Rivista "IBC" IX, 2001, 1
musei e beni culturali / media, didattica
Multimedia: alla ricerca di nuovi modelli
Obiettivo dell'iniziativa (ibc.regione.emilia-romagna.it, sezione "Sotto la lente") era quello di esplorare le potenzialità comunicative che i nuovi media offrono anche e soprattutto in campo museografico, affiancando gli strumenti tradizionali senza sovrapporvisi, ma offrendo opportunità che, soprattutto in ambito italiano, non sono state ancora pienamente sviluppate.
Le recenti evoluzioni paiono consentire da un lato di superare certe rigidità che ancora limitavano l'uso dell'information technology (IT) nel trattamento del dato storicoartistico, archeologico e museografico in generale, e, soprattutto sul piano comunicativo, offrono opportunità finora ancora inesplorate ma che si collocano, almeno potenzialmente, ad un più elevato livello di efficacia rispetto ai media tradizionali.
L'assunzione di partenza di chi ha curato l'organizzazione scientifica del corso era ed è che lo sviluppo tecnologico abbia influenzato la storia delle applicazioni nel campo delle discipline umanistiche in generale e dei beni culturali in particolare, anche dal punto di vista metodologico. Piuttosto è da rilevare come il percorso metodologico ci abbia visti più spesso al seguito dell'evoluzione informatica e non certo in funzione di traino. Nonostante le reiterate affermazioni ed esortazioni ad una supremazia del momento teorico storicoumanistico rispetto a quello informatico, dobbiamo ammettere che le nostre discipline si sono spesso adeguate agli sviluppi della computer science piuttosto che il contrario. L'adozione del computer implica, comunque, una scelta di organizzazione della varietà: ciò comporta l'adozione di nuovi modelli o almeno l'adattamento di vecchi.
Se in altri settori delle applicazioni dell'IT al mondo dei beni culturali, come ad esempio quello della costituzione di banche dati, i modelli di riferimento sono stati identificati già da tempo e si possono ricondurre, sostanzialmente, all'ambito della teoria relazionale, per quanto riguarda i multimedia ci troviamo in una fase ancora in rapidissima evoluzione. Un'evoluzione non solo tecnologica, in cui i modelli di riferimento non sono ancora identificati in maniera compiuta, anche se ultimamente esigenze di definizione metodologica vanno trovando esplicitazione in alcune proposte. In questo ambito dell'IT, come spesso accade nei momenti di transizione, la fase di pura sperimentazione tecnologica ha preceduto la sistematizzazione teoricometodologica.
Dal punto di vista epistemologico non si può ancora parlare quindi di modelli in senso proprio, quanto di modalità. Tali vanno considerate, ad esempio, l'ipertestualità e l'interattività. E la multimedialità in quanto tale, poi, a sua volta può essere interpretata, dal punto di vista cognitivo, come una modalità il cui aspetto più appariscente risiede nel ribaltamento del rapporto tra livello simbolicotestuale e livello percettivosensoriale.
Laddove i modelli di data base con le famiglie di software utilizzate (Data Base Management System, Object Oriented Data Base Management, Information Retrieval System) pur con diversi gradi di vincolo, rinviano a predefiniti concetti di organizzazione della conoscenza, quelli classici di gerarchia, linearità, centro e margine, le nuove modalità sembrano contrapporre i concetti di multilinearità, relazione semantica, nodo e rete.
Concepiti già da alcuni decenni questi ultimi devono la loro ultima dirompente fortuna alla diffusione tra gli utenti di sistemi di tipo personal delle interfacce grafiche e dell'interattività avanzata e soprattutto dall'essere la modalità prescelta dal Web.
