Rivista "IBC" XI, 2003, 2
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Un viaggio nella storia del verde a Bologna guidati dagli scatti del fotografo Gabriele Angelini: è la proposta contenuta in un volume, pubblicato di recente dalle Edizioni L'Inchiostro Blu, dedicato agli oltre mille ettari di spazi verdi pubblici della città e ai suoi giardini privati, angoli verdi che si aprono come per incanto dietro le facciate dei palazzi del centro storico. Il punto di partenza di questo cammino nel verde bolognese è il centro storico, e precisamente i giardini privati annessi agli storici palazzi di Strada Maggiore (ad esempio ai numeri 44, 46, 50 e 90) per proseguire in via Broccaindosso, dove al numero 20 è visibile il "verde melograno da' bei vermigli fior" che ispirò i versi di una delle poesie più amate del Carducci. Seguendo via Fondazza, arriviamo in via Santo Stefano, dove al numero 56 ci lasciamo trasportare dalle atmosfere fiabesche del giardino della Bonifica Renana.
Un esempio pressoché intatto di orti annessi a un convento (e all'interno della cinta muraria di Bologna a fine Ottocento erano presenti ben novantasei conventi, tutti legati a grandi estensioni ortive) sono i secenteschi Orti di Via Orfeo. Questo angolo di campagna nel cuore della città dove, tra diversi tipi di piante, regnano i melograni e i filari di vite, ha rischiato di recente di trasformarsi in un parcheggio pubblico, un progetto che pare al momento sospeso e su cui vigila l'agguerrito comitato "Salviamo gli orti di Orfeo" (per saperne di più www.ortidiorfeo.org).
In questa occasione la sensibilità ambientale e culturale dei cittadini ha evitato che si riproponesse quella distruzione di interi giardini, anche di grande fama, avvenuta in più occasioni nel secolo scorso. Un esempio per tutti è il vasto spazio verde annesso a palazzo Agucchi (via Santo Stefano 73): un giardino all'inglese che comprendeva una collinetta boscosa, una pescheria, una serra e persino un laghetto con isola e ponte, il tutto dominato da un noce americano, alto più di trenta metri, abbattuto poco prima della seconda guerra mondiale con l'aiuto addirittura della dinamite!
Continuiamo il nostro viaggio nel verde seguendo via Castiglione (splendidi giardini ai numeri 29, 47, 66 e 72), per poi raggiungere via Saragozza e i suoi dintorni (e il suggestivo giardino con architetture neogotiche del collegio di Spagna - presente sulla copertina del volume - fa rimpiangere l'impossibilità di visitarlo se non in alcune rare occasioni). Il volume permette di crearsi altri itinerari tra le strade e le piazze cittadine, alla scoperta dei piccoli ma sorprendenti giardini pubblici del centro (piazza Cavour, piazza Minghetti, via del Guasto, via San Leonardo, per citarne alcuni), o di alberi monumentali (uno per tutti, il gigantesco platano di piazza Malpighi, detto della "Cavallerizza" perché piantato nell'Ottocento nel maneggio a fianco di palazzo Dondini Rusconi).
L'ultima sezione del libro è dedicata ai grandi parchi cittadini: la Montagnola, il primo protogiardino di Bologna, progettato agli inizi dell'Ottocento dall'architetto Giovanni Battista Martinetti, la cui fama fu soppiantata dai Giardini Margherita, un parco di ispirazione inglese, inaugurato nel luglio 1879, progettato dal piemontese Ernesto Balbo Bertone e dedicato alla moglie di re Umberto I. E ancora: il parco di San Michele in Bosco, il classico giardino all'italiana di Villa Spada (il più importante giardino formale di Bologna), i trenta ettari del parco di Villa Ghigi (metà giardino e metà tenuta di campagna, con zone caratterizzate da una grande ricchezza floristica).
Il percorso fotografico del volume è arricchito dagli interventi di Paola Rubbi, Mino Petazzini e Carlo Ferrari. Quest'ultimo, docente di Botanica ambientale all'Università di Bologna, ci offre anche un'interessantissima "antologia botanica" che contiene notizie e curiosità sulle piante ornamentali presenti in città.
Bologna nel verde. Parchi e giardini della città, fotografie di G. Angelini, testi di C. Ferrari, M. Petazzini, P. Rubbi, Zola Predosa (Bologna), Edizioni L'Inchiostro Blu, 2002, 221 p., Ç 48.
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