Rivista "IBC" X, 2002, 4
musei e beni culturali / mostre e rassegne, progetti e realizzazioni
La mostra "Dal '200 al '700. I capolavori della Pinacoteca comunale di Faenza a Palazzo Milzetti" - promossa dalla Soprintendenza per il patrimonio storico artistico e demoetnoantropologico di Bologna, dall'Assessorato alla cultura del Comune di Faenza e dall'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna (IBC), e curata da Anna Colombi Ferretti e Sauro Casadei - è stata inaugurata nel dicembre del 2001 e si auspica possa rimanere aperta fino alla fine del 2003. L'esposizione riunisce almeno tre motivi di interesse: rende regolarmente visibili e fruibili opere importanti che per lungo tempo, salvo che attraverso cicli di visite guidate, sono rimaste inaccessibili al pubblico; è l'anteprima della regolare riapertura al pubblico dell'istituto museale faentino nella rinnovata sede di Palazzo Studi in via dell'Angelo; costituisce una ragione in più per visitare quel luogo di raro pregio artistico che è Palazzo Milzetti. Oltretutto, Pinacoteca e Palazzo sono pressoché contemporanei visto che il nucleo fondante della prima risale al 1797, e che la costruzione del secondo iniziò nel 1792.
Il nobile edificio fu acquisito dallo Stato nel 1974 e affidato alla Soprintendenza per i beni architettonici di Ravenna; dal 1984 è passato in gestione alla Soprintendenza per i beni artistici e storici di Bologna. A partire dalla prima acquisizione una lunga stagione di lavori e di recuperi ha interessato Palazzo Milzetti che, negli anni più recenti, ha segnato due tappe importanti: il completamento dei lavori di un'intera ala, aperta al pubblico nel 1999 come sede per le esposizioni temporanee, e il riconoscimento ministeriale che, nel 2001, lo ha reso a tutti gli effetti museo statale con la denominazione di Museo dell'Età Neoclassica in Romagna.
Tra gli esempi più significativi del Neoclassico e non solo per Faenza, nella quale peraltro questo movimento artistico e culturale si espresse in maniera particolarmente felice, Palazzo Milzetti è frutto della collaborazione artistica di importanti architetti, pittori, scultori, decoratori. Fu infatti costruito da Giuseppe Pistocchi, completato da Giovanni Antonio Antolini e decorato da Felice Giani, cui si devono gli affreschi con cicli allegorici e mitologici ed episodi di storia romana, databili intorno al 1818. Lo stesso Giani ne disegnò gli arredi, mentre i faentini Antonio Trentanove e Francesco e Giovanni Battista Ballanti Graziani eseguirono i bassorilievi in stucco. Un bel giardino situato nel cortile interno rende ancor più gradevole questo luogo.
Il percorso espositivo della mostra evidenzia i nuclei salienti di cui si compone, nell'arco di tempo considerato, il ricco e articolato patrimonio della Pinacoteca, che vede la presenza di artisti faentini e forestieri, e tra questi ultimi in particolare, per ragioni geografiche e storiche, quella dei toscani. Costituitosi a partire dalla collezione d'arte donata da Giuseppe Zauli, fondatore della locale scuola di disegno, il patrimonio si è arricchito nel tempo attraverso opere di provenienza ecclesiastica (giunte per effetto delle soppressioni napoleoniche e di specifiche leggi soppressive), donazioni, depositi da Opere pie, banche e privati cittadini, acquisizioni. Artefice di molti di questi incrementi e primo ordinatore della pinacoteca - che di fatto, in ragione dei suoi materiali, si configura più come un museo civico -, è stato nella seconda metà dell'Ottocento il patriota e artista Federico Argnani. Le collezioni comprendono una sezione antica e la cosiddetta Galleria d'arte moderna, ed è soprattutto la prima ad essere rappresentata in questa occasione espositiva.
