Rivista "IBC" XI, 2003, 4

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / mostre e rassegne, pubblicazioni

Parma rende omaggio a uno dei più grandi storici del Novecento e mette in mostra la sua particolare visione di un tempo in cui culture e popoli diversi seppero convivere.
Il Medioevo secondo Le Goff

Daniela Romagnoli
[docente di Storia medievale all'Università di Parma]

Il 6 gennaio 2004 si chiude a Parma la mostra "Il Medioevo europeo di Jacques Le Goff", inaugurata 27 settembre scorso, alla presenza del presidente della Commissione Europea Romano Prodi, nei prestigiosi spazi dei Voltoni del Guazzatoio, nel palazzo della Pilotta (legoff.provincia.parma.it). Jacques Le Goff è uno dei grandi storici, e dei massimi medioevalisti del nostro tempo, e ha inoltre il merito di aver contribuito a rendere accessibili al grande pubblico i risultati della ricerca storica sul Medioevo. La mostra prosegue e approfondisce il dialogo tra lo specialista e il suo pubblico, in particolare quello giovanile. Uno degli aspetti positivi dell'esposizione è infatti la capacità comunicativa e didattica insita nelle scelte e nei testi illustrativi voluti da Le Goff, che ha sempre privilegiato il contatto con i giovani, ai quali sono specificamente dedicate alcune sue opere di argomento europeo.

Tocchiamo qui uno dei fili conduttori della mostra stessa e del catalogo1 che l'accompagna: la lunga, lenta, complessa costruzione dell'Europa. Non perché nei secoli lontani si possano rintracciare una coscienza o uno spirito europei, che sono oggi appena in formazione, ma perché nell'area dell'Occidente cristiano - grosso modo la nostra Europa geografica - riuscirono a convivere e a interagire popoli, etnie, culture diverse. Sicché insieme all'innegabile funzione unificante dell'appartenenza alla cristianità, insieme alla forza di propulsione economica, culturale e politica emanante dai grandi centri della storia occidentale, bisogna tenere conto di quelle che Le Goff chiama le periferie, geografiche e culturali, altrettanto creatrici.

Ecco perché troviamo in mostra oggetti, manoscritti, tesori (come quello vichingo, argenteo, e quello longobardo, aureo) che testimoniano appunto la presenza e l'integrazione, durante i secoli, delle "diversità". Quegli "altri" che, magari dopo essersi affacciati all'Occidente come nemici, predoni, razziatori, finirono per entrarvi e fissarvisi per sempre, contribuendo alla lenta, lunga costruzione della nostra civiltà. Un esempio significativo è quello degli Ungari (o Màgiari), terrore della cristianità fino alla conversione e alla creazione del regno cristiano di Ungheria: il re-santo Stefano I, incoronato nell'anno Mille, conduce una politica di ospitalità, accogliendo missionari bavaresi, monaci bizantini, ecclesiastici tedeschi, mercanti ebrei e musulmani, cavalieri inglesi e francesi. In un testo a lui attribuito è significativamente detto: "un paese con un'unica lingua e un solo genere di costumi è debole e vulnerabile".

Accanto alla presenza delle cosiddette periferie si colloca un altro elemento portante, segnalato immediatamente dall'oggetto simbolo della mostra: la colomba liturgica proveniente dal museo del duomo di Fidenza. È un omaggio alla pace, profondamente sentita e desiderata (contrariamente a un diffuso luogo comune) in un mondo che certamente conosceva la guerra, ma che fu meno violento di quanto si dica e si scriva, e meno nefando dei giorni nostri quanto a stragi, persecuzioni, orrori di ogni tipo.

Del resto la caccia alle streghe non fu un fenomeno tipicamente medioevale, né il Medioevo fu un mondo triste, pieno solo di oscurità e di gemiti. Al contrario, ha conosciuto il riso, il sogno, la musica, il gioco, il colore. Aspetti tutti rappresentati in mostra da oggetti di grande bellezza, come la scacchiera in avorio ed ebano, dal bordo scolpito con splendide scene di vita cortese - danze, tornei, feste - o come l'arazzo raffigurante una damigella al bagno, sullo sfondo "millefiori", circondata dalle ancelle, in un paesaggio incantevole. Quanto al colore, oltre che dalle splendide pagine di alcuni manoscritti miniati, esso è testimoniato anche da un esempio di "vetrata-tappeto", così chiamata per il disegno geometrico che si ripete nei panelli coloratissimi, appunto. Non mancano neppure oggetti curiosi, come le ottanta canne di un organo portatile del XIII secolo, accompagnate da piccole campane, che insieme costituivano un unico strumento, portato dai crociati a Gerusalemme e conservato ancora là, presso il Museo francescano.

Agli inizi della mostra, e del catalogo che l'accompagna, una carta geografica indica le sedi dei musei ed enti prestatori e i luoghi d'origine degli oggetti esposti. L'impressione che se ne ricava è duplice. Il primo colpo d'occhio rivela l'ampiezza della visione dell'Occidente cristiano medievale che Jacques Le Goff intende proporre: sono rappresentati paesi e culture anche molto lontane dai grandi centri tradizionali come Roma o Parigi, perché le "periferie" sono state altrettanto importanti e creatrici, altrettanto vitali per il graduale costituirsi e consolidarsi dell'Occidente cristiano. La seconda constatazione riguarda il contributo dato alla mostra dalla regione Emilia-Romagna e in particolare da Parma e dal suo territorio.

