Rivista "IBC" XIII, 2005, 1
biblioteche e archivi / didattica, mostre e rassegne, pubblicazioni
Questo testo introduce la guida didattica della mostra "L'offesa della razza. Razzismo e antisemitismo nell'Italia fascista" (Bologna, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, 27 gennaio - 26 febbraio 2005; il catalogo è pubblicato nella collana "ERBA - Emilia Romagna Biblioteche Archivi"). L'esposizione, promossa dalla Soprintendenza per i beni librari e documentari dell'IBC, è il seguito di un percorso iniziato nel 1994 a Bologna, e poi in molte altre città italiane, con la mostra itinerante "La menzogna della razza. Documenti e immagini del razzismo e dell'antisemitismo fascisti", proseguito con l'edizione bolognese di "Immagini & Colonie", e integrata da "L'Africa in giardino. Appunti sulla costruzione dell'immaginario coloniale", da "I 'problemi' del fascismo" e dal recentissimo volume Scritture di colonia. Lettere di Pia Maria Pezzoli dall'Africa orientale a Bologna (1936-1943) ("ERBA", 55).
Dieci anni fa il gruppo di lavoro che aveva realizzato la mostra "La menzogna della razza" aveva cercato di unire due esigenze ugualmente importanti: offrire una approfondita ricerca storiografica sul razzismo fascista e allo stesso tempo comunicare i suoi risultati al pubblico non specialista, utilizzando la materialità delle fonti documentarie come antidoto alle pubbliche rimozioni e ai revisionismi interessati. In questi anni la conoscenza dell'argomento ha certamente fatto molti passi avanti e la ricerca sul razzismo italiano si è arricchita di numerosi studi: resta ancora molto da fare, ma l'orizzonte di riflessione specialistica su questo elemento cruciale della storia nazionale è assai più ampio ed articolato di quello del 1994.
Rimane però molto carente la divulgazione pubblica delle principali acquisizioni della storiografia, mentre cresce la forza di penetrazione della "storia televisiva", piena di senso comune e priva di problematizzazioni, che rischia di cancellare la memoria e vanificare il ruolo della scuola, gli altri due grandi agenti della acculturazione storica di massa. Accingendoci quindi a riprendere in mano - in un gruppo più ristretto di quello originario - i materiali della mostra che abbiamo contribuito ad elaborare, diveniva difficile e forse meno utile pensare ad un aggiornamento che seguisse esattamente lo stesso schema di dieci anni prima. Ci è parso invece più stimolante costruire un percorso di sintesi didattica guardando soprattutto a due destinatari ideali: lo studente che frequenta le scuole superiori e il cittadino interessato agli elementi cruciali del passato collettivo.
Quella che presentiamo oggi è prima di tutto la sintesi aggiornata del percorso di dieci anni fa sul razzismo fascista. Ma attorno a questo nucleo abbiamo disposto nuovi materiali espositivi e didattici che permettono al visitatore di entrare con maggiore consapevolezza nelle articolazioni soggettive di questa storia, di collocare l'esperienza fascista nel lungo corso del razzismo mondiale e infine di ricevere alcune informazioni essenziali su come ci si può avvicinare al lavoro dello storico, offrendo un primo approccio al mondo degli archivi documentari.
In apertura abbiamo spiegato come in una moderna prospettiva scientifica le "razze" praticamente non esistano. La dimostrazione della completa irrilevanza cognitiva della nozione di "razza", già abbozzata intorno agli anni Quaranta è stata ulteriormente rafforzata dalle ricerche sul DNA che hanno condotto i genetisti a servirsi, ormai da molti anni, del termine molto più complesso e articolato di "popolazione" e ad abbandonare le antiquate e fuorvianti classificazioni su base somatica: gruppi sanguigni, circolazione linfatica sono infatti più significativi che il colore della pelle o l'indice di prognatismo facciale. Significativamente però, nonostante la confutazione scientifica, il razzismo continua ad esistere come concreto fenomeno intellettuale e sociale che inventa le "razze" e produce discriminazioni. Si tratta cioè di un fenomeno prodotto da processi storici di lunga durata e intrecciato al funzionamento della società moderna che quindi va compreso con gli strumenti della sociologia e della ricerca storica.
