Rivista "IBC" X, 2002, 1

biblioteche e archivi / mostre e rassegne, pubblicazioni

Alfabeto in sogno, Dal carme figurato alla poesia concreta, a cura di C. Parmiggiani, Milano, Mazzotta, 2002
L'alfabeto sogna

Alessandro Serra
[docente di psicologia dell'arte presso il Dipartimento delle arti visive dell'Università di Bologna]

All'ingresso, il visitatore è accolto da una scritta in rosso sulla parete, per nulla minacciosa: A noir, E blanc, I rouge, O bleu, U vert_ Il senso dovrebbe risultargli meno che duro, se non si è dormito tutte le ore di francese alle superiori. Una mostra sulle sinestesie? Acqua acqua... Sul simbolismo? Fuochino... Perché quel senso può essere tradotto in un trasparente e un po' corrivo: per me si va nella città dove il verbo poetico si fa immagine e meraviglia, dove i carmina, figurandosi, si danno senza infingimenti per quello che sono: formule magiche, rune, charmes, incanti.

Varcata la soglia, ogni sospetto lasciato, un drago, a sette teste e una sola corona, magnus e come si conviene rufus, rosso come le fiamme dell'inferno, lo accoglie ricordandogli quale sangue scorra nelle vene del libro, secondo la tarda profezia di Mallarmé, che lo vedeva stillare dai tagli rossi degli antichi tomi... Ma Mallarmé è a qualche sala di distanza, con i più famosi dadi della letteratura: il drago invece esce da un manoscritto del XIII secolo, il Liber figurarum di Gioachino da Fiore, vanto della Biblioteca arcivescovile di Reggio Emilia, a ricordare come il verbo possa farsi carne e figura in mille modi, non tutti angelici - Atanasio Kircher lo ribadisce, in un'altra teca, con la sua turris Babel, Wunderhorn, incubo diurno dei fedeli del Libro.

Seguono altre intense meraviglie, disposte in lacerti di storia: Porfirio Ottaziano con il suo organo ad acqua, Rabano Mauro, l'eccelso, in edizioni a stampa che racchiudono ancora un barlume del fuoco di speranza acceso nel più famoso manoscritto della Biblioteca nazionale di Vienna. Alessandria ammicca qua e là: sampogna, ali, scure, altare, il repertorio dei technopaegnia al gran completo. C'è persino l'uovo, ma non quello piccolo di Simmia di Rodi: dietro il Polifilo, nell'edizione giusta del 1499, l'enorme uovo di Jiri Kolar (collage su metallo, 1969) testimonia della continuità di un sogno, raccogliendo gli influssi siderali che vengono da pareti gremite di versus intexti, carmina cancellata, acrostici, mesostici, telestici... poi calligrammi, tavole parolibere, liberissime, chimismi lirici... Piccoli paegnia da segnalare: gli strumenti della Passione di Guido Casoni, sconosciutissimo alle storie della letteratura italiana, e gli occhiali delle ragazze di Dole, colti e intelligenti come non se ne trovano più, neanche dai Gesuiti. In disparte, che non vuol dire ai margini, sulle pergamene dei manoscritti ebraici, micro e macrografie sfidano il divieto di Esodo, 20, 4-5, mentre magia e alchimia fanno vedere la loro dottrina attraverso le immagini di Giordano Bruno, Raimondo Lullo, Reuchlin, Agrippa di Nettesheim, Fludd e Paracelso, promettendo tutto, salvezza, immortalità, la ricetta della pietra filosofale, la chiave del mondo o semplicemente l'emozione dell'occhio... In una sala appartata, di passaggio come si dice, dopo Apollinaire, Marinetti e il libromacchina di Fortunato Depero, i russi raccontano un'altra storia, iniziata con i carmi figurati barocchi di Simeon Polockij e finita in tragedia con il profilo di Stalin calligrammato in negativo, bianco su bianco. Tra la "soluzione finale" e le nebbie delle origini, lo splendore di Chlebnikov, Krucenych, Majakoskij, El Lissickij, Malevic... naufraghi riemersi dalla biblioteca nazionale di San Pietroburgo.

L'ultima sala, sul cui fondo campeggia in apocalisse il Libro dimenticato a memoria (1968-1969) di Vincenzo Agnetti, reca una rara testimonianza della poesia detta "concreta": Emilio Villa, Eugen Gomringer, Julien Blaine, Heinz Gappmayr, Ilse e Pierre Garnier, Timm Ulrichs, e Spatola, Patrizia Vicinelli, Balestrini... sfilano con i giapponesi a ricordare un'avventura divenuta ormai, nell'era della videoarte, tenero oggetto archeologico, di collezione, da mettere in mostra, appunto.

Dell'esposizione, curata da Cladio Parmiggiani e aperta presso i Chiostri di San Domenico a Reggio Emilia fino a marzo 2002, resta il catalogo con scritti di Gianfranco Ravasi, Fabrizio Lollini, Giovanni Polara, Alessandro Serra, Mario Diacono, Giulio Busi, Guido Guglielmi, Luciano Caruso, John Bowlt e Nicoletta Misler, Arrigo Lora-Totino.

 

Alfabeto in sogno, Dal carme figurato alla poesia concreta, a cura di C. Parmiggiani, Milano, Mazzotta, 2002, 468 p., Ç 30,99.

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