Rivista "IBC" X, 2002, 2

biblioteche e archivi / pubblicazioni

Intellettuale cosmopolita e primo storico della scienza in senso moderno, l'abate reggiano Giambattista Venturi fu uno dei più brillanti esponenti della società colta tra XVIII e XIX secolo. Al fondo della Biblioteca Panizzi che conserva il suo patrimonio documentario è dedicato un volume della collana IBC "ERBA - Emilia Romagna Biblioteche Archivi".
Un abate nel Mondo Nuovo

Dario Generali
[docente presso il Centro di studi sul pensiero filosofico del Cinquecento e del Seicento in relazione ai problemi della scienza, Milano]

Un lavoro storiografico che abbia finalmente rinunciato alle facili quanto falsificanti scorciatoie offerte dalle filosofie della storia e dai modelli di ricostruzione degli avvenimenti di stampo epistemologico, non può non riservare agli strumenti della filologia e dell'erudizione la massima attenzione. Analisi lessicali e filologiche dei testi, restituzione di documenti e carteggi, cataloghi e regesti, studio e individuazione delle fonti e della diffusione delle idee e delle teorie, sebbene non siano, evidentemente, essi stessi storia, ne rappresentano le basi imprescindibili e gli strumenti privilegiati, sui quali fondare analisi e ricostruzioni degli avvenimenti affidabili e rigorose. In tal senso si può affermare che il volume Il Fondo Venturi della Biblioteca Panizzi. Catalogo - curato da Roberto Marcuccio, con la collaborazione di Silvia Sassi [Bologna, IBC-Pàtron, 2001 (ERBA, 44)] - rappresenti un lavoro esemplare, per l'accuratezza con cui è stato steso e concepito, per la ricchezza degli apparati di consultazione che offre, per la capacità che mostra di rappresentare uno strumento prezioso per la ricerca.

Il Fondo Giambattista Venturi (1746-1822), dopo gli smembramenti subiti nell'Ottocento, venne provvidenzialmente acquisito dalla Biblioteca Municipale di Reggio Emilia nel maggio 1921, grazie all'azione del suo direttore Virginio Mazzelli e del vice presidente della Sottosezione reggiana della Deputazione di storia patria per le antiche province modenesi, Naborre Campanini. Tale operazione permise la definitiva salvaguardia di quanto rimaneva di un fondo di straordinaria importanza, sia al fine di illustrare personalità, interessi e opere del suo raccoglitore, sia in ordine all'importanza intrinseca dei documenti in esso presenti. Si tratta, infatti, di un patrimonio che contiene documenti variamente rilevanti, che vanno dalla corrispondenza, composta da duemilacinquecento copie di lettere del Venturi a circa seicento destinatari e da tremilaseicento originali speditigli da più di ottocento corrispondenti (tra i quali Luigi Lamberti, Joseph de Lalande, Giovanni Paradisi, Filippo Re, Madame de Staël e Alessandro Volta), a molti altri documenti. Fra questi i manoscritti e i materiali preparatori delle sue opere, carte e documentazione relative alle sue funzioni di ingegnere ducale e di diplomatico napoleonico, gli studi e i documenti vinciani, un'ampia raccolta di materiale cartografico e iconografico, rari codici quattrocenteschi rilevanti per la storia dell'arte e della tecnologia, come il De prospectiva pingendi di Piero della Francesca e il frammento del Trattato di architettura di Francesco di Giorgio Martini.

Venturi fu un intellettuale di ampie prospettive, scienziato e storico della scienza, ingegnere legato alla corte estense. Come per altri intellettuali del suo tempo, in Venturi non vi erano fratture tra i diversi campi del sapere, fra l'impegno culturale e quello civile e politico. Nelle sue opere si riverberò la molteplicità dei suoi interessi, che andarono dall'erudizione all'idraulica, dalla geologia alla letteratura, dalla storia dell'arte all'economia, dalla fisica alla storiografia. Fu un uomo brillante, mondano e assai competente sul piano tecnico, scientifico e culturale. Conosceva il latino, il greco, il francese, il tedesco e l'inglese, cosa che gli permise una facile e larga mobilità internazionale, venendo stimato e utilizzato da tutti i diversi soggetti politici che si alternarono al potere.

Allievo nel Seminario di Reggio Emilia di Bonaventura Corti nel 1757 e di Lazzaro Spallanzani nel 1758-59, Venturi venne ordinato sacerdote nel 1769, seguendo più il desiderio di dedicare la propria vita interamente agli studi che un'autentica vocazione religiosa. Dal 1774 in avanti ricoprì diverse cattedre (Geometria e Filosofia; Fisica generale; Fisica sperimentale) all'Università di Modena, di Matematica e Scienze naturali presso il Collegio dei nobili di quella stessa città e gli incarichi ducali di ingegnere e matematico e di verificatore della Zecca. Il suo impegno come docente fu spiccatamente scientifico e a favore del metodo sperimentale, ma non mancò, in sintonia con l'apertura interdisciplinare del suo modello del sapere, di manifestare le sue capacità letterarie in occasione dell'esposizione delle lezioni inaugurali.