Proseguendo, abbiamo mostrato in maniera sintetica come il razzismo moderno rappresenti un capitolo particolare di una storia di persecuzioni e di privazione dei diritti dalle coordinate spaziali e temporali molto ampie e complesse, un fenomeno che affonda le sue radici in secoli precedenti e che prolunga in diversi modi i suoi rami fino al presente. Questa parte dedicata al razzismo di lungo periodo è illustrata da pannelli che seguono i due filoni principali della storia della discriminazione: quello che ha colpito gli ebrei e quello diretto contro i popoli colonizzati.
A questo punto i visitatori possono affrontare nella giusta prospettiva l'universo razzista creato dal fascismo italiano. Il percorso è suddiviso in tre sezioni: immaginario, ideologie e persecuzione. Si apre con i pannelli dedicati alla "costruzione dei diversi" che analizzano come il regime cercò di creare un'immagine artificiale e stereotipata dei gruppi umani che intendeva escludere dalla cittadinanza, additandoli come dei pericolosi "nemici", per rafforzare il modello idealizzato della "razza superiore italiana", "perfezionata" dal fascismo, in cui tutti gli altri italiani dovevano riconoscersi. In questa sezione della mostra cerchiamo di "smontare" ed analizzare gli elementi principali di questo sistema di pregiudizi, esaminando - per temi - alcuni materiali esemplificativi della produzione propagandistica di regime, illustrando le origini storiche e il "funzionamento" di quell'immaginario razzista.
Dai documenti emerge l'immagine delle donne africane - oggetti sessuali ma anche pericolo per la "razza" - e degli uomini africani - selvaggi, barbari, bestiali; accanto ad esse viene mostrata la rappresentazione stereotipa e fuorviante dell'ebreo - un profilo fisico e comportamentale: nasi adunchi, avidità, sporcizia da un lato, un ruolo sociale di sfruttatore capitalista, minaccia per la comunità, padrone occulto del mondo dall'altro. Riaffiorano i miti di lunga durata del cannibale e del complotto ebraico per la conquista del mondo.
Da ciò scaturisce una relazione rigida che per gli africani prevede la civilizzazione forzata, il dominio e la separazione, mentre per gli ebrei parte da una presunta "difesa" della "razza italiana" per arrivare fino allo sterminio.
Il percorso procede con i pannelli dedicati all'ideologia in cui vengono presentate, in forma semplificata, le correnti di pensiero che costituirono la base teorica del razzismo fascista. Esso infatti non fu caratterizzato da un'unica teoria; le sue caratteristiche emersero dal concorso e dallo scontro tra diversi filoni di pensiero. Nella necessaria schematizzazione si può parlare di razzismo biologico - fondato sull'antropologia umana e sulla genetica - di nazional-razzismo - che accentua gli aspetti nazionalistici - di razzismo esoterico-tradizionalista - di netta matrice antimoderna - e di antigiudaismo cattolico - erede di una ostilità antiebraica di lunghissimo periodo. Questa natura polimorfa dell'ideologia razzista divenne particolarmente evidente nel periodo 1938-1943 quando, dietro gli atti ufficiali della persecuzione, si svolsero veri e propri conflitti per l'egemonia. La posta in gioco era la gestione degli spazi di propaganda (riviste come "La difesa della razza") e la guida degli apparati preposti alla politica razzista (come l'Ufficio studi sulla razza del Ministero della cultura popolare e il Consiglio superiore per la demografia e la razza del Ministero dell'interno).
La sezione successiva, divisa in due parti, analizza le persecuzioni razziste messe in atto dal regime nelle colonie e in Italia. Queste pratiche furono indirizzate principalmente contro gli africani e gli ebrei, ma arrivarono a colpire anche quegli italiani accusati di tradire l'appartenenza e il prestigio della "razza" come gli omosessuali o gli "zingari", perseguitati perché portatori di caratteristiche invise al regime fascista.
Nelle parte dedicata al razzismo coloniale alcuni pannelli riguardano la politica di sopraffazione che rappresentò un elemento di continuità tra il colonialismo dell'Italia liberale e gli anni del regime quando alcune pratiche già avviate in età liberale conobbero un significativo inasprimento. La deportazione di 100.000 persone nel Gebel Cirenaico all'inizio degli anni Trenta, l'uso dei gas durante la guerra d'Etiopia e la repressione della resistenza, lo scatenamento del pogrom contro gli abitanti di Addis Abeba nel 1937 sono i tre episodi che abbiamo illustrato perché caratterizzati da una violenza che sarebbe stato impensabile impiegare contro popolazioni ed eserciti europei.