Così, appare curioso che due disegni facenti parte della progettazione del duomo di Milano provengano da Bologna, dove sono conservati nella Fabbriceria di San Petronio. Il fatto è che il loro autore e firmatario, Antonio di Vincenzo, lavorò sia alla cattedrale bolognese sia a quella milanese. E come non sottolineare i "rotuli dei lettori legisti", pergamena miniata proveniente dall'Archivio di Stato di Bologna e recante l'elenco dei docenti di quella università per l'anno accademico 1443-1444. La yad argentea del 1479 (la manina indicatrice, per seguire la lettura della Torà senza che mano umana tocchi il testo sacro) è sì conservata a Gerusalemme, ma nel Museo "U. Nahon" di arte ebraica italiana, perché è di origine ferrarese. Da Modena arriva invece l'antelamico mese di Luglio (la trebbiatura), anche se purtroppo solo come riproduzione fotografica.

Ancora da Bologna viene anche la straordinaria visione dell'Inferno e del Paradiso offerta dalla pala lignea della cappella Bolognini, cui si affianca il Purgatorio, miniato nella prima pagina della cantica in un codice della Divina Commedia, databile ad anni vicinissimi alla morte del Poeta (1345 circa), concesso alla mostra dalla Biblioteca Palatina di Parma. Dalla Palatina giungono altri tesori: un codice ebraico, pure miniato; un codicetto cartaceo arabo contenente un trattato di logica, a testimoniare la grande opera di mediazione e di diffusione culturale compiuta dalla presenza musulmana nell'Occidente medioevale; una grande carta nautica su pergamena, del terzo quarto del XIV secolo, opera dei fratelli Pizzigano.

Tra gli enti prestatori parmigiani troviamo inoltre l'Archivio di Stato, con tre documenti recanti sigilli di tipo imperiale, papale e signorile; il Museo archeologico, con il tesoro funerario ritrovato in una tomba longobarda scavata una cinquantina di anni orsono nel centralissimo Borgo della Posta, e con due splendide monete auree (fiorino di Firenze, ducato veneziano); la Galleria nazionale, con i battenti della porta detta di San Bertoldo, preziosa opera lignea del XII secolo. Al centro della sesta sezione della mostra, dedicata alle tecniche e alla vita economica, spicca la vendemmia, raffigurata per il Settembre nella serie di sculture dell'Antelami dedicate ai lavori dei mesi. Un'occasione unica per ammirarla da vicinissimo, giacché è stata tolta dal Battistero proprio per sottolineare la centralità dell'agricoltura e del lavoro nella vita medioevale e nel percorso intellettuale di Le Goff. Anche il territorio della provincia parmense è presente, con pezzi di innegabile interesse e di sicuro valore artistico e intrinseco. Tra questi si colloca in primo piano la colomba liturgica di Fidenza, che come abbiamo visto è l'oggetto-simbolo della mostra. Pure da Fidenza viene il prezioso calice-reliquiario detto di San Donnino, mentre al Duomo di Berceto appartiene il piviale detto di San Moderanno.

Non può tuttavia stupire oltremodo una presenza emiliana tanto rilevante, anche perché il territorio dell'Emilia occidentale era attraversato dal sistema viario noto come "via francigena": il percorso variamente ramificato che univa Roma al Nord-Europa, oltre le Alpi, da una parte, all'Ovest iberico (Santiago di Compostella) dall'altra, e che conduceva a sud verso i porti da cui salpare per il grande pellegrinaggio gerosolimitano. Dalle valli appenniniche transitavano pellegrini, prelati, mercanti, che trovavano luoghi di sosta e mercati (come quello detto Forum Novum, Fornovo) e trasportavano notizie, reliquie, cultura oltre alle merci di provenienza lontana e ai prodotti locali. Neppure è un caso che Le Goff abbia dedicato un video-intervista, intitolato Strade, Santi, Pellegrini, appunto alla via francigena e alla fondamentale tappa costituita da Fidenza e dal suo Duomo.

Qualche parola ancora deve essere spesa per parlare del catalogo che accompagna la mostra. Si tratta in realtà di un libro "da leggere", non solo una guida agli oggetti esposti. È un libro di Jacques Le Goff, che ha ideato la mostra, scelto i pezzi, redatto introduzione e didascalie. Ma è anche un libro per Jacques Le Goff, sia perché tutti coloro che hanno collaborato alla stesura della parte catalogo hanno inteso rendergli omaggio lavorando nel solco del suo pensiero, sia perché un gruppo folto di autori gli ha dedicato una serie di testi, che illustrano a fondo alcuni degli aspetti suggeriti dalla mostra stessa e inediti per il grande pubblico: dalla storia dei sentimenti alla presenza e al significato dei colori, dai sogni alla musica, dal senso dello spazio a quello del peccato. La struttura di questo volume ne fa dunque qualcosa di insolito, che si presta a vari modi di lettura: a partire dalle pagine di Le Goff e dai saggi, tutti collegati e indipendenti al tempo stesso, senza quindi che ci sia una sequenza obbligata. Ma pure a partire dalle illustrazioni, accompagnate da didascalie leggibili anche in sequenza autonoma, come una serie di brevissimi capitoli della stessa storia.

Mostra e libro sono un incitamento del grande storico a riflettere su un lungo passato, per meglio comprendere il presente e fors'anche per sforzarci di preparare un migliore futuro.

 

Nota

(1) Il Medioevo europeo di Jacques Le Goff, Cinisello Balsamo (Milano), Silvana Editoriale, 2003.

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