Rivista "IBC" X, 2002, 3

musei e beni culturali / progetti e realizzazioni, restauri

A meno di un anno dalla riapertura della restaurata Galleria "Ricci Oddi" di Piacenza abbiamo chiesto al suo direttore un bilancio delle iniziative realizzate e una prospettiva su quelle future.
Ci troviamo in Galleria

Stefano Fugazza
[direttore della Galleria d'arte moderna "Ricci Oddi" di Piacenza]

A Piacenza, il 12 dicembre 2001, ha finalmente riaperto i battenti la Galleria d'arte moderna "Ricci Oddi". Era chiusa dal febbraio del 1997 per importanti lavori di restauro, che si sono prolungati in questi anni, oltre le previsioni, anche per la complessità degli interventi da realizzare in una struttura che andava tutelata prima di tutto nei suoi caratteri originari. Le soprintendenze competenti - quelle ai beni architettonici e ambientali e quella ai beni artistici e storici, nelle persone dei responsabili, Elio Garzillo e Lucia Fornari Schianchi - hanno seguito le varie fasi dei lavori, che sono stati finanziati per lo più dal Comune di Piacenza, con contributi da parte della Regione Emilia-Romagna, tramite l'Istituto per i beni culturali (IBC), e della Fondazione di Piacenza e Vigevano.

Sono stati eseguiti gli impianti di sicurezza e quelli elettrici, di riscaldamento, di climatizzazione, sono stati rinnovati gli uffici, si è recuperato un ampio locale, al piano scantinato, da utilizzare per mostre temporanee, e al primo piano si è ricavata, col contributo della Fondazione di Piacenza e Vigevano, una funzionale aula didattica, ora dedicata al pittore Giuseppe Sidoli, che fu il primo direttore della Galleria dal 1931 al 1967. L'architetto Benito Dodi, con la collaborazione dell'architetto Eugenio Pinotti, ha coordinato tutti gli interventi, mentre altre due figure professionali, gli architetti Anna M. Scaravella e Marina Mezzadri, hanno curato la sistemazione del giardino nel chiostro, condotta nel rispetto dei disegni di Giulio Ulisse Arata. Innovazione significativa è stata, nell'aiuola centrale di questo giardino, il posizionamento di un albero- scultura di melograno da frutto, unica decorazione vegetale scelta apposta per fare risaltare il cortile porticato (l'albero è stato individuato dopo avere considerato parecchi esemplari in diversi vivai italiani, con l'obiettivo di trovare una pianta che fosse una vera e propria scultura vegetale).

Va detto che in ogni caso, durante gli anni di chiusura, la Galleria "Ricci Oddi" ha continuato a svolgere una sua attività in ambito museale, sotto vari punti di vista. Per esempio, parecchie opere sono state restaurate e in particolare, grazie a un contributo da parte dell'IBC, hanno ripreso il loro volto originario una cinquantina di disegni del grande paesaggista Antonio Fontanesi e dieci acqueforti di Giovanni Fattori. Si è trattato di un'impresa di non poco conto, di estrema delicatezza, condotta a Trento nel laboratorio specializzato di Cristina Arlango, la quale ha felicemente superato svariati problemi di ordine tecnico ed è riuscita a recuperare anche alcuni disegni fontanesiani che si trovano sul retro di altri e che erano stati curiosamente trascurati, anzi ignorati e nascosti, al momento della messa in cornice dei fogli.

Un altro aspetto significativo dell'attività della Galleria, in questi anni, riguarda le esposizioni in cui sono state presentate opere di proprietà della "Ricci Oddi". Citeremo solo la mostra "L'eroe borghese. Temi e figure da Schiele a Warhol", che si è tenuta in due sedi, a Modena e a Vignola, tra la primavera e l'estate del 2000. Nella Rocca di Vignola un'intera sezione era dedicata a un borghese "eccellente", appunto Giuseppe Ricci Oddi, di cui veniva ricostruito il percorso esistenziale e collezionistico. Vanno poi considerate due esposizioni particolari, una presso il Serrone della Villa Reale di Monza, tutta basata su opere della "Ricci Oddi" (si tenne nell'estate del 1998 sotto il titolo ammiccante "Percorsi sinuosi. Viaggio nell'arte italiana dell'Ottocento e del Novecento") e una, l'anno precedente, organizzata a Tokyo dal Metropolitan Teien Art Museum, dedicata al pittore Antonio Fontanesi, con una folta presenza di dipinti "piacentini" del grande paesaggista dell'Ottocento, molto apprezzato nel Paese del Sol Levante perché vi insegnò tra il 1876 e il 1878 lasciando una traccia indelebile.