Queste nuove tecnologie con i concetti che coinvolgono: ipertestualità, multimedialità, (attualmente si tende a parlare di ipermedialità, fondendo i due concetti), interattività, stanno rivoluzionando le metafore dello spazio e del tempo. In questa direzione si pensi, ad esempio, al concetto di cyberspazio, lo spazio virtuale creato dall'insieme dei siti e delle informazioni presenti in rete e che è già così articolato da suggerire la compilazione di veri e propri cyberatlanti (così come ha cercato di proporre, ad esempio, il sito Guggenheim per quanto riguarda la galassia culturale). Per quanto riguarda il tempo, invece, lo spostamento è dato soprattutto dal carattere di atemporalità dell'applicazione multimediale on-line, nel senso che quest'ultima non è legata ad un preciso momento di osservazione, come può esserlo, ad esempio, il risultato cartaceo di una ricerca congelato in un determinato, identificabile, momento della storia, di cui ci parla e a cui ci rimanda; al contrario, per il suo carattere dinamico e di continua trasformazione, una ricerca virtuale è diversa a seconda delle scelte momentanee dell'utilizzatore e quindi esiste solo in un rapporto interattivo con quest'ultimo e le sue selezioni.
Ma soprattutto tali metodologie stanno probabilmente trasformando le tecnologie dell'informazione, che si trovano ad essere non più solo tecnologie dell'elaborazione dati ma, principalmente, tecnologie della comunicazione.
Così l'ipertestualità ha aperto l'orizzonte a nuovi modelli organizzativi delle conoscenze, la multimedialità oltre ad ampliare notevolmente le possibilità documentarie offre nuovi e potenti metodi di accesso alle informazioni basati sulla straordinaria ricchezza e immediatezza dei segni iconici.
Elaborare una presentazione multimediale significa non solo stabilirne i contenuti e la loro organizzazione secondo un principio di successione lineare come nelle strutture classiche, ma pensarli in termini di struttura dinamica e di sistema, che è una prospettiva del tutto diversa.
Di più: multimediale significa che l'informazione è veicolata attraverso vari media o codici, senza rapporti di gerarchia fra di loro. Ciò significa che i codici non linguistici non sono solo delle integrazioni, quasi delle didascalie del codice scritto, ma sono nodi informativi altrettanto importanti e significativi.
Da parte di studiosi delle scienze cognitive (rimandiamo soprattutto alle ricerche di Francesco Antinucci) è stato rilevato come le nuove tecnologie - per le loro caratteristiche peculiari di prevalenza dell'immagine, interattività, interconnessione - stanno modificando sostanzialmente le nostre modalità di comunicazione, di apprendimento e di elaborazione delle conoscenze, da un livello "simbolicoricostruttivo" (quello della lingua scritta, dell'apprendimento tradizionale, per cui si studia un testo, lo si decodifica nei suoi simboli e lo si ricostruisce) nel quale l'operare cognitivo è basato esclusivamente su processi simbolici di tipo linguisticotestuale - le banche dati alfanumeriche, ad esempio -, ad un livello percettivomotorio nel quale il processo cognitivo utilizza in maniera fondamentale la percezione sensoriale soprattutto visiva (è un processo largamente inconscio, ma efficacissimo dal punto di vista dell'apprendimento e molto più naturale).
La diversa efficacia fra le due modalità può essere riassunta nella differenza che esiste fra l'imparare a usare un computer leggendone il manuale e imparare ad utilizzarlo accendendolo e "smanettando". Il vantaggio della modalità simbolicoricostruttiva era quello, fondamentale, di operare in assenza: opero sui simboli e non sugli oggetti reali e quindi non ho bisogno di vedere un quadro, un'architettura, una città, ma mi basta la loro descrizione. Questo vantaggio è annullato dalle nuove tecnologie, anch'esse in grado di applicare la percezione visiva e l'azione ad oggetti non solo assenti, ma inesistenti.
Questo vale per tutti i campi del sapere; in più nelle discipline archeologiche, ma anche storicoartistiche in senso lato, di grandissimo interesse risulta la possibilità, che esse favoriscono, di ricostruzione e ricollocazione contestuale dell'oggetto e della struttura, in maniera non solo descrittiva ma ostensiva. Si pensi, ad esempio, alle ricostruzioni in realtà virtuale di architetture e spazi urbanistici antichi, che al contrario di quelle di grafica tradizionale offrono la possibilità di restituire l'evoluzione nel tempo degli oggetti rappresentati. In questo senso l'ipermedialità fa sì che uno stesso oggetto o una stessa unità informativa o entità possa essere inserita in contesti semantici diversi anche in tempi successivi.
