Rivista "IBC" IX, 2001, 3
musei e beni culturali / interventi
"Il Museum of Jurassic Technology di Los Angeles, California, è un'istituzione didattica dedicata al progresso del sapere e al pubblico riconoscimento del Giurassico inferiore. Così come una casacca double face, il museo svolge una duplice funzione. Da una parte, esso rende disponibile al mondo accademico un repertorio di cimeli e manufatti del Giurassico inferiore, evidenziando in particolare inusitate e bizzarre caratteristiche tecnologiche; dall'altra, è al servizio del pubblico in generale, dando modo al visitatore di fare esperienza pratica di 'vita nel Giurassico'".1 Museo double face è la dichiarazione d'intenti che David Hildebrand Wilson, fondatore e direttore del museo, pone in bella evidenza nella prima pagina del libretto Il Museum of Jurassic Technology - e voi realizzato per la presentazione al pubblico della sua impresa.
Double faceè l'incipit di una dichiarazione d'identità che Wilson affiderà a cartoni, pannelli e "testi di riflessione" disseminati per il suo museo in continua trasformazione. Il MJT di Los Angeles nasce in un panorama museale che fa della dichiarazione della propria ragion d'essere un atto fondamentale, di ragione sostanziale, nei confronti del pubblico, dei partner e dei finanziatori: è la sua mission. Mission, missione del museo, espressione e impegno pubblico connaturati nelle politiche dell'impresa museale in molti di quei paesi nei quali la comunicazione pubblica dell'identità del museo è insieme impegno di trasparenza, assunzione di responsabilità e ricerca di visibilità nelle aree sociali di mercato dell'offerta culturale.
Spesso concentrato nella propria contemplazione o assorbito da problemi di pura sopravvivenza, solo recentemente il museo italiano, tentando di uscire dallo spazio ristretto delle proprie sale, si è affacciato alle problematiche dell'ascolto del pubblico e alle politiche dell'impatto sociale dell'azione museale di cui la dichiarazione di missione, qui ancora poco o pochissimo praticata, è documento sostanziale. Il fatto di registrare l'estraneità del museo italiano al concetto di mission fa scrivere a Cristina Acidini nel suo Il museo d'arte americano, cronaca di un viaggio-indagine negli Stati Uniti: "[...] bisogna prima concentrarsi seriamente sul concetto di missione [...] del museo. Non esito ad ammettere che ho avuto qualche difficoltà con questa idea a noi poco familiare".2 Estraneità che, ben s'intenda, non vuol significare l'assenza di una riflessione sull'identità dell'azione culturale propria della natura d'ogni singolo istituto, ma che evidenzia il poco spazio offerto alle valutazioni sulla prospettiva sociale dell'azione culturale, prospettiva che, richiedendo la definizione di un "contratto" con il pubblico, invita il museo a rendere pubbliche sia le ragioni ed il senso della sua esistenza che le scelte sottese all'organizzazione delle sue risorse disponibili.
L'elaborazione del documento di missione obbliga ad interpellare i grandi contenitori programmatici nei quali oggi si gioca la partita non solo dello sviluppo del museo, ma, in relazione al mercato dell'offerta culturale e alle politiche di promozione dell'accesso ai patrimoni culturali, del suo stesso posizionamento sociale, della sua capacità di intercettare risorse, d'essere quindi protagonista di sviluppo e di crescita sociale. Il dare cittadinanza alla "buona pratica" della dichiarazione di missione, presentandosi come occasione di riflessione sul rapporto fra impresa museale e comunicazione della sua qualità pubblica, interpella i piani dell'identità (missione pubblica e disciplinare), dell'autonomia (status giuridico e forma gestionale) e della qualità del museo (individuazione di standard e orientamento ai risultati). Piani oggi più che mai densi, per l'investimento istituzionale che richiamano, e così secanti nelle relazioni che li coinvolgono, che ad ogni loro intersezione pongono immediatamente in luce i marcatori politici della partecipazione del museo alla pratica democratica del rapporto fra istituzioni e collettività: il rispetto del pubblico, l'attenzione ai diritti degli utenti, la trasparenza sugli obiettivi di ogni azione e sull'utilizzo delle risorse, l'espressione di chiare competenze e professionalità nella gestione dei patrimoni.
Oggi, che i temi dell'autonomia e della qualità trovano orientamenti in precise sperimentazioni e in un dibattito sempre più fitto nel quale è dato ormai assodato il valore dell'autonomia quale motore di sviluppo e della qualità dei servizi e della gestione dell'impresa museale quale concreta adesione ad un'etica della responsabilità pubblica, proprio oggi bisogna cogliere l'opportunità offerta dalla apertura di diversi tavoli di lavoro per indirizzare la politica dei musei alla ricerca di un'unità da offrire alla messa in campo di risorse ed energie. L'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna ha prodotto sperimentazioni in tal senso,3 ha elaborato documenti e formulato un modello per la gestione totale della qualità applicato ai musei.4 Inoltre indirizzi e sperimentazioni sono già nei programmi della Regione Veneto ed altri ambiti d'interesse museale.5
La ricerca di una unità va perseguita per evitare il rischio di un'attivazione d'approcci e di progetti non iscrivibili in piani d'ampio respiro e quindi non destinati a concorrere alle strategie di una politica per i musei sempre più bisognosa di confrontarsi con scenari transnazionali, di accettare le sfide della complessità democratica e della centralità del pubblico quale soggetto di diritto, cittadino del museo.
