Rivista "IBC" XII, 2004, 1

biblioteche e archivi / progetti e realizzazioni

Un'attenta politica di incremento delle raccolte storiche e di collaborazione con i privati è alla base delle recenti acquisizioni in antiquariato della Biblioteca "Panizzi" di Reggio Emilia.
Aggiudicati per passione

Fabrizio Lollini
[ricercatore di Storia dell'arte medievale all'Università di Bologna]
Roberto Marcuccio
[responsabile della Sezione manoscritti della Biblioteca municipale "Panizzi" di Reggio Emilia]

Una delle principali caratteristiche dei fondi storici delle biblioteche, universalmente riconosciuta dalla letteratura sull'argomento, è la loro precisa e intangibile identità, che fa di essi una vera e propria "fotografia" di una determinata fase di sviluppo dell'ambiente sociale e culturale che li ha prodotti e dell'istituzione che li ha raccolti e conservati al fine di trasmetterli alle generazioni successive. Questa nozione di "chiusura" e immutabilità dei fondi storici, se da un lato garantisce dal rischio di dissennate alienazioni o di intempestive "restituzioni", non esclude però che, ove sussistano le necessarie condizioni di disponibilità e convenienza dell'offerta, di opportunità e congruità dell'acquisto e di sufficienti risorse finanziarie, la biblioteca possa operare per "l'acquisizione di materiale storico in coerenza con le proprie raccolte, sia attraverso acquisti in antiquariato, sia incentivando donazioni o versamenti di fondi in linea con i fini istituzionali della biblioteca e con gli interessi del suo pubblico".1

È questo il caso della Biblioteca "Panizzi" di Reggio Emilia (panizzi.comune.re.it) che, in particolare a partire dal 1975, anno della fusione fra Biblioteca municipale e Biblioteca civica popolare sotto il nome dell'illustre bibliotecario e patriota, ha adottato una politica di incremento delle proprie raccolte storiche che continua ancor oggi a dare frutti copiosi e degni di nota. Nella seconda parte di questo articolo Fabrizio Lollini illustra la vicenda e gli aspetti storico-artistici del Salterio della Cattedrale reggiana, acquisito nel novembre 2002 dalla Fondazione "Giulia Maramotti" nel corso di un'asta londinese e successivamente donato alla Biblioteca "Panizzi", in occasione di una cerimonia svoltasi nei locali della stessa Cattedrale il 25 ottobre 2003. L'intento di questa prima parte, invece, è illustrare altre tre importanti e recenti acquisizioni provenienti dal mercato antiquario, due rare edizioni illustrate del secolo XVI e uno splendido album acquerellato della prima metà del secolo XIX, qui inquadrate in un sintetico profilo dei fondi storici all'interno dei quali si andranno a collocare.

Fin dalla sua istituzione, avvenuta negli ultimi turbolenti mesi dell'anno 1796, la biblioteca reggiana ha dedicato particolari cure ai fondi antichi, sia manoscritti che a stampa, con una attenzione specifica a tutto ciò che esprimeva la cultura in ambito locale, da importanti archivi manoscritti, come quelli di Lazzaro Spallanzani e Giuseppe Turri, alla produzione di tipografi reggiani quali i Bertocchi, i Bartoli, i Vedrotti.2 Le nuove acquisizioni si vanno dunque a collocare in un tessuto già ricco e articolato, che vede, da un lato, i fondi manoscritti suddivisi in tre grandi sezioni storiche (Reggiani, Turri e Vari) per un totale di circa 8.000 unità codicologiche stimate per difetto, a cui si aggiungono oltre 30 archivi moderni e contemporanei, e dall'altro, fra le edizioni antiche, un significativo corpus di oltre 6.300 edizioni del secolo XVI, da cui attingono le raccolte Ariostesca, creata nel 1933 dall'allora direttore Virginio Mazzelli e che conta oggi circa 300 esemplari, e Boiardesca, nata negli anni Settanta del Novecento e che rappresenta oggi, con le sue 100 unità, una delle più importanti raccolte italiane di edizioni del poeta scandianese. Entrambe le raccolte speciali comprendono sia edizioni antiche che moderne.3

