Rivista "IBC" X, 2002, 1
Dossier: Scienze e natura al Salone di Ferrara
Verso la fine del Pliocene l'Italia era in buona parte sommersa dall'acqua e le parti emerse formavano un arcipelago frastagliato di isole. L'area continentale era rappresentata da una ridotta fascia alpina e da una lunga e stretta penisola che dalla Liguria raggiungeva il Lazio meridionale, seguendo pressappoco l'attuale dorsale appenninica.
Il clima, che per buona parte del Pliocene era stato umido e caldo e aveva favorito lo sviluppo di lussureggianti foreste che ospitavano scimmie, gazzelle, tapiri, mastodonti e altri animali esotici, cambiò abbastanza repentinamente circa due milioni e mezzo di anni fa. Fu un grande mutamento climatico che portò a una fase glaciale, preludio di un sistema, il Quaternario, che sarà caratterizzato proprio da frequenti cambiamenti di temperatura e di umidità.
Un tempo si consideravano quattro o sei periodi freddi, i glaciali, alternati ad altrettanti periodi caldi, gli interglaciali. Oggi si preferisce parlare di oscillazioni climatiche, di cui le maggiori, fra fredde e calde, furono oltre una ventina dalla fine del Pliocene ad oggi. Durante i periodi freddi, l'acqua evaporata dagli oceani e caduta sotto forma di neve durante l'inverno, non si scioglieva completamente d'estate e si accumulava allargando le grandi calotte polari e formando numerosi ghiacciai nei rilievi montani. Grandi quantità di acqua, sotto forma di neve e di ghiaccio, erano trattenute sulle terre emerse e non rifluivano negli oceani e quindi questi si ritiravano provocando la conseguente emersione di molte aree costiere (regressione marina). Queste aree, non dovendo più sostenere il peso della massa d'acqua, si sollevavano, mentre il contrario avveniva nelle aree dove si erano accumulate grandi masse di ghiaccio. Durante i periodi caldi lo scioglimento delle masse di ghiaccio faceva ritornare l'acqua agli oceani che si innalzavano, conquistando ampie fasce costiere (trasgressione marina). Anche in questi periodi avvenivano assestamenti con sollevamenti delle aree abbandonate dai ghiacci ed abbassamenti delle aree invase dal mare.
La Val Padana, alla fine del Pliocene, era un grande golfo marino che si insinuava fino al Piemonte. Le aree montuose alpine ed appenniniche che lo circondavano non erano sollevate come oggi, ma erano più basse, creando paesaggi ricchi di aree collinari. I fiumi che scendevano dai monti finivano direttamente in mare trasportando carogne di animali che abitavano le terre circostanti e le depositavano sul fondo del mare lungo fascia costiera, talvolta lagunare. Questo è il caso, ad esempio, di un elefante messo in luce dall'azione erosiva del fiume Panaro a nord-est di Savignano (Modena). Si tratta di una forma primitiva di Elefante meridionale, oggi restaurato, montato ed esposto al pubblico nel Museo dell'Elefante di Savignano.
Nei periodi glaciali il mare padano si ritirava lasciando emergere ampie aree di pianura, mentre in quelli interglaciali riconquistava le aree costiere più basse. I fiumi che sfociavano nel golfo padano, specialmente quando gli effetti erosivi erano maggiori, nei periodi glaciali, trasportavano e sedimentavano molto materiale asportato dalle aree montane. In concomitanza a questo processo sedimentario si è sommato l'effetto dell'orogenesi alpina, che ha interessato tutte le terre circostanti il golfo padano, sollevandole.
L'area padana, quindi, un po' alla volta si è riempita di sedimenti e, in parte, si è sollevata, arrivando a colmarsi. Questo è avvenuto in un tempo piuttosto lungo, in cui la continentalizzazione si è attuata a passi successivi. Nei periodi caldi le trasgressioni marine conquistavano sempre meno territorio continentale mentre nei periodi glaciali le aree emerse si ampliavano sempre di più. Questo ha fatto in modo, ad esempio, che la massima regressione marina dell'Ultimo Glaciale abbia lasciato scoperto tutto l'Alto Adriatico e il mare si sia ritirato quasi all'altezza di Ancona.
L'attuale fase climatica è considerata un interglaciale o un interstadiale temperato; il mare oggi ha raggiunto la quota più alta di tutto l'Olocene, il periodo in cui viviamo, che comprende gli ultimi dieci-dodicimila anni.
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