La necessità di comunicare l'identità del museo in relazione alle sue politiche e alla sua funzione di servizio è richiamata dal Codice di deontologia professionale dell'ICOM: "L'organizzazione responsabile od altro organismo di controllo del museo dovrà preparare e diffondere una dichiarazione esplicita sui fini, gli obiettivi e le politiche del museo"; il rapporto della dichiarazione di missione con gli altri "documenti base" è precisato da Daniele Jallà: "Mentre lo statuto o il regolamento hanno valore generale ed estensione tendenzialmente illimitata nel tempo, questo documento corrisponde piuttosto a una carta programmatica, che l'organo di governo ha il compito di aggiornare periodicamente per adeguare il museo alle condizioni e al contesto - mutevoli - in cui si trova ad operare".6 In tal senso, configurandosi quale documento sostanziale del "contratto" fra museo e pubblico, la dichiarazione di missione è offerta alla collettività, nella sua chiarezza ed essenzialità (si tratta nella maggioranza dei casi di testi la cui lunghezza sta abbondantemente nelle righe di una cartella), per valutare del museo il rapporto fra scopi dichiarati e azioni realizzate. La missione si presenta quindi quale "programma d'intenti" del museo, espressione politica della sua "ragion d'essere", comunicazione pubblica sulla sua portata sociale, del senso e dell'identità della sua presenza.
Rispetto allo statuto o regolamento (anche se con questi ha un legame generativo in quanto nello statuto/regolamento devono essere esplicitati gli scopi e le finalità del museo) la dichiarazione di missione ha una propria autonomia sia formale, come ricorda Jallà, sia per il processo che riguarda la sua realizzazione. Il valore che può esprimere non risiede quindi totalmente nel suo contenuto, in ciò che vi è dichiarato, ma in buona parte nel percorso stesso della sua composizione e gestione, percorso che riassumerei sinteticamente in queste fasi:
realizzazione
- riflessione sulla storia e sul sé istituzionale del museo;
- ascolto del pubblico e confronto con le agenzie della società civile (associazioni, scuola, istituti culturali, ecc.);
- valutazione delle risorse disponibili e dei processi di fattibilità (per promettere solo ciò che si può mantenere);
- composizione di un testo sintetico, in cui chiarezza ed essenzialità favoriscano il più ampio incontro e riscontro;
gestione
- diffusione pubblica, pubblicazione, ricerca di canali e modalità strategiche di presentazione;
- continuo rimando nei documenti previsionali, programmatici e di gestione;
- attenzione ad ogni possibile necessità di aggiornamento.
L'esperienza mi ha portato a constatare che la produttività delle azioni
relative alla realizzazione e gestione della dichiarazione di missione è
immediatamente percettibile in relazione agli obiettivi delle politiche di partnership,
quando questa è risultato di una sincera volontà di ricerca di un rapporto
collaborativo con le espressioni pubbliche e private della collettività; quando
è chiara espressione della volontà del museo di essere soggetto politicamente
significativo; quando è mirata ad una visibilità e precisa identificazione del
museo e delle sue responsabilità pubbliche; quando vuol essere motivo di
chiarezza con i partner, reali e potenziali, in relazione all'idea di
museo che contiene e agli obiettivi e scelte che richiama; quando ha fra i
propri obiettivi la realizzazione di una piattaforma programmatica per lo
sviluppo di un corretto rapporto fra i livelli politico/amministrativi e
direttivo/gestionali del museo.
Ma la dichiarazione di missione è solo un tassello del complesso impegno per una riflessione sul valore della qualità pubblica del museo, riflessione che sempre più insistentemente richiede atti concreti che all'interno del trinomio identità, autonomia e qualità tentino la via di una politica unitaria dell'impresa museale. Lo scopo è gestire il quadro delle complessità (il museo è una macchina complessa nella quale la qualità di ogni ingranaggio partecipa o si pone a freno dell'efficacia complessiva dell'impresa) e favorire i processi d'innovazione e di apertura del museo alle sfide attuali.
Chiudo queste righe ad un anno dalla scomparsa di Fredi Drugman cogliendo da alcuni suoi appunti per una lezione del 1997 un invito a fare del museo un "luogo pubblico per eccellenza":
Chi si rifiuta di assistere inerte all'agonia della cosa pubblica e non intende identificare il "privato" nella asfittica atmosfera del salotto più o meno buono, oggi può forse impugnare uno strumento che, usato con coraggio e soprattutto con intelligenza e passione politica, ha tutte le qualità per rivelarsi vincente: il museo. Tutto sta nel trasformarlo da "salotto delle muse" a piazza civica, agorà, luogo pubblico per eccellenza, punto di aggregazione dei cittadini, casa del collettivo. Un'impresa certamente difficile, che richiede l'impegno di tutta la comunità e risorse consistenti, ma soprattutto un progetto ben delineato.Ecco, io penso che i musei, alcuni musei, servano precisamente a questo: a rafforzare, per quanto lo consente la loro limitata sfera d'azione, il senso di appartenenza, riuscendo così almeno in piccola parte a ridurre la portata della violenza, a disinnescarla.7
Note
(1) L. Weschler, Il gabinetto delle meraviglie di Mr. Wilson, Milano, Adelphi, 1999, p. 35.
