Rivista "IBC" X, 2002, 1

Dossier: Scienze e natura al Salone di Ferrara

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Il Mediterraneo del Messiniano: storia di un'Apocalisse

Gian Battista Vai
[docente di geologia stratificata presso il Dipartimento di scienze della terra dell'Università di Bologna]

L'orologio dell'Apocalisse massima vissuta dal Mediterraneo nella sua storia geologica iniziava a scandire il suo battito inesorabile 7,24 milioni di anni orsono. La storia della Terra a quella data passava dal tempo che i geologi oggi chiamano Tortoniano a quello Messiniano: due nomi che derivano dalla fascia di gessi, zolfo e sali che dal Piemonte attraverso il bordo della Pianura Padana, l'Adriatico e lo Ionio arriva alla Sicilia, e che tappezza il fondo dei mari del Mediterraneo.

La catastrofe arrivò, ciclicamente preannunciata e ineluttabile, 1,28 milioni di anni dopo e continuò per trecentoquarantamila anni, con rincorrersi regolare di fasi di recupero e fasi di devastazione, guidate dai ritmi di precessione degli equinozi ogni ventimila anni circa. Lo si vede nei sedici-diciassette cicli di gesso separati da argille nere che emergono dal Piemonte alla Romagna alle Marche e alla Sicilia e sprofondano nel Tirreno, nel Mediterraneo occidentale e orientale per risalire in Spagna e nelle isole greche.

Durante le fasi di recupero, succedute a un innalzarsi del livello del mare, le sardine e le scorpene dell'Oceano Indiano guadagnavano la Spagna e i ciclidi dal Lago Vittoria e dal Nilo arrivavano in Romagna. Col raffreddamento climatico il livello del mare calava, il Mediterraneo rimaneva isolato e si trasformava in una immensa sequela di laghi salati fino a parziale o totale disseccamento; sardine, scorpene e ciclidi morivano in massa, per un poco resistevano gli afani e, al fine, rimanevano solo alghe e batteri, in competizione con l'accrescimento stagionale del gesso in ambiente arido di deserto fresco (tipo Gobi o Afghanistan).

L'Emilia e la Romagna, soprattutto, sono il geosito emblematico di rilevanza europea e globale per questo evento unico, fin dalle prime mirabili descrizioni di Marsili ventenne nel 1675. E che dire di una seconda dorsale di gesso e zolfo parallela a quella pedeappenninica e sepolta sotto la Pianura Padana presso Ferrara? Asportando con un colpo di fantasia i depositi alluvionali del Po la vedremmo sorgere al fondo di uno scavo. Ma forse fra due o tre milioni di anni sarà sollevata dai terremoti a vedere la luce e a separare il Veneto dall'Emilia-Romagna.

Guai però a immaginarsi un Mediterraneo quale è oggi. Lo Stretto di Gibilterra allora non esisteva. C'erano invece due stretti, più profondi e articolati, detti nord-betico e sud-rifano (in Spagna e Marocco). Proprio la loro chiusura per sollevamento orogenico verso sei milioni di anni ha consentito il primo isolamento del Mediterraneo, e, con esso, l'inizio dell'Apocalisse, che i geologi bolognesi hanno chiamato "crisi di salinità" del Messiniano mediterraneo. Chiusi i due stretti, la chiave di volta dei cicli dell'Apocalisse mediterranea diventò una soglia o stretto fra Mediterraneo orientale e Oceano Indiano. Essa consentiva periodicamente l'inondazione del Mediterraneo quando il livello del mare superava la soglia. Dove era questa soglia? Le successive fasi orogeniche l'hanno mascherata, ma se ne possono trovare indizi nella catena di Palmira in Siria (verso il Golfo Persico).

Anche l'interno del Mediterraneo era diverso. L'Appennino era limitato a poche dorsali fra Liguria, Tirreno e Toscana, le isole greche non esistevano; dal Pacifico attraverso i Caraibi e l'Atlantico pesci, molluschi e protozoi colonizzavano il Mediterraneo insieme con le forme di provenienza indiana.

Il primo duro colpo all'Apocalisse salina venne inferto a circa cinque milioni e mezzo di anni fa da un graduale miglioramento climatico (meno freddo e più umido). Fu seguito dal colpo di grazia dovuto a una importante fase tettonica chiamata intramessiniana, estesa a tutta l'area circummediterranea, verso i 5,4 milioni di anni fa. In seguito a questa fase la zona di Gibilterra collassava, dando origine alla profonda soglia da cui le acque atlantiche potevano tornare nel Mediterraneo dopo oltre cinquecentomila anni. Le ultime vestigia dell'Apocalisse sparirono d'incanto. Un clima subtropicale si ristendeva nel Mediterraneo e vi avrebbe dominato per altri tre milioni di anni, fino ai prodromi della glaciazione quaternaria. Nel frattempo la comunicazione con l'Oceano Indiano si interrompeva definitivamente. E se il clima andava ricostituendo le condizioni che avevano avviato l'Apocalisse salina, la profondità della soglia di Gibilterra non ne consentiva la riproposizione. Ma fino a quando?

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