Rivista "IBC" X, 2002, 4
musei e beni culturali / mostre e rassegne, pubblicazioni
Difficile raccontare il pittore francese Fernand Léger (Argentan, 1881 - Gif sur Yvette, 1955) meglio di Emilio Tadini, che di fatto con un saggio illuminante del 1964 lo fece conoscere in Italia: ci prova ora Palazzo Magnani di Reggio Emilia, dove fino al 19 gennaio 2003, per la cura di Sandro Parmiggiani, è esposta larga parte delle collezioni del Museo nazionale "Léger" di Biot, Francia. La rassegna documenta tutte le fasi della sua poetica, con esecuzioni quasi interamente ritrovate nel suo atelier al momento della morte e fin dal titolo introduce chiaramente la categoria storica per capirne l'opera: quello "spirito del moderno" che ne impernia l'attività è qui illustrato in cento opere, tra dipinti, disegni e ceramiche.
Lo spirito del moderno consiste nel rappresentare la realtà inanimata esplosa nei suoi anni - la realtà delle macchine - come fosse legata a doppio filo all'uomo: una creatura che, anzi, deve inserirsi nel suo ritmico evolversi, se vuole dominarla e comprenderne gli elementi che la compongono. Un intento che Léger si può dire realizzi con opere dalla figurazione semplice, dove i rapporti tra gli oggetti rappresentati sono però complessi perché frutto di indagini sulla materialità del mondo, che per lui è viva e pulsante e dispone i singoli elementi (uomini, oggetti o Natura) come fossero costruiti pezzo per pezzo. È ciò che Tadini chiamò "funzionamento della realtà", una caratteristica fattasi molto più presente nella sua pittura dopo aver conosciuto l'architetto Le Courbusier. Visivamente i quadri del francese sono spesso una esplosione di colori che conquista: rossi, blu, gialli sono stesi con gioiosa perizia sulla tela perché gli servivano per creare contrasti accesi tra i singoli elementi della composizione. Insomma il maestro francese si rendeva conto che la meccanizzazione e l'industrializzazione spinta, a partire almeno dagli anni Venti, irrompendo sulla scena introducevano una nuova caratteristica dell'esistenza: una accelerazione che era possibile rappresentare solo per contrasti e riunione dei singoli "pezzi".
La mostra reggiana inizia con alcuni quadri di sapore postimpressionista, come Il giardino di mia madre del 1905. Ma già l'anno prima Léger aveva visto i dipinti rivoluzionari di Cézanne, che lo folgorarono. Egli "assorbe" completamente il maestro provenzale, avendone compresa la parte di rappresentazione della struttura mentale della realtà. Ma Léger venne anche influenzato dal duo cubista per antonomasia, Picasso-Braque, come è ben visibile in un olio del '24 come Elemento meccanico su fondo rosso. Un altro nome che gli si può avvicinare, per quanto riguarda la narrazione popolare dell'esistenza, è quello di Rousseau detto il Doganiere, come è evidente nella versione definitiva di una tela notissima quale I costruttori (1950).
Nelle opere dell'ultima maturità il pittore "rallenta" il ritmo, quasi volesse dirci che era il caso di smettere di correre per tornare alla lentezza dell'esistenza ("prendiamoci tempo", diceva): è evidente in opere come Il campeggiatore del '54 o Due farfalle su una scala del '51. La tragedia della Seconda Guerra mondiale era da poco conclusa e nessuno aveva più tanta fiducia nelle macchine e nel progresso. Egli infine è anche un ottimo disegnatore come è possibile vedere in una sezione apposita della mostra, dove in alcuni pezzi si nota come egli tradisca forse più che nei dipinti l'influenza di Picasso e Braque (Le due sorelle del '35, ad esempio, richiamano il periodo classico del genio spagnolo).
Il catalogo che accompagna l'esposizione, edito da Skira, rappresenta un felice connubio tra scienza e divulgazione: ai saggi di Emilio Tadini, Alberto Boatto, Sandro Parmiggiani, Elisa Guzzo Vaccarino e Brigitte Hedel-Samson - chiari e pressoché privi di quei sofismi lessicali con cui spesso viene "spiegata" l'arte contemporanea - si accompagnano le schede di Nelly Maillard con splendide foto a colori di grande formato e una serie di utili apparati sull'artista.
Fernand Léger: lo spirito del moderno. 100 opere dal Musée national Fernand Léger di Biot, a cura di S. Parmiggiani, Milano, Skira, 2002, 192 p., Ç 44.
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