Rivista "IBC" VIII, 2000, 4

Dossier: Misurare il tempo

musei e beni culturali, dossier /

L'esperienza degli artigiani

Nello Paolucci
[presidente dell'ARASS, Associazione per il restauro degli antichi strumenti scientifici - Brera (Milano)]

In queste pagine si vuole dare conto di un'esperienza molto particolare nel campo del restauro: si tratta della storia di un'associazione nata a Milano - l'ARASS, Associazione per il restauro degli antichi strumenti scientifici - Brera - che riunisce un gruppo di artigiani in pensione, ciascuno portatore di un patrimonio di conoscenza ed esperienza lavorativa molto qualificate. Come loro stessi raccontano nel testo che segue, attraverso questa associazione si sono create le condizioni perché ciascuno degli aderenti potesse continuare a lavorare mettendo a frutto le capacità acquisite nei molti anni di attività, perfezionandole e volgendole nella direzione del restauro.

Pubblichiamo anche, di seguito, un documento nel quale l'ARASS ha raccolto per punti il metodo e le regole che si debbono seguire, secondo la loro esperienza, per eseguire correttamente il restauro di uno strumento scientifico. Insieme a loro lo offriamo come base per una discussione su questi temi.

 

Nella prima metà degli anni Novanta un gruppo di pensionati iniziò un rapporto di collaborazione, senza scopo di lucro, con l'Istituto di fisica generale applicata dell'Università di Milano per il restauro degli antichi strumenti astronomici dell'Osservatorio astronomico di Brera, nell'ambito di un progetto redatto dallo stesso Istituto per il recupero e la valorizzazione del vasto patrimonio storicoscientifico. Ciascuno di loro, nel corso della propria vita lavorativa, aveva svolto un'attività artigianale specializzata: ottico, tornitore-attrezzista di meccanica fine, strumentista, orologiaio ed ebanista.

Dopo aver operato su una serie di strumenti piccoli e medi, verso la fine del 1996 iniziarono il restauro di un telescopio importantissimo per l'astronomia italiana. Si trattava di mettere mano ad uno strumento che era stato usato dal celebre astronomo Giovanni Virginio Schiaparelli e costruito dal famoso Georg Merz di Monaco di Baviera nel 1863-1864.

L'importanza di questo telescopio è data, in particolare, dal fatto che Schiaparelli a partire dall'anno 1877 fece una serie di osservazioni sul pianeta Marte e osservò l'esistenza di numerose linee oscure e dritte a forma di una rete complessa, alle quali venne dato il nome di canali. Questa ipotesi innescò un dibattito nella comunità scientifica italiana ed internazionale, dibattito che proseguì per vari decenni dando luogo a varie congetture anche molto fantasiose quali ad esempio la possibilità che il pianeta Marte potesse essere abitato da esseri intelligenti, che potevano aver costruito i canali.

Quando il gruppo di pensionati intraprese il restauro di questo strumento era ben consapevole della responsabilità che si assumeva. Essi ne studiarono attentamente tutte le funzioni, in assenza purtroppo dei disegni, mai ritrovati neppure presso gli archivi della Zeiss, che aveva rilevato la ditta Merz nei primi anni del Novecento. Per fortuna una descrizione sia pure sommaria dello stesso Schiaparelli ha fornito importanti informazioni.

Il restauro è stato portato a termine solo dopo due anni di intenso lavoro, ma il telescopio è ritornato a vedere le stelle. Molte sono state le difficoltà da superare in particolare per ricostruire i pezzi mancanti, che non dovevano essere arbitrari ma fedeli all'originale. Ciò ha comportato la necessità di una ricerca presso le istituzioni che possedevano strumenti analoghi dello stesso costruttore. Alla fine del 1998 il telescopio restaurato è stato presentato alle autorità accademiche ed al grande pubblico attraverso la stampa nonché al XVII International Scientific Instrument Symposium (Søro, Danimarca, 20-25 luglio 1998). Il consenso è stato unanime.

Quando è apparsa sui giornali la notizia di questo restauro funzionale eseguito dall'ARASS - Brera (nel frattempo costituitasi ufficialmente come ONLUS, Organizzazione non lucrativa di utilità sociale) l'eco ha prodotto una lunga serie di richieste di collaborazione da parte di varie istituzioni pubbliche, titolari di collezioni di antichi strumenti scientifici il cui grado di conservazione era molto compromesso. Abbiamo collaborato con la Facoltà di ingegneria dell'Università di Modena, il Liceo ginnasio Parini di Milano, la Biblioteca nazionale Braidense di Milano, l'Università di Genova, il Liceo ginnasio Beccaria di Milano, il Collegio Alberoni di Piacenza, l'Ufficio centrale per l'ecologia agraria del Ministero delle politiche agricole a Roma.

