Rivista "IBC" IX, 2001, 2
musei e beni culturali / mostre e rassegne, restauri
Trenta opere antiche e moderne, da decenni depositate presso uffici pubblici - Prefettura, Questura, Intendenza di Finanza e Municipio - dopo un accurato restauro sono tornate al Museo d'Arte della Città al quale appartengono. L'occasione per presentarle al pubblico è stata una mostra dal titolo "Dare un volto all'Innominato", realizzata in collaborazione con la Soprintendenza territoriale per i beni artistici e storici e l'IBC, e allestita presso la Pinacoteca fino al 27 maggio 2001.
L'esposizione ha sottolineato come i lavori di restauro, eseguiti col contributo della Regione Emilia-Romagna, siano stati un significativo momento di rivelazione degli artisti e dei soggetti dipinti, e di conoscenza per la ricostruzione storica delle singole opere. L'Innominato, raffigurato dal pittore ravennate Giovanni Bagioli e scelto come immagine-guida della mostra, ha voluto rappresentare, in tale occasione, la metafora di tutti quegli aspetti di ricerca, ma anche curiosi, misteriosi e complessi, che sostanziano il progetto culturale su cui si costruisce un evento espositivo. In questo caso si sono volute documentare e valorizzare non solo le opere d'arte, ma anche la conservazione come attività istituzionale del museo, la professionalità dei restauratori, dei ricercatori e degli storici dell'arte che hanno collaborato alla realizzazione dell'iniziativa.
Accanto ad opere di artisti noti - tra cui Camillo Maioli, Domenico Miserocchi, Edgardo Saporetti, Maceo Casadei, Gianna Nardi Spada, Giuseppe Bartoli, Renzo Morandi, Antonio Rocchi - i visitatori hanno potuto ammirare anche quadri di pittori che hanno lasciato Ravenna in anni lontani, facendo quasi perdere le loro tracce. È il caso di Giuseppe Bacchetti, Giuseppe Mazzetti, Cesare Lanconelli e Guido De Marchi. Tra le opere antiche, da segnalare la copia di ottima fattura dell'Autoritratto di Anton Raphael Mengs e quelle relative alla Cena in Emmaus del Caravaggio e all'Età dell'oro di Pietro da Cortona. Ma l'opera che ha suscitato maggiore curiosità è quella raffigurante la Madonna della Ghiara con la nuova attribuzione a "pittore ravennate dei primi decenni del XVII secolo". Un emozionante restauro ha infatti svelato la presenza di un profilo di Santa, in basso a destra, di angeli in volo, sopra il capo della Vergine e la scritta "la Madonna di Reggio" sul lato sinistro dell'ovale. Indagini radiografiche hanno evidenziato, inoltre, sotto la superficie pittorica, altre sagome che rendono plausibile l'ipotesi che l'opera costituisca un frammento di una tela più antica e di maggiori dimensioni.
Altri inaspettati ritrovamenti sono stati segnalati nelle schede storico-artistiche del catalogo della mostra (Milano, Edizioni Mazzotta, 2001). Nello Sposalizio mistico di Santa Caterina di Luca Longhi, ad esempio, sotto le numerose stuccature rimosse, sono riemersi colori originali e piccoli dettagli, rimasti nascosti da estese campiture neutre che ostacolavano la lettura integrale del dipinto.
Gli interventi di restauro, eseguiti dal Laboratorio del Restauro di Ravenna e dal Laboratorio Sandro Salemme di Imola, sono documentati da un video che ripercorre anche la storia della Loggetta Lombardesca, sede della pinacoteca e delle sue collezioni permanenti.
Le tematiche relative alla tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio museale sono state oggetto anche del convegno ravennate "Conservare il restauro", svoltosi il 6 aprile 2001, a cui hanno partecipato rappresentanti dei musei italiani e istituti preposti alla formazione e al restauro dei beni artistici.
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