Al Boiardo appartiene la prima delle due edizioni del secolo XVI che qui presentiamo. Si tratta di Tutti li libri de Orlando inamorato, volume recante come luogo e data di stampa: "impressum Mediolani, 1539" e che rappresenta un interessante caso bibliologico. L'edizione è stata acquistata dalla Fondazione "Giulia Maramotti", in un'asta tenuta nel giugno 2002, con il preciso scopo di destinarla alla "Panizzi". Il volume è una copia tipografica dell'edizione veneziana uscita nel 1506 dai torchi di Giorgio de' Rusconi, in particolare per i quaderni a-f e per l'impaginazione e il disegno delle silografie, mentre è privo di qualsiasi indicazione relativa allo stampatore e si differenzia dall'edizione veneziana per due fogli, fra cui, come è ovvio, quello che reca luogo e data di stampa.

Neil Harris, in uno studio pubblicato nel 1987 e basato sul confronto con un'analoga edizione milanese del Furioso, datata 1539, sostiene l'ipotesi, confermata nella sua Bibliografia dell'Orlando innamorato,4 che la nostra edizione boiardesca, della quale in Italia è noto soltanto un altro esemplare conservato nel fondo Palatino della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, sarebbe opera del tipografo milanese Giovanni Antonio da Castiglione, che probabilmente aveva ereditato i materiali tipografici dal padre Giovanni e da Giovanni Angelo Scinzenzeler, tipografo e libraio attivo a Milano nei primi tre decenni del secolo XVI. Sulla base dello stile del volume, dei caratteri tipografici e delle vignette silografiche, Harris ipotizza che modello dell'emissione milanese del 1539 sia l'edizione veneziana del 1506 e che fra le due abbia fatto da tramite una prima emissione milanese, uscita dall'officina dello Scinzenzeler fra il maggio del 1513 e la fine del 1518, della quale però non è noto alcun esemplare. Interessante notare che la nostra edizione contiene ben settantaquattro impressioni di trentuno vignette silografiche, una delle quali è presente solo in questa emissione milanese del 1539.

La seconda cinquecentina illustrata contiene invece il capolavoro dell'altra gloria reggiana della poesia cavalleresca: Ludovico Ariosto. Anche questa acquisizione si deve alla Fondazione "Giulia Maramotti", che si è resa così più volte benemerita nei confronti della Biblioteca "Panizzi". Dell'Orlando Furioso di M. Lodovico Ariosto, con l'aggiunta dei Cinque canti d'un nuovo libro del medesimo, stampato a Venezia nel 1567, sono noti solo due esemplari: l'altro è oggi conservato presso la Biblioteca apostolica vaticana.5 Nel novembre 2001 la Fondazione "Giulia Maramotti" è riuscita ad aggiudicarsi il volume, apparso in un'asta, per donarlo alla "Panizzi" e arricchire così ulteriormente la raccolta Ariostesca.

L'opera si deve al tipografo Grazioso Percacino, attivo a Padova e Venezia fra il 1548 e il 1599. Il frontespizio reca infatti la marca tipografica di questo stampatore, raffigurante un caduceo accompagnato dal motto latino "Salus vitae". L'edizione è abbellita da grandi capilettera e da cinquantuno belle vignette silografiche, che illustrano altrettanti episodi del poema. Il tipografo Percacino ebbe vita avventurosa e travagliata, essendo stato colpito da scomunica nel 1573, con l'accusa di avere dato alle stampe un Messale di cui non deteneva il privilegio. Può essere proprio questa la causa della rarità del volume, i cui esemplari potrebbero essere stati distrutti a seguito della scomunica.

Quali che siano le cause della sua estrema rarità, questa edizione, affiancata da quella boiardesca del 1539 e con quest'ultima ospitata finalmente in una raccolta pubblica, costituisce un oggetto di ricerca di indubbio valore per gli studi di bibliologia e storia della tipografia.

