Rivista "IBC" X, 2002, 1
mostre e rassegne, pubblicazioni
Si è chiusa il 17 febbraio 2002 a Mirandola (Mo) una mostra, dal titolo "Pulchritudo, Amor, Voluptas", che nel nome di Giovanni Pico, Conte di Mirandola e di Concordia, ha voluto raccontare la Firenze della fine del Quattrocento, capitale della cultura umanistica, epoca che si concluse improvvisamente con la morte di Lorenzo il Magnifico e l'inizio delle "guerre horrende", annunciate dalla calata dell'armata francese di Carlo VIII.
Pico giunge a Firenze, dopo il breve soggiorno del 1479, nella primavera del 1484 e qui morirà giovanissimo, forse per veleno, il 17 novembre 1494. Accolto con onore e amicizia da Lorenzo, possiamo ancora oggi osservarlo ben introdotto nell'ambiente più stimolante e innovativo del panorama italiano, sia in ambito letterario che filosofico, dipinto sulle pareti della Cappella del Miracolo della Chiesa di Sant'Ambrogio a Firenze, dove, secondo la tradizione vasariana, Pico è ritratto "che pare...vivo" accanto a Agnolo Poliziano e a Marsilio Ficino. Quest'ultimo da subito introduce il conte, che già conosceva e apprezzava l'opera del Ficino, nella cerchia dei suoi amici più intimi e lo rende partecipe delle riunioni dell'Accademia platonica. E fu forse qualcuno del cenacolo ad omaggiare il Mirandolese con una medaglia, realizzata da Niccolò Spinelli detto il Fiorentino, che presenta nel diritto il profilo del giovane Pico, mentre il rovescio raffigura le Tre Grazie nella loro posa classica, sovrastate dalla scritta "Pulchritudo, Amor, Voluptas". L'immagine delle Tre Grazie godette di un certo successo nella "comunità platonica" fiorentina quale esemplificazione del principio trinitario con cui Dio governa le cose. Qui rappresentano Amor, che parte da Pulchritudo ed è vivificato da Voluptas, secondo le terorie espresse dal Ficino in quegli anni nel De Amore.
Il tema delle Grazie lo ritroviamo in altre medaglie, appartenute probabilmente a personaggi uniti nello stesso circolo umanista fiorentino, anche se la scritta che accompagna le tre figure può variare e trasformarsi in "Castitas, Pulchritudo, Amor", a dimostrazione dell'ampia ricezione del cristianesimo platonizzante nella cultura dell'epoca. Il tema della castità ritorna anche nella "Pallade e il centauro" di Sandro Botticelli, realizzata nel 1482. Questa è l'interpretazione di Mario Scalini, curatore della mostra mirandolese, che legge nella figura di Pallade l'immagine stessa della Castitas che sottomette il Centauro, simbolo degli istinti primordiali dell'uomo. La frequenza di questi soggetti nella cultura di fine Quattrocento è assai ricorrente nei manufatti come nelle opere d'arte che si rivestono di significati e allusioni filosofiche complesse. Lo hanno dimostrato gli oltre cinquanta pezzi presenti in mostra (dipinti, affreschi staccati, codici, gemme e arredi) e il ricco catalogo, con i preziosi interventi di Cesare Vasoli, Mario Scalini, Patrizia Castelli, Gian Carlo Garfagnini, Francesco Bausi.
Pulchritudo, Amor, Voluptas. Pico della Mirandola alla corte del Magnifico, a cura di M. Scalini, Firenze, Pagliai Polistampa, 2001, 182 p., Ç 30,99.
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