Rivista "IBC" VIII, 2000, 3

musei e beni culturali / mostre e rassegne, pubblicazioni, storie e personaggi

Un enigma bolognese

Isabella Fabbri
[IBC]

Fra i molti enigmi bolognesi (essendo Bologna città niente affatto solare ed estroversa come si potrebbe credere ad un primo impatto) ce ne è almeno uno lieve e sorridente, che non riguarda la cronaca, ma che ci riporta indietro nel tempo, ai giochi di società e ai divertimenti delle elite intellettuali del Cinquecento, riunite in Accademie e "allegre compagnie".

Ci riferiamo alla (falsa) iscrizione sepolcrale dedicata da un immaginario Lucio Agatho Priscius ad una misteriosa "Aelia Laelia Crispis" che viene così descritta: "Né uomo, né donna, né androgino / né bambina, né giovane, né vecchia / né casta, né meretrice, né pudica / ma tutto questo assieme. / Uccisa né dalla fame, né dal ferro, né dal veleno / ma da tutte queste cose assieme. / Né in cielo, né nell'acqua, né in terra / ma ovunque giace". A sua volta l'autore della dedica Lucio Agatho Priscius non è "né marito, né amante, né parente / né triste, né lieto, né piangente" e così via.

Sappiamo che la lapide venne fatta incidere presumibilmente intorno al 1550 da Achille Volta appartenente a una famiglia senatoria bolognese e gran maestro dell'Ordine dei cavalieri gaudenti e che fu originariamente collocata nel giardino della villa di campagna del Volta a Casaralta. Divenuta col tempo illeggibile venne fatta ricopiare nel secolo successivo e la copia è ora conservata presso il lapidario del Museo medievale di Bologna. Il gentiluomo bolognese non era però l'inventore del testo, che già circolava in versioni simili negli ambienti delle Accademie romane, ma si era limitato a riprodurlo, tornato da Roma, per il piacere di amici e visitatori.

Un piacere condiviso e duraturo: l'enigma che si compone nel gioco stretto delle negazioni e dei contrari "né uomo, né donna, né androgino" ha attirato infatti sulla lapide un'attenzione che non è mai venuta meno e ha prodotto una fioritura di interpretazioni - filosofiche, esoteriche, alchimistiche - che si è protratta fino alla metà dell'Ottocento. Se il letterato Emanuele Tesauro poteva scrivere con seicentesca esagerazione che la visita alla "pietra" "sarebbe bastata da sola alla fama di Bologna", ancora nell'Ottocento il mistero presumibilmente custodito dall'apparente nonsenso del testo attirava la curiosità e gli sforzi interpretativi di viaggiatori e scrittori come Walter Scott e Gerard De Nerval.

Era quindi quasi doveroso che tra le manifestazioni di "Bologna città europea della cultura" ci fosse posto anche per la misteriosa Aelia Laelia Crispis, curioso reperto storico, ma soprattutto secolare "esperimento psicologico" sui meccanismi di fascinazione della mente umana. A lei e alle sue molte vite parallele il Comitato per "Bologna 2000" e i Musei civici di arte antica hanno dedicato una mostra - allestita fino al 17 settembre presso il Museo civico medievale - e una pubblicazione edita da Costa, entrambe curate con grande competenza da Franco Bacchelli.

Mostra e libro sono comunque solo le prime tappe di un progetto ambizioso che prevede, tra l'altro, un convegno di studi (a Bologna, il 2 dicembre, presso l'Oratorio di San Filippo Neri) e la pubblicazione di una raccolta di racconti originali, opera di giallisti della scuola bolognese, ma non solo, ovviamente ispirati all'enigma.

 

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