L'ARASS - Brera in questi due anni ha cercato di rispondere a tutte le richieste potenziando la sua struttura in termini di numero dei soci. Ora sono quindici persone, tutte rigorosamente pensionate, che prestano regolarmente la loro attività e costituiscono un patrimonio di esperienze nei vari campi del restauro attinenti agli strumenti scientifici, in particolare della meccanica fine, dell'orologeria meccanica, dell'ottica, dell'ebanisteria e dei manufatti cartacei antichi quali ad esempio globi celesti e terrestri, stampe.

In pochi anni è stata scoperta una risorsa di professionalità e di conoscenza a costi estremamente contenuti, che in passato era stata completamente ignorata. Ci auguriamo che questa nostra esperienza possa essere esportata anche in altre realtà del nostro paese.

 

Elementi di discussione sui criteri di restauro degli strumenti scientifici

ARASS - Brera

Note generali dei principi di riferimento che caratterizzano l'attività dell'Associazione per il restauro degli antichi strumenti scientifici - Brera negli interventi che le vengono affidati dalle istituzioni pubbliche.

1) Per essere un buon restauratore di strumenti scientifici occorre possedere la vocazione ma anche molta curiosità, riflessione, pazienza, dedizione, impegno nella consultazione di testi in materia e abilità manuale.

Quando s'intraprende l'opera di un restauro, in particolare se si tratta di uno strumento scientifico, il buon restauratore è colui che provvede, prima di ogni altra cosa a conoscere:

- il contesto storico e culturale dell'epoca in cui lo strumento scientifico è stato costruito

- metodi di progettazione, tecniche e tecnologie di costruzione

- processi

- materie prime, attrezzature e materiali di supporto

- funzioni, funzionalità delle singole parti e dell'intero strumento

- condizioni di utilizzo nel passato

- eventuali modifiche, integrazioni, danni procurati allo strumento scientifico durante la sua storia.

La conoscenza è ancora più importante quando si ha di fronte uno strumento scientifico di cui non si conosce l'origine, il costruttore e la data di costruzione. In questo caso la ricerca d'archivio, la conoscenza di tipologie strumentali, metodi e materiali di più epoche diventa "parte" dell'opera di restauro, assolutamente preliminare anche solo al "progetto" di restauro.

2) Il restauro si distingue per vari aspetti dalla riparazione; restaurare significa riportare uno strumento scientifico nel limite del possibile allo stato in cui si trovava all'epoca della sua costruzione. Non si debbono però mai cancellare i segni della storia se questi non pregiudicano la funzionalità e la sua solidità. Quando il restauro funzionale non è più possibile si ripiega nel restauro conservativo. Nel lavoro di restauro pertanto la cautela è una virtù; ogni intervento deve essere meditato e motivato adeguatamente per evitare che possano essere prodotti danni irreparabili.

Nel campo degli strumenti scientifici è frequente la presenza di materiali molto diversi fra loro e con funzioni molto specifiche; ciò rende il lavoro di restauro più complesso perché richiede una competenza più ampia.

3) Nel restauro l'etica professionale è indispensabile, sia quando si deve intervenire in strumenti scientifici di proprietà pubblica, sia se essi sono di proprietà privata. Purtroppo in questo ultimo caso accade spesso che a prevalere siano le esigenze di mercato. Tali esigenze mettono in serio pericolo l'autenticità degli strumenti scientifici che subiscono pesanti alterazioni.

Anche per questi motivi l'ARASS non è disponibile ad assumere incarichi di restauro da parte dei privati.

4) Dopo aver esaminato molto attentamente e fotografato in ogni sua parte lo strumento scientifico interessato al restauro si procede con molta pazienza e attenzione allo smontaggio di tutte le parti che lo compongono. Ogni singolo pezzo deve essere identificato e catalogato. Si procede poi alla verifica di tutti i movimenti meccanici, ove è necessario si fanno rettifiche e regolazioni, per ridare al movimento stesso il suo giusto funzionamento al massimo grado possibile.

5) Al termine di qualsiasi intervento di restauro si deve sempre redigere una "scheda di lavoro", la quale deve riportare: tutte le notizie tecniche e storiche dello strumento scientifico, i lavori fatti, i materiali e i prodotti usati. La scheda deve essere accompagnata da una adeguata documentazione fotografica che evidenzia: lo stato dell'oggetto prima dell'intervento, nel corso dei lavori (per mostrare i particolari delle parti smontate), le fasi del montaggio e il lavoro finito.

6) Il restauratore deve sempre badare a salvare i pezzi originali funzionanti, anche quando sono molto danneggiati, così anche per le lacche e i bagni protettivi originali ancora esistenti sia pure in percentuali ridotte rispetto alla totalità della superficie interessata.

