Rivista "IBC" XI, 2003, 2
linguaggi, pubblicazioni
Il volume Spazi e confini del romanzo raccoglie gli atti dell'omonimo convegno internazionale tenutosi a Forlì dal 3 al 6 marzo nel 1999. Il libro edito dalla Pendragon, a cura di Alberto Casadei, è stato pubblicato nel 2002 con il contributo della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì.
La raccolta degli interventi, proposti sotto forma di saggi, ha l'intento di fornire delle ipotesi interpretative sul romanzo, inteso come forma in continua metamorfosi in quanto tendente per natura a contaminarsi con ogni genere letterario e ad acquistare significati diversi, sia per l'autore che per ogni singolo lettore. Umberto Eco parla di double coding (doppia codifica) come caratteristica della narrativa definita postmoderna: "presuppone un immanentismo assoluto", quindi non esistono limiti se non quelli dell'"ampiezza dell'enciclopedia testuale del lettore".
È dal Settecento, quindi dagli albori di questa forma, che il genere del romanzo si pone o è stato posto come mimesi della vita umana e portatore di insegnamenti e significati, ma esiste davvero una realtà che può essere indagata da un autore e mostrata ad un pubblico? È presuntuoso essere autori ed esporre le proprie visioni? In tutta l'arte c'è narcisismo ed egoismo da parte dell'autore, ma l'arte, e quindi anche la letteratura - in questo caso il romanzo - è un veicolo di conoscenza: fornisce una fotografia personalizzata, peculiare e minima degli aspetti che compongono la nostra comunità. Ma pur sempre una fotografia.
L'intervento di Antonia S. Byatt sottolinea che in epoca moderna i cambiamenti della forma fiction sono stati dati prima dal Darwinismo, poi dalle varie scoperte scientifiche (soprattutto genetica e fisica), che hanno originato un nuovo modo di trasporre in parole la natura umana e i concetti di spazio e tempo. Ma Jean Rouaud evidenzia che comunque il romanzo resta "un'immersione nel reale" e forse è proprio questo il suo eterno confine, che forza la lingua in un codice che deve rinunciare al lirismo della parola e alla trasfigurazione poetica.
Il romanzo è quindi sicuramente una forma di conoscenza, ma di che tipo? E di chi e che cosa? Il romanzo è scrittura e la scrittura è creazione, invenzione, ma la sua forma è universale, quindi la conoscenza che ci fornisce è parte di un patrimonio totale e totalizzante. L'invenzione cerca e/o trova un senso nuovo, molto spesso già intuito, ma la parola scritta lo materializza agli occhi dell'immaginazione. Così, verità e invenzione si mescolano per dare un'immagine di quella realtà, non meno vera o più profonda delle conoscenze della filosofia, storia o scienza. È solo una forma polivalente ed eclettica che ci dà coscienza e conoscenza usando il metodo della scrittura. Inoltre, non solo con il romanzo, ma grazie al mezzo della scrittura in senso lato, ci è concesso di afferrare l'inaferrabile, di comunicare un non-senso o una non-verità, ma soprattutto si può semplicemente alludere e allo stesso tempo materializzare.
John Banville individua nel romanzo e nelle scienze due modi per raccontare il mondo, ovvero due possibilità che ad un livello essenziale ci conducono alla comprensione. Remo Bodei definisce i romanzi come un'intermundia fra realtà e immaginazione, un equilibrio delle varie e probabili vite reali che acquistano possibilità nella creazione letteraria. Ed è questa l'etica che si manifesta nel romanzo: nessun principio rigido, nessuna realtà come immedesimazione, ma anche nessuna immaginazione come pura fantasia.
Spazi e confini del romanzo. Narrative tra Novecento e Duemila, a cura di A. Casadei, Bologna, Edizioni Pendragon, 2002, 165 p., Ç 15.
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