Introducono cronologicamente alla mostra le opere due-trecentesche, come quelle su tavola, che registrano, tra le altre, le presenze di Giovanni da Rimini o del Maestro dei Crocifissi blu, e i relativi riferimenti a Giotto e Giunta Pisano; ma questo periodo è ben rappresentato anche da opere scultoree come il frammento di polittico del pisano Giovanni di Balduccio o il prezioso altarolo eburneo della Bottega degli Embriachi. Il nutrito gruppo di opere rinascimentali - tra i cui autori ritroviamo Palmezzano, i Bertucci e Giacomo Francia - ben documenta le presenze romagnole e i rapporti artistici di Faenza con altri ambiti artistici a partire da quello toscano: in particolare attraverso il grande trittico di Biagio d'Antonio, il bellissimo San Girolamo ligneo attribuito a Donatello e alla sua bottega e il San Giovannino di Benedetto da Maiano, al quale si deve, tra l'altro, la progettazione del Duomo cittadino. Ma sono altrettanto significativi i collegamenti, attraverso Giovanni Battista Bertucci il Vecchio, con l'Italia centrale e autori come Perugino e Pinturicchio, e con l'area veneto-ferrarese ben riconoscibile nel cosiddetto Maestro della Pala Bertoni, autore di una delle opere più affascinanti dell'intera rassegna, e nei rilievi di Alfonso Lombardi. La presenza di molte di queste opere è riconducibile alla committenza di due grandi artefici delle presenze artistiche a Faenza: Astorgio II e Galeotto Manfredi, la cui famiglia governò per quasi due secoli la città romagnola.
I collegamenti con Roma, che si evidenziano nel corso del Cinquecento, non possono non tenere in conto l'ingresso della Romagna nello Stato Pontificio e in questo senso è significativa la pala di Nicolò Paganelli, artista che documenta il passaggio tra il Manierismo e il Barocco insieme ad altre presenze faentine (tra le quali è d'obbligo citare l'interessante Ferraù Fenzoni, presente con due opere tra le quali una Deposizione), o emiliane (come Alessandro Tiarini e Flaminio Torri). Il Settecento è rappresentato dalla pittura di paesaggio, in particolare di Andrea Locatelli, e dalle nature morte come quelle di Carlo Magini.
Le opere in mostra evidentemente non documentano l'intero patrimonio del museo cittadino, costituito da molti altri materiali e da differenti tipologie artistiche - come disegni e incisioni (circa ventimila fogli), gessi, mosaici, lapidi ed epigrafi - che coprono anche un arco di tempo più esteso di quello rappresentato in questa occasione. Della sezione moderna, che comprende tra l'altro opere di Morandi, de Pisis, Martini, ricordiamo il nucleo delle opere di Domenico Baccarini e del "cenacolo" faentino di primo Novecento, una fase particolarmente significativa delle vicende artistiche faentine. Attraverso i contributi della legge regionale per i musei l'IBC ha finanziato negli anni, e in occasione della mostra, diversi interventi di manutenzione e di restauro di questo patrimonio.
La Pinacoteca ha sede dal 1879 nell'ex convento dei Gesuiti che deriva la denominazione corrente di Palazzo degli Studi dalle scuole presenti al suo interno. È proprio la condivisione degli ambienti con gli istituti scolastici e la conseguente limitatezza degli spazi ad aver reso per molti anni problematica l'esposizione e la conservazione dell'articolato patrimonio del museo. Tale situazione ha determinato la dislocazione in sedi diverse - e quindi la inaccessibilità per il pubblico - di parte delle collezioni, e ha richiesto la complessa e lunga ricerca di una soluzione che consentisse una sistemazione adeguata e definitiva delle collezioni in questione e anche di quelle archeologiche, di competenza della relativa Soprintendenza, attualmente conservate, come molti dipinti, in Palazzo Mazzolani.
Il progetto risultante da queste indagini, ha il merito di aver individuato una prima, possibile seppur parziale soluzione attuabile in tempi non troppo lunghi, all'interno dello stesso Palazzo degli Studi, la cui riqualificazione aveva preso avvio con il restauro dell'Auditorium. A determinare la scelta di conservare alla Pinacoteca la sua sede storica hanno concorso soprattutto l'ipotesi di trasferimento in altra sede del Liceo classico, avanzata in seguito al trasferimento di competenze scolastiche alle Province, e la possibilità di proseguire i lavori di recupero dell'edificio, con l'acquisizione di una sua nuova porzione da mettere a disposizione di un'ulteriore parte delle raccolte della Pinacoteca e dei suddetti materiali archeologici.
Parallelamente alle verifiche sulla effettiva trasferibilità della scuola, le cui raccolte naturalistiche e scientifiche rimarrebbero in ogni caso in sede ad integrare il patrimonio museale, sono quindi stati avviati i lavori, resi possibili da un cospicuo finanziamento del Ministero per i beni e le attività culturali. Un termine ipotizzabile per la conclusione dell'intervento e per la effettiva riapertura al pubblico di questo "centro museale e culturale" nella sede rinnovata e completa dei suoi arredi è la primavera del 2004.
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