Rivista "IBC" IX, 2001, 2
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"Dieu n'avait fait que l'eau, mais l'homme a fait le vin" così scrive Victor Hugo di uno dei più prelibati frutti del lavoro dell'uomo, dono degli dei ai mortali, carico di valenze simboliche e da sempre presente nella vita e nei riti di ogni grande civiltà del Mediterraneo.
Ed è piacevole ripercorrere la più che millenaria storia del vino e della viticoltura nel volume-strenna che Alfredo Antonaros ha curato per la Carisbo. Il lungo racconto del vino parte da lontano, circa seimila anni fa, nella regione collinosa compresa tra il mar Nero e il Caucaso meridionale da cui pare provenisse la prima vite. Ma è nella cosiddetta "mezzaluna fertile" che si gettano le basi storiche della viticoltura. I Persiani, i Sumeri, gli Ittiti, gli Assiri, e così i Babilonesi, i Fenici, gli Ebrei, gli Arabi e gli Egizi: tutti questi popoli praticavano la viticoltura, anche se il vino in generale era un bene relativamente scarso e un privilegio per pochi, in genere funzionari di corte e sacerdoti, mentre la bevanda alcolica di massa era la birra. Soltanto quando la vite trova il suo clima ideale, in Grecia prima e poi in Italia, si può parlare della nascita di una "civiltà del vino": già in epoca micenea il vino è uno degli alimenti di base dell'alimentazione quotidiana a cui si affianca il tradizionale uso per esigenze rituali (si pensi al culto di Dioniso). Omero nell'Iliade cita il "Pramnio", uno dei vini greci più famosi, ed è attestata l'opera di veri e propri specialisti del vino, sommelier esperti nell'arte del "taglio" con acqua di mare, spezie, miele e resina, un cocktail che a noi, a dire il vero, risulterebbe imbevibile.
In Italia, con la colonizzazione greca, a partire dall'VIII secolo, si afferma una diversa considerazione per il vino, non solo genere alimentare ma anche bene da commerciare. La viticoltura si diffonde rapidamente e diviene così rilevante che alcuni scrittori greci, come Erodoto, nominano l'Italia Meridionale "Enotria", ovvero terra del vino. Del resto anche Marco Porcio Catone nel suo De Agricoltura pone la vigna come la prima delle colture della penisola.
Una sezione dell'opera illustra i vari metodi di coltivazione, conservazione e consumo da parte dei greci e dei romani, seguendone i cambiamenti nel gusto: se la tradizione greca esigeva un vino "tagliato", già nell'ultimo scorcio dell'epoca imperiale romana si beveva il merum, ovvero un vino "puro" che iniziava ad avvicinarsi a quello che beviamo noi oggi. Nei primi secoli del Medioevo il vino torna ad essere un un bene di lusso, arricchendosi di significati simbolici e anche di virtù igieniche e medicinali, e si dovrà attendere la fine del Cinquecento per assistere al rifiorire in Italia e in Europa della viticoltura, con tecniche sempre più raffinate, a partire dalla scoperta - giunta nel secolo che vide nascere lo Champagne, il XVII - che il vino nelle bottiglie chiuse con il tappo di sughero si conserva molto più a lungo. Si gettano così le fondamenta per un approccio sempre più scientifico alla viticoltura, con la nascita di veri e propri disciplinari di produzione e severe regolamentazioni da parte dei governi locali, che permetterà quel "Trionfo della Qualità" di cui si vanterà tutto il Novecento.
Il volume è arricchito da un glossario e da un'interessante appendice sulla storia del vino in Emilia-Romagna, dalle origini all'attuale produzione in regione di oltre 77 vini DOC e del primo vino bianco riconosciuto a denominazione di origine controllata e garantita (l'Albana di Romagna DOCG). Le sezioni dell'opera sono intervallate da schede di approfondimento su temi diversi: "Vino e Mito"; "Vino e Arte"; "Gli oggetti del vino"; "Vino e Medicina"; "I luoghi del vino"; "Vino e Cinema" e "Vino e Musica Leggera".
A. Antonaros, La grande storia del vino, Bologna, Edizioni Pendragon,
2000, 222 p., s.i.p.
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