Rivista "IBC" XI, 2003, 2

musei e beni culturali / mostre e rassegne, pubblicazioni

D. Benati, L. Peruzzi, L'amorevole maniera. Ludovico Lana e la pittura emiliana del primo Seicento, Milano, Silvana Editoriale, 2003.
Ludovico l'amorevole

Elisabetta Landi
[IBC]

Spetta allo Scaramuccia la definizione di Ludovico Lana come "pittore d'amorevole maniera". Un giudizio appropriato, al quale si intitola la mostra allestita a Modena nella chiesa del Voto e alla Galleria Estense (29 marzo - 15 giugno 2003). Di questo artista di formazione ferrarese, nato significativamente nella città estense nel 1597, un anno prima della devoluzione del ducato allo stato pontificio, ma trasferito a Modena nel 1619, hanno reso conto i saggi del catalogo dell'esposizione, curato di Daniele Benati e da Lucia Peruzzi. Un importante approfondimento sull'evoluzione della pittura d'ambito ducale della prima metà del Seicento, per la quale la produzione di Lana costituisce quasi una documentazione.

Se ferraresi sono gli esordi, nella bottega dello Scarsellino - ma con un occhio anche al Bononi e a Bartolomeo Schedoni - è alla contemporanea pittura bolognese di indirizzo filoreniano e al naturalismo guercinesco che l'artista si rivolge, tanto da ricavare, tra i due maestri, il "terzo modo" del quale scrive Gerolamo Baruffaldi. Proprio dallo storiografo ferrarese provengono le prime notizie biografiche, integrate da ritrovamenti documentari. Sappiamo, così, che il pittore si trasferì a Modena nell'intento di seguire la corte, presso la quale aveva ricevuto commissioni già dagli ultimi anni del governo di Cesare d'Este. Ora poi, con la politica mecenatista dell'ambizioso Francesco I, le condizioni sembravano quanto mai favorevoli a nuove possibilità di incarico.

Dopo gli esordi in San Bartolomeo (Storie dei SS. Francesco Saverio e Ignazio di Loyola, circa 1622) dove si colgono echi della provenienza ferrarese e un'incipiente attenzione a Guercino, ha inizio così il periodo "di corte". Una stagione all'insegna di un linguaggio nobile e cadenzato inaugurata dalla pala di San Pietro (Martirio dei SS. Giovanni e Paolo, 1628 circa) ma soprattutto dal Ritratto di liutista (collezione privata), il musicista di corte Girolamo Valeriani: una tela databile al 1630 e già attribuita, significativamente, a Caravaggio (1911), nel cui seguito Ludovico Lana entrò a far parte secondo la critica del Novecento (Nicolson, 1957 e 1979). Un inserimento da correggere in direzione della meglio nota e pertinente ascendenza ferrarese, che qui sembra risalire, nelle teste dei personaggi, ai rombi dosseschi per il castello di Ferrara. Quella maniera "ben intesa" cui si confrontava Lana, misurandosi con le opere collezionate da Francesco I, specialmente nei dipinti eseguiti negli anni Trenta. Nel genere del ritratto, rappresentato in catalogo dal Fulvio Testi in precedenza attribuito a van Dyck, e dalla Dama, forse Maria Farnese, già attribuita a Gennari nelle raccolte della Rocca di Dozza; nella pittura sacra, dal gonfalone in Palazzo Comunale (San Geminiano raccomanda alla Vergine la città di Modena, 1635), alla Pala del Voto (1636), fino al quadro da stanza, con l'Erminia e Tancredi della collezione "Campori", ora al Museo civico modenese: un'opera nobilissima, di stampo reniano, tra enfasi teatrale e accensione del sentimento, il capolavoro dell'artista.

Corredano la rassegna un capitolo sulla grafica di Ludovico Lana e un excursus, importante, sulla pittura ducale di riferimento al pittore: da Bartolomeo Schedoni a Carlo Bononi e a Scarsellino; da Guercino a Bernardino Cervi, da Antonio Giarola, a Guido Reni e a Cantarini; da Zalone a Bartolomeo Gennari, a Matteo Loves, a Boulanger, a Francesco Stringa e Antonio Verni.

 

D. Benati, L. Peruzzi, L'amorevole maniera. Ludovico Lana e la pittura emiliana del primo Seicento, Milano, Silvana Editoriale, 2003, 167 p., Ç 18.

 

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