Ancora: un sistema ipermediale è fondamentalmente un sistema comunicativo trasparente, un sistema cioè in cui si mostra direttamente la struttura del campo di conoscenze che si vuole comunicare. Attraverso una struttura ipermediale diviene più agevole trasmettere non solo il risultato finale di una indagine, ma esplicitare in maniera enormemente più ampia il proprio percorso di ricerca e i passaggi intermedi.
In una struttura ipertestuale e interattiva in cui queste modalità siano sfruttate appieno, chi comunica, oltre ad esplicitare il proprio percorso di indagine, deve sforzarsi di pensare a possibili percorsi alternativi, o per lo meno lasciare aperte quante più porte possibili. Proprio quelle opportunità che, ad esempio, in fase di elaborazione erano state scartate e che, in questo modo, possono comunque essere proposte per altri ricercatori e per altri viaggiatori.
Si tratta come si vede di potenzialità di grande interesse, finora non ancora valutate in tutta la loro portata, anche dal punto di vista metodologico: certo la diffusione dei risultati è solo l'ultimo in ordine di tempo dei passaggi di una ricerca, ma impostarlo secondo modalità nuove non può non avere conseguenze anche sulle prime fasi della ricerca stessa.
I numerosi momenti di confronto e discussione che il corso ha contribuito a proporre, hanno sottolineato, d'altro canto, anche le molte aree di criticità che ancora permangono nell'uso di questi strumenti.
Così, ad esempio, da un lato queste modalità, potenziando notevolmente la componente della comunicazione, sembrano rinviare al problema ancora irrisolto praticamente dell'esistenza di basi di dati consistenti e coerenti come potenziali oggetti della comunicazione, mentre da un altro lato la complessità dal punto di vista logicosemantico di strutture di questo tipo sta convincendo la stessa computer science della opportunità di modelli di riferimento che aiutino a orientare e a organizzare.
Alla fase di apparente anarchia epistemologica, cui si è accennato, propria del momento di sperimentazione di queste nuove modalità, si va affiancando una fase di ripensamento metodologico che ha già prodotto alcune proposte. Così si comincia, anche per quanto riguarda le applicazioni multimediali e l'elaborazione dei siti Web, così come era avvenuto nei modelli di elaborazione delle banche dati, ad introdurre la bipartizione fra design concettuale e design logico.
In questa direzione, durante lo svolgimento del corso, è stata illustrata ed applicata una nuova metodologia elaborata dai ricercatori del Politecnico di Milano e adottata nel progetto della ristrutturazione del sito Web dell'IBC, in corso di realizzazione. L'HDM - Hypermedia design model rappresenta probabilmente più che un nuovo modello, un tentativo di sistematizzazione di modelli precedenti dell'IT secondo le nuove modalità e in un contesto rinnovato e arricchito.
Questo modello nasce infatti come adattamento dell'UML - Unified Modeling Language, lo strumento di ingegneria del software che costituisce uno dei più recenti e diffusi linguaggi di programmazione e vanta ormai numerose applicazioni nel settore dei beni culturali e più in generale in un'area umanistica.
Semplificando al massimo livello: nell'applicazione dell'HDM, dopo aver definito la struttura dell'applicazione identificando i principali oggetti, la loro struttura e le loro relazioni, se ne studia la dinamica descrivendone i passaggi di navigazione (il percorso per arrivare agli oggetti informativi e il comportamento di percorso per spostarsi da un oggetto all'altro), le possibilità di interazione (zoom di immagini, scorrimento, animazioni).
Il fine a cui tendono questi modelli o queste modalità, e per il quale rappresentano sicuramente strumenti potenzialmente ricchissimi, è quello di inserire gli stessi dati - uno stesso archivio di conoscenze - in sistemi di senso diversi. In questa direzione la tecnologia dell'informazione e della comunicazione si sta rivelando capace di compiere quello che Baudrillard ha chiamato il delitto perfetto, quello della simulazione che consiste nello scambiarsi dei segni fra loro senza alcun riferimento al reale.
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