Rivista "IBC" X, 2002, 2

musei e beni culturali / mostre e rassegne, pubblicazioni

Africa Nera. Arte e cultura, a cura di E. Bassani e C. Morigi Govi, Milano, ArtficioSkira, 2002.
Arte dall'Africa Nera

Carlo Tovoli
[IBC]

"Iront-ils au Louvre?": questa è la domanda che Felix Fénélon lanciava polemicamente agli intellettuali francesi dalle pagine del "Bulletin de la vie artistique" del novembre-dicembre 1920. Oggetto della querelle erano le opere d'arte africana, quell'art nègre ispiratrice in quegli anni dei Fauves e dei Cubisti a Parigi e degli Espressionisti in Germania, entusiasti della presunta libertà di invenzione dei loro colleghi africani, così lontana dagli odiati canoni dell'Accademia. E si deve anche alla sensibilità di questi scultori e pittori delle avanguardie storiche europee se nel corso del Novecento l'arte africana tradizionale - identificata prevalentemente con la scultura proveniente dal sud del Sahara - ha visto riconosciuto il suo status di arte tout-court.

Non più "arte primitiva", quindi, né "arts premiers", cioè primordiale, il che negherebbe la storia millenaria del continente, ma "un'arte dei diversi gruppi etnici", priva di un universo stilistico omogeneo, i cui canoni espressivi risultano diversissimi tra loro anche quando si tratta di popolazioni confinanti. Con un paradosso lo studioso William Fagg scrive nel 1970 che l'Africa ha elaborato "migliaia di stili diversi durante lo stesso periodo mentre l'Europa ne elaborava uno solo". Questa affermazione sembra essere condivisa da un grande estimatore dell'arte africana, Ezio Bassani, ed è riportata nel suo saggio introduttivo al catalogo della mostra "Africa Nera. Arte e cultura" che egli ha curato, insieme a Cristiana Morigi Govi, per il Museo civico archeologico di Bologna (16 marzo - 30 giugno 2002).

E proprio la collezione privata di Bassani, donata di recente al costituendo Museo delle culture extraeuropee di Milano, è stata il fulcro dell'esposizione bolognese. Ottantatré sculture, soprattutto in legno, opere di artisti di 42 gruppi etnici di diversi paesi dell'Africa, dal Mali all'Angola, realizzate "per via di togliere", secondo la dizione michelangiolesca, senza disegni preparatori né abbozzi. I temi, prevalentemente legati alla religione e al potere, sono relativamente pochi: la figura umana, la divinità tutelare, la maschera, di uomo o di animale. Basta sfogliare il catalogo per rivivere le emozioni provate di fronte a quella maschera di artista Bambara che immediatamente ci ricorda la scultura di Picasso, e, allo stesso modo, come non restare colpiti dall'esecuzione di quell'ascia di prestigio, di artista Kaniok, con l'impugnatura trasformata in un personaggio dalla cui bocca esce la lama di ferro, quasi una lunghissima lingua, e che presenta un solo piede e, per di più, girato all'indietro!

Ezio Bassani, collezionista e uno dei massimi studiosi dell'arte africana (basti ricordare il volume pubblicato nel 2000 per le edizioni del British Museum dal titolo African Arts and Artefacts in European Collection. 1400-1800), è da sempre convinto che alcuni di questi manufatti "prima di essere importanti sia sul piano religioso sia su quello del funzionamento della società d'origine, erano grandi opere d'arte in assoluto, create da grandi maestri". Del resto in Europa l'ammirazione per l'abilità degli artisti africani è testimoniata già tra la seconda metà del Cinquecento e la fine del Settecento quando si formano collezioni contenenti "curiosità esotiche". Famiglie nobili, come i reali del Portogallo, i Medici di Firenze o il Marchese Cospi di Bologna, ma anche intellettuali e commercianti, commissionano preziosi tessuti in filo di palma, gioielli d'oro, sculture in legno e oggetti in avorio in cui si combina la tradizione africana al gusto europeo dell'epoca. Al tema del collezionismo antico in Emilia-Romagna è dedicato un saggio del catalogo, sempre a cura di Bassani, corredato dalle immagini degli oggetti presenti in mostra, tra cui la saliera in avorio della collezione Cospi, di artista Sapi, in cui si affiancano motivi africani (serpenti e cani che si affrontano) a una scena di stregoneria che sembra evocare un'incisione di Dürer.

Chiude il volume un documento straordinario, quasi certamente la prima testimonianza figurativa su un paese dell'Africa Nera realizzata in loco da un europeo prima del 1665. Si tratta di 33 disegni a inchiostri colorati realizzati dal cappuccino emiliano padre Giovanni Antonio Cavazzi da Montecuccolo (1621-1678) durante la sua missione in Africa e scoperti solo nel 1969 in una collezione privata. I disegni, provenienti dal primo viaggio del missionario in Congo e Angola (1654-1667), riproducono fedelmente le abitazioni, i capi di abbigliamento, gli utensili, gli strumenti musicali e le armi delle popolazioni con cui il Cavazzi fu in contatto e si rivelano di eccezionale importanza per la conoscenza del passato di quelle società "senza scrittura".

Prima di concludere una dovuta precisazione in memoria di Fénélon: il visitatore del Louvre può oggi ammirare sia la Gioconda di Leonardo che l'ermafrodito Dogon di Yaya o il tamburo Yangéré di uno sconosciuto artista dell'Africa centrale, e ritroviamo capolavori di arte africana al Museo Pigorini di Roma, al MET di New York, a Berlino, a Monaco_

 

Africa Nera. Arte e cultura, catalogo della mostra a cura di E. Bassani e C. Morigi Govi, Milano, ArtficioSkira, 2002, 168 p., Ç 25.

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