Altro capitolo concerne l'attività didattica. In questi anni le scuole piacentine hanno continuato a frequentare la Galleria, dove hanno seguito certi percorsi tematici (il ritratto in pittura e in scultura), hanno approfondito la lettura di determinate opere (La fattoria di Giuseppe Cesetti), si sono avvicinate alle tecniche della scultura e della pittura sulla scorta degli insegnamenti di alcuni giovani artisti (i pittori Andrea Montin e Guido Morelli, lo scultore Giuseppe Tirelli). Riguarda sempre la divulgazione culturale la serie delle conferenze che si sono tenute nel Salone degli Amici dell'Arte (grazie alla disponibilità della benemerita associazione che ancora oggi si avvale della sede prestigiosa messa a disposizione da Giuseppe Ricci Oddi), iniziative tutte seguite da un folto, appassionato pubblico.

Ma ora la Galleria ha riaperto, con un rinnovato allestimento che cerca di contemperare esigenze diverse: quella di rispettare l'impostazione del fondatore e quelle legate alla migliore lettura delle opere. Quando venne aperta per la prima volta, nel 1931, la "Ricci Oddi" presentava un ordinamento per ambiti regionali, cui si aggiungevano alcune sale di carattere monografico. Erano privi di opere il vestibolo (ma già nel 1932 vi risulta esposto il carboncino su carta Il dispaccio del 9 gennaio 1878 di Odoardo Borrani) e il salone d'onore. Si partiva dalla sala I con gli Emiliani (in particolare i cinque dipinti di Amedeo Bocchi) e via via si passavano in rassegna gli altri ambiti regionali, ma con alcune interruzioni, e precisamente: nella IV sala erano esposti nove dipinti di Antonio Mancini; nell'antisaletta X trentaquattro opere grafiche (disegni, carboncini, acqueforti, un acquarello) di Antonio Fontanesi; nella sala XI i soli dipinti di Fontanesi; in un piccolo andito di passaggio i pastelli di Giuseppe Casciaro. Le due ultime sale erano vuote: successivamente avrebbero accolto rispettivamente dipinti e disegni del piacentino Stefano Bruzzi e dipinti di artisti del Novecento.

Responsabili dell'allestimento erano stati lo stesso Giuseppe Ricci e l'architetto Giulio Ulisse Arata, da un certo anno in avanti sicuramente il più ascoltato tra i consulenti del collezionista. Alcune opere erano state commissionate appositamente per essere collocate nella Galleria, la cui costruzione era cominciata già nel 1925. Poi il primo direttore, Giuseppe Sidoli, rimasto in carica fino a tutto il 1967, aggiunse parecchie opere, spesso sovrapponendole a quelle già esposte. Nel 1931 il numero complessivo ammontava a quattrocentoventitre opere, nel 1963 (come è documentato da un Catalogo curato da Giuseppe Sidoli) il totale saliva a cinquecentottantotto. Il successivo direttore, Ferdinando Arisi - cui si deve l'importante, accuratissimo catalogo uscito in lussuosa edizione d'arte nel 1968, e poi in edizione aggiornata vent'anni dopo - provvedeva a sfoltire il numero delle opere, mantenendo in genere l'ordinamento del 1931.