Recatosi a Parigi nel 1796 come segretario di una delegazione ducale, poi scioltasi a seguito dell'invasione dei territori estensi, decise di rimanere un anno a Parigi a proprie spese. Lì frequentò quell'ambiente intellettuale e le ricche collezioni librarie della Bibliothèque Nationale e dell'Institut de France, dove condusse studi significativi sui codici leonardeschi soprattutto d'argomento scientifico, trascrivendone parti cospicue, prima che fossero smembrati e dispersi. Indifferente alle caratteristiche del potere politico dominante, a cui prestò i propri servizi senza distinzioni, al ritorno in Italia, al fine di riottenere i propri incarichi all'Università di Modena, avvicinò a Milano Napoleone, il quale ne apprezzò subito le competenze, affidandogli invece immediatamente incarichi politici.

Gli anni che seguirono, con il ritorno degli austriaci e il successivo, duraturo insediamento napoleonico, furono assai travagliati per Venturi, che subì, tra il 1798 e il 1799, un periodo di prigionia nelle carceri estensi. Ritornati i francesi, ottenne nel 1800 la cattedra di Fisica teorica presso l'Università di Pavia, ateneo dove Spallanzani, il suo antico maestro, aveva insegnato per trent'anni. Dal 1801 al 1813 venne inviato presso la Confederazione elvetica come agente diplomatico della Repubblica cisalpina, sviluppando rapporti culturali internazionali d'alto livello e coltivando i suoi interessi librari e naturalistici, riunendo, fra l'altro, un'ingente collezione mineralogica. Caduto Napoleone e ritornato a Reggio, Venturi si dedicò allo studio del molto materiale raccolto, vivendo un periodo di intensa attività pubblicistica, che si concluse solo con la morte, avvenuta nel 1822. Alla sua scomparsa, Venturi lasciò un patrimonio di circa ventiduemila libri, un ingente fondo manoscritto, una raccolta di diecimila stampe, una ricca collezione di dipinti e minerali.

Dopo la morte dello scienziato, la sua raccolta libraria e di manoscritti e il suo archivio furono conservati nella casa di Reggio dagli eredi, che ne concessero raramente la consultazione agli estranei. Quando però nel 1889 il pronipote Giambattista Venturi junior diede incarico a Carlo Caraffa di compiere un primo ordinamento del fondo, questi si accorse subito che parte del materiale maggiormente prezioso non era più presente, essendo stato venduto da eredi pressati da necessità economiche. Una parte di questo materiale alienato rientrò in istituzioni pubbliche, quali la Biblioteca Estense di Modena, l'Archivio di Stato di Reggio Emilia ed altre ancora, mentre un'altra finì in raccolte private. Pure molte lettere autografe e manoscritti, per un totale di quattrocento pezzi, finirono nella collezione di Angelo Cocconcelli di Guastalla, passando, alla sua morte, avvenuta nel 1953, alla Biblioteca Leonardiana di Vinci. Nel 1918 furono lasciate alla Biblioteca Municipale di Reggio Emilia circa tremila stampe dalla contessa Leocadia Palazzi Trivelli Venturi, mentre l'anno successivo entrarono nella Biblioteca un migliaio di libri della raccolta. Fu però solo nel 1921 che fu possibile per questa realizzare l'acquisizione dell'intero complesso del materiale superstite del fondo.

All'ingresso del Fondo Venturi nella Biblioteca Municipale seguirono, nel 1922, anno del centenario della morte dello scienziato, una serie di celebrazioni, delle quali l'acquisizione di quanto rimaneva del suo fondo da parte della Biblioteca poteva considerarsi la maggiore e più significativa premessa. L'ordinamento e l'inventariazione data al fondo da Mazzelli, nel periodo compreso fra il 1922 e il 1925, fu l'unico strumento di consultazione del medesimo sino agli studi di William Spaggiari negli anni 1981 e 1982. Successivamente, tra il 1989 e il 1990, in connessione con i lavori di preparazione della sua tesi di laurea, Elisabetta Montanari condusse la descrizione di una cinquantina di manoscritti d'argomento geografico. Nel 1995, grazie ad una borsa di studio biennale concessa a Silvia Sassi dal Centro studi "Lazzaro Spallanzani" di Scandiano, con il sostegno dell'Istituto per i beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna e della Soprintendenza regionale per i beni librari e documentari, in accordo con la Direzione della Biblioteca Panizzi, si avviò una sistemazione catalografica scientifica e completa del fondo. Tale operazione, realizzata tra il 1995 e il 1997, pose le basi per la pubblicazione del Catalogo, avvenuta nell'ambito delle celebrazioni del bicentenario della morte di Lazzaro Spallanzani, e, con essa, di una corretta conservazione dei materiali e di una loro agevole consultazione.

Così ordinato, catalogato e descritto, il Fondo Venturi, con la sua articolata e varia complessità, che rispecchia gli interessi scientifici e letterari del suo raccoglitore, colpisce per la sua ricchezza e per il suo valore documentario. Non solo, infatti, rappresenta uno strumento privilegiato per la comprensione della personalità e dell'opera di Venturi, ma anche uno spaccato assai significativo di quel tempo, in grado di illuminare inediti capitoli di storia della scienza e della ricerca scientifica, dalla condizione dello studioso e dello scienziato in un'epoca così controversa come fu quella a cavallo tra Sette e Ottocento, fino al difficile rapporto instauratosi in quegli anni fra intellettuali e potere.

 

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