cattedrale di Santa Colomba, demolita quasi interamente nel 1815 e della quale resta solo una porzione del duecentesco campanile, ancora oggi minacciato dall'avanzare delle moderne costruzioni.

A seguire, affrontate secondo un ordine sequenziale non immediatamente comprensibile, la chiesa extraurbana di San Gaudenzio sull'antico tracciato della via consolare Flaminia; quella di Santa Innocenza che ingombra buona parte del cardine massimo, nelle immediate vicinanze del foro, odierna Piazza Tre Martiri; quelle ancora extramurarie di San Gregorio e di Santo Stefano, poco oltre l'Arco d'Augusto; e infine la centralissima San Michelino in foro, che conserva ancora nel toponimo l'indicazione precisa dell'originario affaccio. Due significativi approfondimenti quali la riproposizione all'attenzione dei lettori dell'insolito pavimento in opera scutulata rinvenuto nel 1929, durante lo scavo delle fondazioni della Scuola Industriale, e la schedatura di alcuni sarcofagi attualmente visibili in diversi luoghi della città, ma scarsamente valorizzati, chiudono la prima sezione.

Quanto alla seconda parte dedicata all'Altomedioevo, analogamente alla prima, l'esordio è rappresentato dal consueto quadro storico, necessario all'inquadramento delle modificazioni del paesaggio urbano e all'analisi puntuale dei luoghi di culto sorti in quell'epoca, in questo caso tutti edificati entro le mura, ma che si localizzano mentalmente con qualche difficoltà, mancando un adeguato apparato cartografico: la Crocina, edificata sui resti della domus di Palazzo Diotallevi e risalente al 591 d.C.; San Tommaso, sui resti della famosa domus del chirurgo, nella vicina piazza Ferrari; Santi Andrea, Donato e Giustina, a ridosso delle mura cittadine poco oltre Porta Montanara, o Porta Sant'Andrea per l'appunto; Santa Eufemia, di cui non si conosce ancora l'esatta ubicazione, ma attestata nelle fonti documentarie dal 688-709 d.C. e infine i Santi Giovanni e Paolo, nei pressi di Sant'Agostino, come tutte le altre non più esistente.

La schedatura del materiale scultoreo, curata da Lorenza Angelini e corredata da un corretto apparato iconografico, dimostra come, pur nella frammentarietà degli esempi, il repertorio decorativo denota per il periodo cronologico V-VI secolo analogie strette con i materiali di Ravenna, città mediatrice della cultura costantinopolitana in Adriatico, mentre per i secoli successivi rivela uno spostamento del gusto verso prodotti dell'Italia centrosettentrionale e dell'Europa Occidentale, con una predilezione per i nastri viminei e i motivi fitomorfi. Quanto ai rari esempi di scultura propriamente detta, i confronti indicano nel corso del VIII-X secolo un esaurimento dell'influsso ravennate e un'accentuazione del gusto orientale, mediato dai centri lagunari, in particolare da Venezia.

La sezione è chiusa da un prezioso contributo di Paola Novara, dedicato all'interpretazione corretta delle istituzioni assistenziali ecclesiastiche sorte nel periodo, in particolare alla precisa distinzione tra la diaconia - legata in origine agli episcopi o alle chiese parrocchiali, e poi istituzione caritatevole autonoma, alimentata da sovvenzioni di varia provenienza, ma sempre sotto il diretto controllo del vescovo - e il monasterium, termine frequente nei documenti romagnoli a partire dal VI secolo, che racchiudeva diverse valenze e che sembra originarsi dal greco monos, "solo", e quindi indicare il piccolo luogo di culto nel quale pregare in solitudine.

 

Rimini tra tarda antichità e Altomedioevo, a cura di P. Novara, Rimini, ARRSA, 2004, 204 p., _ 20,00.

 

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