7) I pezzi mancanti, se necessari al funzionamento, debbono essere ricostruiti con lo stesso materiale, debbono avere la stessa forma e lo stesso stile. Per una buona riuscita in questo intento è necessario documentarsi in modo esauriente con ricerche bibliografiche e pubblicazioni sull'argomento. Se queste notizie non fossero sufficienti, è necessario vedere strumenti analoghi dello stesso costruttore. Non deve mai accadere che si realizzino pezzi in modo arbitrario.

8) Tutte le parti ricostruite vanno rigorosamente segnalate, con punzoni se si tratta di parti metalliche o con targhette se si tratta di parti in legno, che riportano il nome del restauratore e l'anno del restauro, in modo che ad un attento esame esse siano facilmente identificate.

9) Spesso quando si affrontano restauri di strumenti scientifici si trovano segni di precedenti interventi o di riparazioni, eseguiti in modo palesemente approssimativo. In questi casi si devono rimuovere il materiale, le tinte, le viti, ecc. del precedente "restauro" e ricostruire le parti come erano in origine.

10) Nei casi in cui si trovano pezzi importanti e complessi di strumenti scientifici, deformati da sollecitazioni accidentali o manomessi, si deve tendere ad un recupero delle funzioni usando strumenti adeguati, senza mai perdere di vista il rischio di danneggiare irreparabilmente il pezzo.

Quindi in alcuni casi è preferibile un recupero parziale della funzionalità piuttosto di fare operazioni troppo azzardate che possono mettere in forse l'integrità dello stesso oggetto. È opportuno astenersi da interventi pericolosi: oltre che per motivi di salvaguardia, anche perché può sempre accadere che la soluzione sia resa possibile in futuro da nuove tecnologie.

11) Le viti, sia per il legno che per i metalli, vanno esaminate con grande scrupolo; si eliminano solo quando non sono più in grado di assolvere al proprio compito di tenuta. Solo allora vanno considerate definitivamente perdute. Le nuove viti debbono avere le stesse caratteristiche delle precedenti, sia come metallo, che come forma e filetto. Ciò vuol dire che il più delle volte vanno ricostruite a mano.

12) Il lavoro di restauro richiede la massima concentrazione, estrema precisione e una rigorosa severità nel rispetto di tutte quelle regole che costituiscono la base fondamentale del restauro stesso. I tempi di restauro non si possono mai calcolare prima di cominciare il lavoro. Questa è una norma che si deve tenere sempre presente.

13) Molto lavoro di restauro deve essere eseguito a mano, in quanto la maggioranza degli strumenti scientifici antichi fu costruita in questo modo: le macchine furono impiegate per la costruzione di strumenti scientifici o di parte di essi solo a partire dai primi decenni del diciannovesimo secolo. Ciò presuppone una notevole manualità ed una esperienza acquisita attraverso numerosi anni di pratica quotidiana.

14) Si deve sempre tenere presente che i costruttori di strumenti scientifici dei secoli scorsi usavano tutte le libertà di inventare e di sviluppare idee nuove. Il restauratore, invece, deve imitare fin dai più piccoli dettagli i singoli pezzi degli strumenti scientifici nella loro creazione. Deve sapere e capire le possibilità tecnologiche esistenti all'epoca, quindi costruire gli arnesi adatti e dotarsi degli stessi materiali che si usavano allora, deve immergersi cioè profondamente nell'atmosfera di quel tempo.

15) Può accadere di constatare che il costruttore di uno strumento scientifico abbia sopravvalutato la capacità di resistenza di un singolo organo dimostratosi poi, nel corso della sua storia funzionale, inadeguato o soggetto a frequenti rotture. In questi casi il buon restauratore deve saper individuare e "rispettare" gli eventuali difetti di costruzione dello strumento scientifico.

16) I restauratori devono viaggiare molto per partecipare a simposi di studio, confronti sulla materia, visitare esposizioni e musei in tutto il mondo al fine di arricchire e curare i propri interessi professionali.

Anche se nei musei e nelle esposizioni non si può vedere l'interno di un oggetto tuttavia l'osservazione dell'originale aiuta ad approfondire la loro conoscenza più che vedere una fotografia in un catalogo.

17) Infine - non perché sia meno importante, anzi è fondamentale - non si deve mai eseguire il restauro di uno strumento scientifico senza prima essersi consultati per uno scambio di notizie sull'oggetto interessato con uno studioso, in particolare uno storico della scienza o in generale una persona interessata alla valorizzazione di questo settore culturale importantissimo. Il nostro paese possiede un considerevole patrimonio di strumenti scientifici antichi che ancora deve essere adeguatamente valorizzato, fatto conoscere e quindi salvaguardato perché appartiene a tutta l'umanità.

 

Dicembre 1998

 

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