(2) C. Acidini Luchinat, Il museo d'arte americano. Dietro le quinte di un mito, Milano, Electa, 1999, p. 38.
(3) L'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, in collaborazione con il premio "Qualità Italia", ha attivato presso il Museo degli usi e costumi della gente di Romagna l'applicazione sperimentale del modello Total Quality Management - TQM.
(4) Si tratta di un documento, Guida all'interpretazione e all'utilizzo del modello per la gestione totale della qualità nei musei (marzo 2001) che a partire dal modello Total Quality Management ha visto, attraverso la sperimentazione presso il Museo degli usi e costumi della gente di Romagna ed i lavori di un focus group interregionale, la redazione di un modello TQM per i musei. In tale ambito è stato pubblicato il volume Museo e cultura della qualità, a cura di M. Negri e M. Sani, Bologna, IBC-CLUEB, 2001.
(5) Nel giugno scorso a Verona la Regione Veneto ha organizzato un seminario dal titolo "La cultura del museo incontra la cultura della qualità", improntato sui temi della Total Quality Management.
(6) D. Jallà, Il museo contemporaneo. Introduzione al nuovo sistema museale italiano, Torino, UTET, 2000, p. 18.
(7) Gli "appunti per una lezione" mi sono stati forniti recentemente da Maria Gregorio, che per questo ringrazio sentitamente.
Pubblichiamo qui di seguito la "dichiarazione di missione" del Museo degli usi e costumi della gente di Romagna (Santarcangelo di Romagna - Rimini) approvata nell'ambito del percorso di applicazione del modello Total Quality Management (utilizzo del "Modello per la gestione totale della qualità nei musei"). Per la consultazione dell'intero Documento di missione si rimanda al sito www.metweb.org.
L'impegno. L'impegno del Museo si esprime nell'investimento di risorse ed energie per la ricerca di occasioni e linguaggi finalizzati ad un dialogo con le socialità del proprio territorio, presentando le testimonianze tradizionali nella complessità dei loro rapporti con l'universo culturale ed esponendo i caratteri simbolici, rituali, linguistici e materiali insiti nelle diverse manifestazioni umane.
In tal senso il Museo individua come risorsa le potenzialità della comunità civile e come produttività la capacità di organizzare un'offerta in termini di promozione d'interventi mirati nel campo della socialità.
Il Museo individua nella dimensione della restituzione culturale il valore della propria operatività. Restituzione in termini di partecipazione attiva alla cultura e alla crescita del luogo in cui il museo risiede per porsi, fedele alla sua natura tematica e museale, come polo d'interesse sociale, stimolo di riflessioni sulla qualità della vita, centro propulsivo di iniziative mirate alla formazione e dialogo sulle questioni dell'identità, della diversità e della appartenenza.
L'azione. Il Museo si rivolge a tutti i cittadini indistintamente al fine di:
- contribuire allo sviluppo della comunità locale e del proprio territorio;
- partecipare, per quanto di sua competenza, alle vicende ed ai progetti di crescita civile e culturale della propria realtà sociale;
- concorrere a quella riflessione sulla qualità della vita che scaturisce dalla coscienza dell'imprescindibile rapporto fra memoria e identità storico-culturale.
Il Museo inoltre pone particolare attenzione ai valori dell'incontro sociale, al recupero di un corretto rapporto fra consumo, sfruttamento delle risorse e manualità, alla conoscenza della storia quale garanzia per la realizzazione di prospettive sul futuro individuale e collettivo.
Per la realizzazione di tali obiettivi il museo considera:
- l'"orientamento alla qualità" dei propri servizi e della propria organizzazione quale impegno etico, deontologico e di responsabilità pubblica;
- l'attenzione allo sguardo e alla partecipazione del pubblico quale aspetto determinante della progettualità e operatività;
- i diritti dell'utenza quale elemento imprescindibile dell'azione culturale e organizzativa;
- l'agevolazione dell'accesso ai saperi, alla comunicazione e all'informazione quale espressione del valore del museo come servizio di qualità pubblica.
Nella necessità di ordinare gli impegni finanziari e lavorativi, i carichi di lavoro, l'espressione delle potenzialità, lo sfruttamento delle risorse, l'organizzazione delle economie, l'adozione dei sistemi per la qualità e la promozione, il Museo individua la propria produttività nella capacità di gestione della complessità e degli indirizzi circa la natura globale dell'impresa museale, sia in termini di valorizzazione dei beni demoetnoantropologici (salvaguardia, conservazione, ordinamento, ricerca ed esposizione) sia in termini di servizi al pubblico (accoglienza, formazione, didattica, informazione, divulgazione).
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