Per quanto riguarda la società coloniale, la guerra di conquista dell'Etiopia (1935-36) costituì il punto di svolta che fece entrare il razzismo coloniale in una nuova fase: il razzismo implicito nella pratica di ogni colonialismo, che aveva caratterizzato la presenza italiana in Africa fino ad allora, divenne legge dello Stato e cardine per la costruzione di una "nuova società coloniale", fondata programmaticamente sul "discrimine di razza". Tra il 1935 e il 1941 fu quindi preparata, applicata e proposta come necessaria alla "coscienza nazionale" una "politica della razza" che impose un ampio corpus legislativo, che colpì le unioni miste, i cosiddetti "meticci" e che produsse una netta separazione tra la comunità bianca e quella africana, spinta fino alle pieghe più minute della vita sociale, del lavoro e del tempo libero.
L'ultima parte della terza sezione è dedicata alla persecuzione degli ebrei, preparata da campagne di stampa promosse nel 1937 e resa operativa dall'estate del 1938. In quei mesi, mentre uscivano i primi numeri della rivista "La difesa della razza" e veniva divulgato il Manifesto degli scienziati razzisti che sintetizzava i principi del razzismo italiano, la burocrazia fascista definiva i criteri di appartenenza alla "razza ebraica" e metteva a punto il censimento (i cui dati vennero più volte aggiornati negli anni successivi) che servì come punto di riferimento per le pratiche discriminatorie e persecutorie. I primi interventi legislativi riguardarono l'espulsione degli ebrei stranieri dal paese e la cacciata dalle scuole di tutti gli ebrei sia come insegnanti che come allievi (settembre 1938), mentre, di lì a poco, venivano vietati i matrimoni misti, ed eliminati gli ebrei dalle industrie, dai commerci e dalla pubblica amministrazione (novembre 1938).
Negli anni successivi la progressiva estensione e l'inasprimento delle misure vessatorie portò il regime ad esercitare interventi capillari di persecuzione in tutti gli ambiti della vita sociale, economica e culturale, tanto che, con lo scoppio del secondo conflitto mondiale, venivano disposte misure di internamento per tutti gli ebrei stranieri presenti in Italia e per quelli italiani ritenuti "pericolosi". Nell'autunno del 1943 si compiva il passaggio estremo con l'adozione, da parte della neonata Repubblica Sociale, dei piani nazisti di deportazione - attuati congiuntamente da fascisti e tedeschi - che condussero oltre 7.000 ebrei italiani prima nei campi di concentramento italiani e poi in quelli tedeschi, dove la maggior parte venne sterminata.
Al termine non ci rimaneva che invitare i visitatori a "compiere il salto", a entrare consapevolmente in quello che Marc Bloch chiamò il laboratorio dello storico. Gli ultimi materiali esposti sono quindi un invito a mettere direttamente in pratica le procedure metodologiche degli studiosi: recarsi nei luoghi deputati alla raccolta dei documenti originali dell'epoca e dei testi che li hanno analizzati (come archivi e biblioteche), selezionare le varie tipologie di fonti (documentarie, iconografiche, orali) utili per una ricostruzione degli eventi, darne una lettura critica ed un'interpretazione, cercando le tracce dei pregiudizi, delle ideologie e delle pratiche razziste. Perché le responsabilità della memoria e della storia appartengono a tutti noi.
Per dare più concretezza alla ricostruzione storica abbiamo identificato un gruppo di "attori" di questa vicenda: persone che si trovarono coinvolte a vario titolo nelle vicissitudini del razzismo fascista. Non solo i grandi responsabili politici, ma anche la gente comune, anche chi all'epoca ha voluto o ha dovuto sentirsi estraneo a quegli avvenimenti... La storia infatti non è qualcosa di astratto, ma è il prodotto delle scelte e dei comportamenti di miriadi di individui e nessuno può mai chiamarsene fuori, nemmeno se sceglie di non prendere posizione.
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