Ultima recente acquisizione della Biblioteca "Panizzi" è lo splendido Album Ferrari-Corbelli, esemplare di presentazione contenente ventotto acquerelli e guazzi, realizzati nel maggio 1841 per celebrare la visita dell'Imperatrice d'Austria nella città di Reggio Emilia, e introdotto da un elegante frontespizio calligrafico. L'album, che era entrato a far parte di una collezione privata, è stato acquisito dal Rotary Club di Reggio Emilia con il contributo di Nino Spallanzani e quindi offerto al Comune e alla Biblioteca "Panizzi" nel corso di una manifestazione ufficiale tenuta il 22 gennaio 2000.

Con l'Album Ferrari-Corbelli, Reggio recupera una pagina di storia e di costume che fece epoca: la visita, nel maggio 1841, dell'imperatrice Maria Anna d'Austria. Il duca di Modena Francesco IV, preannunciando l'evento al Governatore di Reggio, si augurava che la città offrisse una degna accoglienza all'illustre ospite. I reggiani non delusero le attese e organizzarono una grandiosa "Festa dei Moccoli", la tradizionale festa di carnevale in cui la città veniva illuminata da migliaia di lanterne. La Comunità e le famiglie più in vista fecero a gara per apprestare carrozze e carri allegorici, per illuminare le proprie dimore e per ornare edifici e piazze con magnifici apparati trasparenti e prospetti scenografici, fra cui un fondale con il Vesuvio in eruzione. La festa, alla quale presero parte anche la duchessa di Parma Maria Luigia, il granduca di Toscana Leopoldo II e altri principi, vide la partecipazione di una folla immensa per l'epoca: il cronista parla di oltre ventimila persone e di quasi due milioni di lanterne accese.

La direzione dell'evento era stata affidata al conte Luigi Ferrari-Corbelli, grande proprietario terriero e spirito cosmopolita, che volle raccogliere le immagini dei festeggiamenti commissionando i disegni ai migliori artisti attivi in quel tempo nei ducati di Parma e di Modena. Ecco allora gli acquerelli dei reggiani Antonio Fontanesi, Prospero Minghetti, Cosmo Cosmi, Ercole e Angelo Montavoci, e le opere degli artisti parmensi guidati da Giuseppe Boccaccio. I disegni, colorati a guazzo o ad acquerello e dai quali trasparivano il gusto dell'esotico e lo stile neogotico allora in auge, furono raccolti all'interno di una sontuosa legatura in pelle con dorature, fermagli e tagli dorati e offerti in dono alla stessa imperatrice.

L'Album Ferrari-Corbelli, di cui è stato pubblicato anche un facsimile,6 rimane oggi come rara testimonianza di quella grande festa popolare e dinastica, ma anche come documento in senso lato della vocazione teatrale e scenografica della città di Reggio Emilia. Una vocazione che, passando attraverso gli apparati decorativi realizzati per le processioni religiose e per il carnevale, traeva le sue origini dai festeggiamenti per l'entrata trionfale di Borso d'Este nel 1453, poi replicati dalle sfarzose luminarie allestite nel 1754 in onore di Maria Teresa d'Asburgo e nel 1805 per Napoleone imperatore.

Arricchire i fondi storici di nuove preziose testimonianze vuole dunque dire, per la Biblioteca "Panizzi", offrire nuovi elementi agli studi storici e bibliologici e nel contempo rafforzare il proprio ruolo di deposito non passivo dell'identità e della memoria della sua comunità di riferimento.

[R. M.]

