Rivista "IBC" XXVIII, 2020, 1

Dossier: CRATERI. Rigenerare il territorio

territorio e beni architettonici-ambientali, dossier / leggi e politiche, progetti e realizzazioni

Mediare tra comunità e istituzioni

Nicola Marzot
[Studio PERFORMA A+U]

Il progetto CRATERI nasce in risposta al bando ideato e promosso dall’Istituto Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna: obiettivo del bando era identificare criteri, metodi e strumenti innovativi di valorizzazione e catalogazione del patrimonio culturale, materiale e immateriale, in relazione ai principi espressi dalla nuova Legge regionale dell’Emilia-Romagna in materia di uso del suolo, n.° 24 del 2017.
In particolare, si faceva diretto riferimento agli artt. 15 e 16 del testo, riguardanti rispettivamente l’“Albo degli immobili da destinarsi alla rigenerazione urbana” e gli “Usi temporanei”.
Con il progetto Crateri si è inquadrato il bando il progetto all’interno di una più generale riflessione critica sui processi di rigenerazione, urbana e umana, nella misura in cui quest’ultima implica la mutua collaborazione tra una pluralità di soggetti, istituzionali e non, che rivendicano un ruolo nella gestione del patrimonio, con cui interagiscono, e i suoi caratteri distintivi.

In tal senso, il criterio adottato, su cui si articola l’intero lavoro svolto, presuppone l’identificabilità, attraverso lo sviluppo del processo rigenerativo, del cosiddetto “potenziale di comunità”. L’assunto di partenza è infatti quello che la fragilità strutturale del contesto territoriale oggetto di indagine, - il cratere modenese, a seguito dei traumi derivanti dal sisma del 2012 -, restituisca un’immagine ampiamente rappresentativa di un più generale sconvolgimento derivante dall’effetto combinato della crisi finanziaria del 2007 e di quella sanitaria del 2020, che hanno destabilizzato, financo a reciderli, i legami convenzionali su cui è costruita la realtà sociale.
Tutto ciò premesso, pare legittimo affermare che il riconoscimento del valore del patrimonio, mobiliare e immobiliare, non possa essere più fondato su un presunto valore storico-testimoniale, la cui perdita sia eventualmente risarcita dalla disciplina del restauro, agita per nome e per conto delle Istituzioni, attraverso i suoi strumenti convenzionali. Al contrario, tale riconoscimento deve presupporre un nuovo parametro di valutazione che tenga in considerazione la capacità dello stesso patrimonio, oggetto di trasformazione condivisa, di innescare processi virtuosi, che coinvolgano ampi strati della società civile — sul piano economico, sociale, politico e culturale — così da riattivare efficacemente il processo di ricostruzione dei legami di comunità che la crisi ha portato a esaurimento, liberando quindi le energie creative trattenute.

Tale innovativo approccio metodologico e d’intervento si colloca all’interno di un più generale generale ripensamento delle infrastrutture territoriali; là dove le reti “estese”, promosse dai processi di globalizzazione, si confermano sempre più fragili, in quanto eccezionalmente onerose da finanziare, realizzare e gestire, quelle cosiddette “corte” vengono avvantaggiate richiedendo minori investimenti e garantendo una reazione più tempestiva a fronte di scenari programmaticamente instabili e in continuo mutamento.
A tal fine il progetto Crateri privilegia quel patrimonio che si mostri ancora oggetto di vive istanze di rivendicazione da parte di espressioni maggioritarie della società civile, a conferma di possibili nuove attribuzioni di significato, per quanto ad oggi emarginato dall’orizzonte di riferimento della coscienza collettiva, a causa del profondo sconvolgimento generato dal terremoto.
In tal senso, va ricordato come il processo di ricostruzione post-sisma pare non abbia tenuto conto della reciproca implicazione tra aspetti spaziali e socio-culturali, avendoli trattati separatamente, con la conseguenza di non aver consentito in tal modo il perseguimento di interessi collettivi.

Il progetto Crateri ha inteso risarcire tale lacuna, di metodo e di merito, per altro (peraltro condivisa da cittadini e istituzioni locali), sperimentando sul campo le premesse necessarie al processo di rigenerazione. Attraverso una preliminare fase di mappatura di oggetti e soggetti, sono stati identificatoi i potenziali protagonisti del processo rigenerativo, ovvero gli attori; questi sono stati successivamente coinvolti attraverso mirate azioni di comunità — pubblicazione di call, divulgazione sui social media, interviste e attività formative —, nella costruzione di un dialogo tra le parti, ricorrendo a laboratori partecipati, capaci di coniugare, secondo modalità aperte e non convenzionali, l’incontro e l’interazione tra i diversi interessi.

Tali laboratori hanno visto ampia partecipazione della cittadinanza e, in modo particolare, dell’associazionismo locale, facendo emergere permettendo, tra l’altro, la necessità di un lavoro di coordinamento tra le parti che dando voce alle diverse istanze espresse, le traduca in azioni progettuali condivise: un insieme di processi che il gruppo dei ricercatori ha definito dicome attivazione territoriale. La figura professionale corrispondente, già riconosciuta dal Clust_ER BUILT della Regione come priorità strategica da formare e promuovere attraverso opportune iniziative ( 1), non esaurisce tuttavia i compiti del processo rigenerativo.

I tempi richiesti dal bando, infatti, non hanno consentito di completarne il ciclo, che prevede la necessità di sviluppare specifiche azionidi riattivazione degli immobili abbandonati, capaci di produrre attività concrete, sotto forma di eventi temporanei e iniziative più stabili. Solo in questo modo risulterà possibile valutare l’efficacia delle misure intraprese per la valorizzazione del patrimonio in stato di abbandono.

Pertanto, il gruppo responsabile del progetto, unitamente al soggetto ideatore e promotore del bando, si auspicano che sia possibile, soprattutto in relazione alla delicata congiuntura che si sta attraversando, e con il sostegno delle istituzioni preposte, completare il percorso sperimentale già avviato, reperendo a tal fine le opportune risorse. Se infatti, come già ricordato, lo scopo prioritario del lavoro è stato quello di consentire l’espressione di un giudizio di valore sul patrimonio, materiale e immateriale, fondato sulla capacità di coinvolgere, attraverso la sua riattivazione, uno spettro ampio e articolato di interessi, e i relativi portatori, l’emergenza economica e occupazionale generata dal coronavirus renderà tale aspettativa sempre più stringente e non differibile.

 

1 Questa nuova professionalità viene presentata ufficialmente alle istituzioni il 19 Ottobre 2018, nell’ambito di una iniziativa dal titolo “L’innovazione urbana nel Piano d’Azione Clust-ER BUILD”, promossa dal Clust-ER BUILD della Regione Emilia-Romagna presso il SAIE di Bologna e curata dal sottoscritto per conto del TEKNEHUB dell’Università di Ferrara. La presentazione di Werther Albertazzi risulta apprezzata a un punto tale che il presidente del Clust-ER, arch. Marcello Balzani, che modera l’intervento, la inserisce nel FORUM FORMAZIONE programmato per il 6 Novembre 2018 a Bologna, presentandolo ai soci come potenziale priorità strategica per il 2019. La figura dell’ATTIVATORE viene ufficialmente candidata a diventare priorità programmatica, presente lo stesso Albertazzi alla sua ufficializzazione, al successivo Forum Formazione, indetto il 17 Gennaio 2019 presso la sede della Federazione Regionale degli Architetti. Da questo momento l’attivatore territoriale entra a pieno titolo nell’agenda regionale quale nuova professionalità da promuovere con mirate azioni formative.

  

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