Rivista "IBC" IX, 2001, 3

musei e beni culturali / mostre e rassegne, pubblicazioni

Miti sempre verdi

Tiziana Flori
[redattrice editoriale]

Se molti personaggi riescono a diventare dei miti nel corso della loro vita, pochi restano tali dopo la morte: uno di questi è Verdi, che, a cent'anni dalla scomparsa, continua a catalizzare l'immaginario collettivo.

Il volume W Verdi. Il mito verdiano, pubblicato in occasione dell'omonima mostra svoltasi a Parma da maggio a fine luglio, rende conto della nascita e della divulgazione di un culto, già negli ultimi anni di vita del maestro, che riguarda sia l'uomo (simbolo del Risorgimento e della nascente Italia unita) che l'artista (sommo rappresentante del melodramma italiano nell'Ottocento).

Dopo una prima parte introduttiva in cui il titolo trova giustificazione (W VERDI, nel clima patriottico precedente l'unità d'Italia, era anche l'acrostico di Viva Vittorio Emanuele Re D'Italia), il catalogo sottopone al lettore/visitatore un ampio repertorio della "gadgettistica" verdiana: busti, sculture, caricature, foto, medaglie, timbri, figurine, calendari, cartoline, francobolli, locandine, etichette, porcellane, banconote (le famose mille lire), arazzi, foulard, carte da gioco..., tutta quell'iconografia celebrativa che glorifica il compositore (da W V.E.R.D.I. si passa a W VERDI) e ne assicura la sopravvivenza attraverso il collezionismo. Si potrebbe parlare di vero e proprio merchandising ante litteram, e senz'altro si tratta del primo fenomeno di consumo di massa di un'immagine che, moltiplicandosi, ha contribuito alla propagazione del mito, facendolo giungere fino alla nostra epoca.

Interrompono la "rappresentazione" proposta dal catalogo tre "intermezzi" che, tramite flash, annotazioni, testimonianze e documenti curiosi, permettono di far luce sul pensiero politico e artistico del maestro, sui suoi gusti e le sue preferenze, sulla società e il pubblico del tempo.

Nel volume come nella mostra, dietro l'ossessiva iterazione dell'immagine del compositore si delinea un altro protagonista: la nostra cultura, la nostra società, quella che nell'effigie ormai standardizzata e codificata del grande vecchio dalla barba bianca ritrova il proprio avo: una figura familiare, riconoscibile, appartenente al proprio vissuto. Questo spiega perché il mito verdiano non è ancora tramontato, malgrado il superamento dell'attualità dell'opera - il melodramma - da cui ha avuto origine. Un genere che pure - soprattutto con Verdi - è riuscito a permeare di sé tanta produzione artistica, instaurando un dialogo serrato con le altre discipline fino all'inizio del XX secolo, ed esercitando una notevole influenza sulla società, come ha dimostrato la parallela mostra allestita a Parma, "La tempesta del mio cor. Il gesto del melodramma dalle arti figurative al cinema", di cui resta il catalogo che ne ripete il titolo. Attraverso una ricca raccolta di saggi che motivano, delucidano e approfondiscono le scelte espositive, corredandole delle premesse teoriche, il volume propone un viaggio nelle quattro sezioni della rassegna, seguendo il filo conduttore che accomuna i diversi ambiti culturali ed estetici che hanno avuto rapporti di contiguità con il melodramma: l'utilizzo del gesto per esprimere sentimenti, passioni, moti dell'anima.

Nella prima sezione, "Il canone delle passioni: dai repertori alle fotografie di scena", ai trattati e ai documenti che per tutto l'Ottocento hanno codificato l'espressione drammaturgica dei sentimenti, illustrando l'evoluzione del canone delle passioni e della concezione della gestualità, fanno riscontro i ritratti e le fotografie di artisti immortalati nelle loro più celebri interpretazioni. La successiva sezione è dedicata a "Le passioni dipinte", ossia all'emozionante rappresentazione, in quadri, sculture, incisioni, dei temi ricorrenti nella letteratura e nel melodramma ottocenteschi: la morte degli amanti, il contrasto degli affetti, il rapimento, il martirio dell'eroe, la rivolta... Seguono le "Icone del Novecento", manifesti di opere liriche raffiguranti i protagonisti dei melodrammi con una carica espressionistica che ricorda la rappresentazione delle passioni del secolo precedente: sono esempi dell'impiego pubblicitario dei canoni drammaturgici. La quarta e ultima parte fa luce sugli elementi che stabiliscono una continuità tra "Cinema e melodramma" (i due generi popolari per eccellenza, entrambi serbatoio dell'immaginario collettivo), sia a livello contenutistico che formale.

Un capitolo è dedicato alle tristi sorti del monumento innalzato al maestro nel 1920, di cui, oltre ad alcune statue e bozzetti in gesso dei personaggi verdiani, resta la stele ximeniana, in adiacenza ai contrafforti del palazzo della Pilotta (sede dell'esposizione). Completano il volume dettagliate schede e bibliografie sulle opere presentate: utili strumenti per chi desidera capire la genesi delle "tempeste del cor" e sondarne gli aspetti più reconditi.


W Verdi. Il mito verdiano, a cura di M. Dall'Acqua, Parma, Grafiche Step Editrice, 2001, 129 p., s.i.p.


La tempesta del mio cor. Il gesto del melodramma dalle arti figurative al cinema, a cura di G. Godi e C. Sisi, Milano, Edizioni Gabriele Mazzotta, 2001, 198 p., L. 60.000.

 

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