 

Il 20 novembre 2002, in un'asta londinese di Christie's, il lotto 37 era costituito da un codice miniato che già nel relativo catalogo di vendita era giustamente riferito all'inizio del XVI secolo, e collegato - tramite la lettura dello stemma del frontespizio (di rosso alle chiavi incrociate d'argento) e la presenza di pezzi liturgici relativi ai santi Grisanto e Daria - a Reggio Emilia, in particolare alla sua chiesa Cattedrale. Il manoscritto venne aggiudicato in quella occasione alla Fondazione "Giulia Maramotti", che lo ha poi donato alla Biblioteca "Panizzi" con una cerimonia tenutasi alla fine dello scorso anno, il 25 ottobre, festa della coppia dei due santi reggiani appena ricordati; la felice acquisizione permette di ricongiungere un tassello assai interessante al patrimonio librario locale di ambito liturgico già conservato nella raccolta civica.

Il volume comprende principalmente il testo del Salterio, e cioè i salmi del relativo libro dell'Antico Testamento, nella versione destinata all'uso del coro che si afferma a partire dalla fine del XIV secolo, e che aggiunge pure le antifone e gli altri pezzi musicali che si susseguono nelle celebrazioni settimanali delle Ore; di seguito troviamo invece la raccolta dell'Innario, che comprende anche caratterizzazioni reggiane di grande rilevanza liturgica (quella già citata e un'altra relativa a San Prospero). Il Salterio, come messo in evidenza da molti studiosi, presenta una duplice difficoltà illustrativa: è un insieme di testi poetici, e quindi senza sviluppo narrativo, ed è condotto su toni continuativamente allegorici, che solo assai di rado vengono interpretati, mentre quasi sempre sono visualizzati in modo letterale: "Porrò un freno alla mia bocca mentre l'empio mi sta dinnanzi", o "Veglierò sulla mia condotta per non peccare con la mia lingua" suggerisce al miniatore di raffigurare David (che la tradizione ritiene l'autore della grande maggioranza dei salmi) che si indica la bocca aperta; o ancora, nel nostro caso, come in molti altri, Cantate domino è reso dal miniatore prendendo spunto dalla prassi esecutiva musicale a lui coeva, con un gruppo di chierici che davanti a un badalone cantano in gruppo: sono i membri del coro della Cattedrale reggiana, i cui stalli recano ancora oggi lo stemma che campeggia sulla prima carta del codice.

Le sedici grandi miniature sono tutte iniziali figurate, di cui due sono inserite in ampie strutture decorative che arricchiscono l'intera pagina. Sia il repertorio dei motivi costitutivi delle lettere e dei fregi, con mascheroni grotteschi attaccati al corpo delle incipitarie e l'uso di animali mostruosi, sia lo stile rapido, indicano come area stilistica l'Emilia dei primi vent'anni del XVI secolo; più specificamente, il programma riprende schemi iconografici derivati dal grande miniatore Martino da Modena, attivo nella seconda metà del secolo precedente sia a Bologna che a Reggio, ma mostra particolari vicinanze con la bottega di Giovanni Battista Cavalletto, un artista felsineo prevalentemente attivo nella decorazione libraria dagli anni Ottanta del Quattrocento fino almeno al 1523.

Tra la produzione dell'ampia "officina" di Cavalletto - attiva in Emilia e in Romagna, in cui quasi sempre si alternano, oltre alla sua, altre mani di collaboratori, aiuti, ma anche di maestri autonomi chiamati di volta in volta a collaborare come coequipiers - erano già noti due volumi liturgici eseguiti per la Cattedrale reggiana. Non è quindi assurdo pensare che il Salterio giunto oggi alla "Panizzi" possa costituire o un'aggiunta a questa stessa commissione, o più probabilmente (visto che lo stile appare appunto solo simile, e non sovrapponibile) il lavoro di un artista locale, che si è ispirato - specie nel lessico decorativo - a questi esempi venuti da fuori, in una temperatura stilistica che doveva in sostanza accomunare le due città. Si risale probabilmente al 1520, in una fase in cui la miniatura già fatica a mantenersi arte vitale, sia per il progressivo abbandono della sua specificità rispetto alla pittura, sia naturalmente per i mutamenti collegati alla progressiva affermazione della stampa.

