Rivista "IBC" XII, 2004, 2

territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / pubblicazioni, storie e personaggi

Gli Agolanti e il castello di Riccione, a cura di R. Copioli, Rimini, Guaraldi, 2003.
La saga degli Agolanti

Valeria Cicala
[IBC]

Tempus tacendi, tempus loquendi. Il silenzio della storia sugli Agolanti, è durato più di ottocento anni, ma oggi la saga di una famiglia caduta in oblio torna a parlare, affiorando dai fondali marini dell'Adriatico, sui quali si affaccia il castello di Riccione, l'unica loro dimora che si sia serbata: ritorna con le microstorie delle generazioni che l'hanno accompagnata dal XIII secolo a oggi, illuminando vicende inedite che si sono svolte in tutta Italia.

Da Pistoia, dove discendevano dai potenti Tedìci di origine longobarda, che con i Bonaparte avevano ceppo nei Cadolingi di Fucecchio; e da Firenze, dov'erano ricchissimi e possedevano torri in città e antichi feudi nelle colline di Veglia e San Cresci (luoghi su cui Francesco I Medici avrebbe costruito l'Eden di Pratolino), gli antichi militi furono scacciati come Dante. Ma convertiti alle banche e ai commerci, prestatori di papi e di re, si disseminarono in tutta Italia. Coprirono l'Appennino e la fascia della Padania, fino alle coste adriatiche da cui potevano lanciarsi in mercati d'oltremare. Vissero a Ravenna, Rimini, Forlì, Bologna, Ferrara, Treviso, Padova, forse a Venezia, e certo a Trieste, Zara; nelle Marche furono ad Ancona, Pesaro, Fano. Soprattutto si insediarono stabilmente a Rimini, dove con molti matrimoni nei rami principali si erano legati ai Malatesta, di cui erano soci; dove mostrarono forza e autonomia insospettabili nelle rivolte antimalatestiane che determinarono il crollo dei signori e il ritorno nel dominio della Chiesa; e dove si estinsero nel 1809.

Erano ben noti nel passato, se Giovanni Boccaccio dedica una novella a un loro Alessandro, che nella seconda metà del XII secolo avrebbe sposato la figlia del re d'Inghilterra, e in un'altra, ambientata a Treviso nel 1315, fa salvare Martellino da un loro Sandro, "in grande stato" presso il signore. E se Agostino Velletti, nella sua Ginevra degli Amieri, mostra Ginevra sepolta viva in tempo di peste, dal marito Francesco Agolanti. Ne Gli Agolanti e il castello di Riccione, il poderoso volume edito nel 2003 dal riminese Guaraldi, Rosita Copioli rintraccia il fondo di verità di quelle lontane trasposizioni letterarie. In effetti gli Agolanti ebbero "commercio" con i letterati: Lapo Gianni fu loro notaio, e Brunetto Latini un loro affittuario. Tra loro stessi c'erano due poeti, entrambi di nome Cesare: l'uno consigliere di Carlo Malatesta, l'altro cortigiano di Francesco I Medici. Perfino Matteo M. Boiardo e Lodovico Ariosto (che ne era imparentato), si divertirono a giocare con il loro nome, appellativo da Paladini, e ne reinventarono personaggi e storie alla rovescia.

Il filo conduttore della storia degli Agolanti, intrecciato con quello dei Malatesta e di altre case italiane, dalle maggiori fiorentine, Medici compresi, agli Onesti, ai Da Polenta di Ravenna, dai Marazzani agli Ariosto, dai Barignano ai Fregoso, dai Gonzaga ai Pedrocca ai Confalonieri, consente di ricostruire molte parti in ombra della storia di Rimini (e non solo di Rimini): trame politiche e spedizioni militari, committenze d'arte e pietà religiosa. Ecco solo due esempi: legata alla beata Chiara da Rimini, ascritta tradizionalmente agli Agolanti, scorre la più bella pittura del Trecento riminese. Dietro la pala del Ghirlandaio del Museo di Rimini, non c'è solo la committenza di Elisabetta Aldrovandini, ma la più segreta intenzione di Andriola Agolanti, che finirà per ritornare alla loro cappella in San Domenico.

Le sei sezioni del libro che qui si presenta, compresa quella letteraria e quella dedicata alla beata Chiara, formano un insieme compatto, di cui un medievalista come Giuseppe Rabotti ha scovato il nascosto riferimento a un "genere letterario" abbandonato: "Credo che il libro diventerà un modello da imitare, per la sua vasta e complessa articolazione, così ben armonizzata, quasi un 'codice diplomatico' su una vicenda storica secolare e la sua memoria". Su questa memoria tutta arpionata dagli abissi del tempo, "quell'impasto carnale, occasionale, fatto di fortune, di occasioni, di incontri" che forma la storia, ha insistito Antonio Paolucci presentando il libro con calore al castello di Riccione: "questo libro immane, dallo sterminato lavoro, ha con sé il rombo della storia, il brusìo della storia, come quando si porta all'orecchio una conchiglia, e si sente il rumore melodioso del mare".

 

Gli Agolanti e il castello di Riccione, a cura di R. Copioli, Rimini, Guaraldi, 2003, 944 p., _ 70,00.

 

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