Tale ordinamento non è stato mutato nella sostanza, anche se si è ora provveduto a sfoltire ulteriormente il numero delle opere per garantire una migliore visibilità e fruizione: siamo passati, infatti, a centonovantanove dipinti, trenta sculture e quattordici grafiche nella sede storica, cui si aggiungono ventitre dipinti, diciotto sculture e parecchia grafica nello spazio sotterraneo. Si è affrontato anche il problema dei disegni che risultavano ancora esposti nel 1997, al momento della chiusura per i lavori di restauro (anche se in misura inferiore rispetto al 1931: per esempio si trovavano nei depositi i cinquanta lavori grafici di Fontanesi); per ragioni di conservazione si è preferito custodire quasi tutto questo materiale in apposite cassettiere che ne garantiscono il mantenimento in condizioni idonee, mentre in alcune vetrine con illuminazione a tempo sono esposti a rotazione determinati nuclei grafici (si comincia con Fontanesi, appunto, e Fattori).

Accanto all'esposizione di una selezione del proprio patrimonio, nei mesi trascorsi dalla riapertura la Galleria ha svolto una serie di attività, che vanno dalle mostre temporanee (si segnala in particolare l'esposizione "Reale. Il lavoro della memoria", con opere di tre fotografi contemporanei, Fulvio Guerrieri, Ugo Locatelli e Michele Lombardelli, e catalogo edito da Scheiwiller) alle conferenze (venticinque, divise in cicli, tra cui quello sulla lettura dell'opera d'arte, condotta da studiosi provenienti da varie università), dai nuovi percorsi didattici al restauro delle opere. Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto, è in corso il restauro, finanziato dall'IBC, del grande dipinto di Francesco Valaperta Interno del Casinò di Montecarlo (misura due metri per tre), un'opera che documenta in maniera perfetta un momento storico e un gusto artistico, nel passaggio tra Ottocento e Novecento.

Altra novità è costituita dal bookshop che si trova accanto alla biglietteria, al posto di un vecchio deposito; il visitatore ha così la possibilità di passare in rassegna le numerose pubblicazioni uscite negli ultimi anni e dedicate alla Galleria o ai suoi artisti. Tra l'altro il bookshop è ornato con un interessante mosaico, raffigurante tre angeli stilizzati, realizzato su cartone dell'artista veneziano Vittorio Zecchin (1878-1949), uno dei protagonisti della stagione liberty. È un'opera pervenuta di recente alla Galleria per ricordare due antiquari piacentini prematuramente scomparsi. Da ultimo sono in via di riordino la biblioteca e l'importante archivio storico, che comprende centinaia di lettere di artisti, in buona parte inedite.

Si apre poi il capitolo, essenziale per gli sviluppi ulteriori del museo, dell'allargamento degli spazi, cosa che non appartiene più ai sogni visto che la Fondazione di Piacenza e Vigevano nel gennaio 2002 ha acquistato lo storico palazzo ex Enel (prima ancora palazzo dei Consorzi agrari), che sorge in prossimità della Galleria. La Fondazione, già per tanti aspetti benemerita nei confronti della Galleria, intende offrire il palazzo in comodato al Comune di Piacenza, perché, una volta ultimati i lavori di ristrutturazione, sia destinato alle necessità della "Ricci Oddi" e del Conservatorio di musica "G. Nicolini". Una questione da risolvere sarà quella dei finanziamenti che si spera possano arrivare, oltre che dal Comune di Piacenza, dalla Regione, da enti e da privati.

Il fatto è che parecchie opere continuano a pervenire in donazione alla Galleria, per esempio il bassorilievo Monumento a Giovanni Battista Scalabrini che lo scultore Fedele Toscani realizzò verso la fine della sua vita, tra il 1905 e il 1906, probabilmente pensandolo per un monumento funebre che poi fu affidato ad altri. Dell'opera esisteva solo il gesso, che si trovava in cattive condizioni, per cui si è visto con particolare favore l'iniziativa di una ditta piacentina di promuoverne la fusione in modo da arricchire così, in via definitiva, il patrimonio della Galleria. Ma le acquisizioni della "Ricci Oddi", in questi ultimi tempi, sono state numerose (opere del pittore cremonese Emilio Rizzi, dello scultore Umberto Mastroianni, solo per citare due nomi) e altre sono in arrivo, tanto che si fa sempre più impellente la soluzione del problema degli spazi per rendere accessibile il patrimonio, che attualmente supera le mille opere, di un museo in continua evoluzione.

 

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