Il confezionamento di numerose serie liturgiche nell'Emilia a cavallo tra i due secoli sembra peraltro porsi - al di là delle ovvie necessità tecniche collegate alle ampie dimensioni dei corredi per la Messa e le Ore - come cosciente e voluto contraltare al nuovo medium, in cui la Chiesa manifesta al proposito la sua persistenza culturale e il suo attaccamento simbolico al libro sacro, che a Reggio trova una fortuna tardissima in alcuni esempi a San Prospero, veri capolavori di quella "tarda miniatura" che arriverà sino al XVIII secolo (e addirittura oltre). I bisogni di una produzione più seriale potevano peraltro essere assecondati anche nella forma manoscritta: in una raccolta libraria di Oxford esiste appunto un altro Salterio quasi identico a quello già Christie's; monsignor Enrico Mazza ha proposto, sulla base degli studi del Baroffio, che la versione acquisita dalla "Panizzi" possa essere stata usata non tanto direttamente per la celebrazione liturgica, quanto piuttosto per la preparazione e lo studio della sua esecuzione musicale: non una "copia unica" usata comunitariamente, allora, quanto un oggetto impiegato da singoli (o da gruppi ristretti), di cui potrebbero essere state necessarie più repliche, una delle quali non è impossibile sia allora quella oggi in Inghilterra.7

[F. L.]

 

Note

(1) A. De Pasquale, I fondi storici delle biblioteche, Milano, Bibliografica, 2001 (Bibliografia e biblioteconomia, 61), p. 50.

(2) Sulla tipografia a Reggio Emilia si veda: M. Festanti, La stampa a Reggio dalle origini al Seicento, in Storia illustrata di Reggio Emilia, a cura di M. Festanti e G. Gherpelli, IV, Repubblica di San Marino, AIEP, 1987 (Il tempo e la città), pp. 1201-1216.

(3) Per un'introduzione alla storia e al patrimonio della Biblioteca "Panizzi" si veda: La Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, a cura di M. Festanti, Reggio Emilia, Cassa di Risparmio, 1997; per le raccolte manoscritte: R. Marcuccio, Il documento manoscritto nella biblioteca pubblica di ente locale. Patrimonio, esperienze e progetti della Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, "Biblioteche oggi", XX, 2002, 1, pp. 12-22; per le edizioni del secolo XVI: Le cinquecentine della Biblioteca Panizzi. Catalogo, a cura di E. Zanzanelli, V. Pratissoli, Reggio Emilia, Biblioteca "Panizzi", 1995.

(4) Si veda: N. Harris, Una aggiunta agli annali di G. A. Scinzenzeler: l'Orlando Innamorato datato 1539, "La Bibliofilia", LXXXIX, 1987, 2, pp. 167-178; Idem, Bibliografia dell'Orlando innamorato, I, Modena, Panini, 1988 (Strumenti. Istituto di studi rinascimentali, Ferrara), pp. 55-59.

(5) Si veda: G. Agnelli, G. Ravegnani, Annali delle edizioni Ariostee, I, Bologna, Zanichelli, 1933, pp. 131-132.

(6) Reggio Emilia 1841. Feste e apparati per la visita dell'Imperatrice d'Austria, Reggio Emilia, Max Mara, 1992. L'Album Ferrari-Corbelli è ora conservato nella Sezione manoscritti della biblioteca, con segnatura Mss. Regg. C 507. Sull'argomento si veda anche G. Bertolini, Riscoperta la "Festa dei Moccoli". Donazioni preziose per la nostra storia, "Reggio storia", 2000, 2 (87), pp. 29-36.

(7) In occasione della donazione del volume alla "Panizzi" è stato pubblicato uno studio, a cui si rimanda per un'analisi più esauriente dei temi qui trattati: "Cantare la preghiera". Il ritorno a Reggio Emilia di un antico Salterio miniato della Cattedrale, Reggio Emilia, Fondazione "Giulia Maramotti", 2003.

 

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