Rivista "IBC" XIII, 2005, 4

musei e beni culturali / pubblicazioni

R. Pasini, Forme del Novecento. Occhio Corpo Libertà, Bologna, Pendragon, 2005.
Arte è libertà?

Claudia Collina
[IBC]

Il volume di Roberto Pasini Forme del Novecento. Occhio Corpo Libertà si distingue per un approccio originale alla disciplina ermeneutica. Sulla scorta delle intuizioni fenomenologiche e della metodologia di Renato Barilli, che alle teorie stilistiche di Heinrich Wöfflin ha coniugato quelle di comunicazione tecnologica e culturale di Marshall McLuhan e della scuola di Toronto, Pasini traccia la propria parabola storica del Novecento distillando alcune figure chiave dell'arte mondiale, a suo avviso interpreti emblematici di uno sviluppo storico-artistico che da un approccio totalmente ottico si è vieppiù caratterizzato verso espressioni tattili, corporee e di sempre maggiore libertà. Espressioni sempre sottese da in/consapevoli e ri/velate pulsioni in cui l'erotismo è presente nella maggior parte dei casi, quale principio di piacere.

Del secolo appena conclusosi, il critico bolognese individua tre fils rouge che hanno sotteso reiteratamente l'arte contemporanea e getta sul tappeto l'interessante questione se l'arte sia libertà; senza lesinare più o meno condivisibili riflessioni, e rapidi cortocircuiti, d'ordine psicosociologico, filosofico e letterario inerenti le cause delle trasformazioni della creazione e fruizione dell'arte.

Nella prima parte del volume occhio e corpo diventano le metafore, i parametri, di possibili filoni interpretativi e la sinestesia - fenomeno sul quale l'autore insiste, ritenendola la situazione percettiva dominante dell'età contemporanea - nel suo incessante oscillamento tra i sensi ottici e tattili, offre al fruitore l'illusione di una grande libertà delle espressioni artistiche. L'autore del saggio pone da subito al lettore la necessità d'intraprendere il viaggio tra i suoi pensieri sull'arte occidentale operando la distinzione etimologica e semantica tra vedere e guardare, e analizzando come abbiano interpretato rispettivamente queste due azioni Claude Monet e Edgar Degas, Charles Sheeler e Edward Hopper, sino agli autori dell'iperrealismo e a Domenico Gnoli. Le conclusioni del critico chiosano questa sezione e aprono alla successiva, individuando nel vedere un processo mentale e trascendentale e nel guardare un esercizio insistente e reiterato che si ripercuote a livello fisico-emozionale.

La seconda parte riguarda la morfologia del corpo quale protagonista di alcune poetiche e assai più varie espressioni artistiche, dagli anni Cinquanta in poi, analizzate sempre con analogo metodo di pochi, ma significativi, esempi. Con sapienza, Pasini oppone e analizza il differente approccio artistico, allo stesso soggetto, di due scultori coevi che hanno segnato la storia dell'arte, Alberto Giacometti e Henry Moore, mentre per la fotografia egli discrimina "l'attenzione morbosa e il feticismo" di Robert Mapplethorpe e Elmer Batters dalla "sensualità morbida e raffinata" di Jeanloup Sieff e Dahmane. Nell'arte concettuale il corpo e le sue parti diventano il prolungamento ineludibile dell'importanza del gesto, riflesso dai lavori di Jackson Pollock, George Segal, Francis Bacon, Yves Klein, Piero Manzoni, sino ad arrivare agli aspetti marcatamente sociali ed economici della Pop Art, ai protagonisti della Body Art, alle sculture viventi Gilbert & George, sino alle interpretazioni postmoderne di Luigi Ontani e Yasumasa Morimura.

 "L'arte rende liberi?" Con questa problematica insidiosa e l'impegno a esaminare alcune valutazioni che portino alla comprensione se "al di là dell'impiego dell'arte in funzione della libertà, sia come strumento di rivendicazione individuale e sociale, sia come forma dell'Esserci tesa a sottili promozioni di profonda interiorità, l'arte sia davvero un'espressione di libertà", Pasini apre la terza parte del libro rievocando il "Kunstwollen" coniato da Alois Riegl quale principio creativo alla base di ogni genesi artistica, e unico vero momento di libertà autentica dell'autore svincolato da qualsiasi contesto esterno, anche il più immediato e contingente. Seguono capitoli dedicati all'arte moderna, in particolare ad autori che hanno acquisito libertà dalla costruzione prospettica dell'opera, come Turner e Cézanne, per tornare al Novecento in cui la "libertà dalla rappresentazione" viene ben analizzata attraverso la pittura evocativamente musicale di Wassily Kandinsky e il neoplasticismo di Piet Mondrian, per arrivare a considerare la libertà totale dalle tipologie artistiche tradizionali sviluppata dall'arte concettuale e oggettuale delle prime avanguardie d'inizio secolo, rappresentate dalle due diverse sfumature di dadaismo di Marcel Duchamp e Kurt Schwitters, evolutesi nello spazialismo di Lucio Fontana e nel rinnovamento dell'Arte povera.

Soffermandosi sulla "libertà d'espressione" che ha contraddistinto, tout court, Vincent Van Gogh, Kandinsky e Wols, Pasini prosegue con una riflessione sul valore sociale, intrinseco ed estrinseco, dell'arte e sulla sua "libertà di denuncia" della realtà in forma di metafora. Il volume si chiude con un capitolo dal titolo La libertà di superamento, in cui, chiamando in causa Marx, Marcuse, Schiller e Oscar Wilde, l'autore cerca una risposta alla cogente questione se l'arte sia libertà trovando conforto nelle filosofie orientali, ma corteggiando con una certa conflittualità le teorie psicanalitiche freudiane; attitudine che non può non rammentare a chi legge una ricerca similare sull'armonia tra la filosofia orientale e quella occidentale condotta e raggiunta da Herman Hesse, espressa poi in opere letterarie come Siddharta (1922) e La cura (1924) con una maturità e un equilibrio tra microcosmo interiore e macrocosmo raggiunti dopo la conoscenza della terapia psicanalitica junghiana e un lungo viaggio in India.

Lo studioso bolognese, che purtroppo ogni tanto indugia in toni cattedratici, ha il merito di offrirci una lettura molto interessante, intelligente e dichiaratamente personale, delle trasformazioni artistiche del XX secolo, in cui vengono cercati denominatori comuni e differenti a espressioni, esegesi e poetiche antitetiche, ricomposte con diversa luce - nel rispetto delle peculiarità dicotomiche della fenomenologia degli stili, ma con improvvise aperture su aspetti più squisitamente filosofici - a quell'unicum e continuum che forma l'arte, la sua storia e la sua storiografia critica. E in aggiunta ha il pregio di stimolarci, con domande nuove e molteplici, a discutere, in un tempo in cui pensare e far pensare è diventata un'azione inconsueta per il pubblico dell'arte, sempre più onnivoro e in cerca di risposte semplici e veloci.

 

R. Pasini, Forme del Novecento. Occhio Corpo Libertà, Bologna, Pendragon, 2005, 280 p., _ 26,00.

 

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