Rivista "IBC" XI, 2003, 2
convegni e seminari, pubblicazioni
È uscito, a cura di Carlo Alberto Sitta, L'orizzonte di bruma. Luoghi del Novecento poetico in Emilia, importante volume che raccoglie gli atti del convegno promosso dal Laboratorio di poesia di Modena l'8 e 11 novembre del 2000 (con gli importanti patrocini delle province di Parma, Modena, Piacenza, Reggio Emilia, del comune di Modena, dell'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna), e che si propone come uno strumento orientativo fondamentale per molti studi a venire.
Il rapporto fra il luogo geografico e la scrittura si mostra sempre più uno dei tagli critici di maggiore efficacia, nonché un tema di grande rilevanza in questo scorcio della modernità, particolarmente importante per gli autori emiliani, i quali possono probabilmente dirsi sotto questo profilo all'avanguardia in uno scenario internazionale. Uno specifico della scrittura emiliana dell'ultimo secolo può infatti essere individuato proprio in una "forma" del paesaggio, che è anche forma dell'esperienza: nell'"accentrarsi dei centri" e nel loro "diradarsi", come scriveva Antonio Delfini in una tra le migliori delle Poesie dalla fine del mondo, in quella dinamica singolare dei luoghi che è anche dinamica di rapporti umani si può trovare una peculiare dimensione metropolitana (come avrebbe potuto rilevare con più precisione Tondelli un quarto di secolo dopo) non centripeta, fissa, rigida, ma multicentrica, instable, variabile. È quella scansione che Calvino, in tempi non sospetti (ben prima che si parlasse di web e di comunità virtuali), aveva detto fondamentale per le logiche di rappresentazione e d'interpretazione della modernità, in particolare del nuovo millennio: la rete, un'alternanza di vuoti e pieni che è anche intreccio di disomogeneità, di contiguo e discontinuo, di vicino e lontano, di locale e globale, la sostanza insomma di una dinamica della relazione.
Il senso del luogo nel Novecento emiliano non si limita dunque alla formula della "radice", come in passato si era voluto credere, ma è qualcosa di diverso, che esclude la prospettiva idillica. È soprattutto un'esperienza dello spazio che non ammette il pittoresco, delineandosi per assi essenzialmente orizzontali e stabilendo una misura piuttosto architettonica, un ritmo (Celati). Si può avere allora la percezione di uno spazio geometrico, cartesiano, in cui la centuriatio si rivela quasi la manifestazione fenomenica delle coordinate: lo spazio bianco che già ispirava a Boiardo e Ariosto ghirigori e arabeschi di una fantasia, sempre giocata però sull'immaginario concreto delle mappe, sempre appoggiata all'"osservazione del vero", come notava Giuseppe Raimondi. E del resto anche l'immaginazione del poeta, a propria volta, agisce in senso geomorfico, radicalizzando il paesaggio, esasperandone l'orizzontalità proprio come l'azione concreta dell'uomo ha operato sulla facies dell'Emilia (Cavazzoni). D'altro canto il luogo, fra l'irrequietezza delle acque del Po (Zavattini) e l'asprezza dei calanchi appenninici (Bacchini), si definisce altresì nella geografia profonda di un divenire geologico (anche le argille e i gessi sarebbero quindi un'"indurato flutto", come quello del Vesuvio leopardiano), attraversata poi da una strada che è a propria volta anch'essa un percorso di storia e memoria, che a partire dalla linearità si sviluppa in un sistema più complesso (Bertoni).
I luoghi si definiscono quindi come paesaggi formati (Betta), nei quali la spazialità geografica e quella geometrica, l'immagine storica dell'uomo e la dimensione non euclidea del divenire si sovrappongono. In questo modo il loro senso non si risolve in forma estetica, ma dalle ragioni culturali e storiche di questa sortisce valori etici, che non si risolvono più nella "ricerca di un fondamento nel segno della protesta o della nostalgia" ma nella "consapevolezza attiva di una pluralità di storie e tradizioni: il principio negoziato del confronto, la costruzione di un'identità attraverso la presenza dialogante dell'altro" (Raimondi). Se nel luogo "si è altro e si passa all'altro", è proprio il partecipare alla percezione del paesaggio, condividendo così un atto e uno spazio, a guidare il riconoscimento in una modalità d'appartenenza al mondo al plurale, di cui l'uomo, nell'epoca della frantumazione dell'esperienza e dell'atomizzazione dei rapporti sociali, sembra avere sempre più bisogno.
L'orizzonte di bruma. Luoghi del Novecento poetico in Emilia, a cura di C. A. Sitta, Modena, Edizioni del Laboratorio, 2003, 300 p., Ç 30.
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