Rivista "IBC" XXVII, 2019, 4

Dossier: Esplorazioni sul patrimonio culturale in Europa

Gestione del patrimonio e coinvolgimento del pubblico

Márcia Lika Hattori
[Ricercatore presso Institute of Heritage Sciences (Incipit CSIC)]
Nermin Elsherif
[Ricercatore presso Università di Amsterdam]
Anne Beeksma
[Ricercatore presso Institute of Heritage Sciences (Incipit CSIC)]

Quest’area di ricerca intende contribuire ad una migliore comprensione dei processi coinvolti nella costruzione, appropriazione e utilizzo del patrimonio. I tre progetti sviluppati esplorano il patrimonio come fenomeno sociale connesso a concetti come cittadinanza, partecipazione e politica.  In che modo il concetto di cittadinanza si collega alla tensione e all'ambiguità esistenti tra il principio dell'uguaglianza che è implicita nell'idea di cittadinanza e le disuguaglianze che caratterizzano l’odierna società capitalista? E come possiamo, in questa prospettiva, concettualizzare il rapporto tra cittadinanza e patrimonio? Il patrimonio può essere collegato alla cittadinanza in diversi modi. Da un lato, il suo potenziale rappresentativo gli attribuisce un ruolo di strumento di liberazione ed emancipazione per quanto riguarda gruppi minoritari che cercano esplicita inclusione in quello che Laurajane Smith ha definito l’Authorized Heritage Discourse (AHD, Discorso Autorizzato sul Patrimonio) o per creare narrazioni e istituzioni autonome (Abreu 2013). Come tale, il patrimonio culturale può aiutare le persone a far valere il proprio diritto di cittadinanza. D’altra parte, però, nell’AHD, il patrimonio funziona come un regime di conoscenza (Bendix 2012, Coombe 2015) che limita l'accesso a pochi, rappresentando su scala locale, nazionale o internazionale, membri specifici della società ed escludendone altri. Il patrimonio, quindi, può sia consentire che limitare l'accesso alla cittadinanza, a seconda del contesto. Sebbene la partecipazione sia spesso considerata un concetto promettente laddove sia presente la percezione di un fallimento della democrazia, il suo inserimento nelle politiche del patrimonio ha avuto scarso successo dal punto di vista dell’emancipazione. La partecipazione non è ‘innocente’ e può essere usata per riaffermare i regimi esistenti nell’ambito del patrimonio (Cort é s-Vá zquez, Jim é nez-Esquinas e Sánchez-Carretero 2017). Il ruolo recentemente acquisito nel discorso politico rischia di trasformarla in un ingranaggio utile a perpetuare le modalità di funzionamento della macchina del patrimonio. I tre progetti di quest’ambito di ricerca si riconnettono, ciascuno con le proprie specificità, a questo concetto.

Archeologia forense e appropriazione del patrimonio traumatico
Márcia Lika Hattori

La ricerca esplora l'idea di ‘omissione’ come tecnologia di Stato e l'uso della burocrazia e dei suoi apparati come tecnologie di scomparsa di corpi durante l'ultima dittatura in Brasile ed esamina il perdurare di strategie simili in un contesto neoliberista.
Dal punto di vista del patrimonio, lo studio intende svelare il significato delle politiche pubbliche relative ai siti di memoria e comprendere le nozioni concettuali che circondano la ‘non esistenza’ delle persone, in relazione a quei brasiliani che erano considerati irrilevanti in vita e dopo la morte, uomini la cui esistenza era percepita come non degna di lutto. Per svolgere questa ricerca, è stato analizzato il trattamento dei corpi senza nome (NN) da parte di diverse istituzioni e, in particolare, in che modo la burocrazia utilizza l'omissione per far scomparire corpi che non contano. Un esempio è la non descrizione degli abiti e degli accessori relativi ai cadaveri. Per quanto riguarda il periodo democratico, la ricerca cerca di indagare come la politica neoliberista, la violenza di Stato e la burocrazia diventino evidenti in un'istituzione quale è il cimitero e, attraverso l’analisi dell’omissione nell’amministrazione cimiteriale, come siano mantenute determinate strategie del periodo dittatoriale.

Immaginari sociotecnici di un passato moderno
Nermin Elsheri

La ricerca indaga l'ampia diffusione di immagini vintage su Facebook raffiguranti la vita sociale in Egitto tra il 1900 e il 1970 ed esplora come la classe media egiziana mobiliti il passato online per negoziare le proprie identità nel presente. Più specificamente, lo studio si concentra sulle comunità online coinvolte nella riproduzione di particolari narrazioni del passato, "al-zamman al-gamīl" o "i bei vecchi tempi" in Egitto, un costrutto sociale inafferrabile che merita un'indagine data l'attuale situazione politica oppressiva e la costante violenza di Stato esercitata dal 2013. Lo studio si colloca a cavallo degli studi scientifici, tecnologici e sociali esplorando come gli immaginari sociali del passato siano coprodotti attraverso le tecnologie e come il s é venga prodotto in relazione alla rete nell'era dei social media. Il concetto di "immaginario sociotecnico" di Jasanoff aiuta a capire quanto particolari immaginari del passato sono coprodotti online e come l'immaginazione in quanto pratica sociale è governata e costruita da opportunità politiche e tecnologiche. Jasanoff descrive gli immaginari sociotecnici  come strumenti per "sostenere collettivamente, stabilizzare istituzionalmente visioni pubbliche di futuri desiderabili, animati da comprensioni condivise di forme di vita e ordine sociale e raggiungibili attraverso i progressi della scienza e della tecnologia" (Jasanoff 2015, 15).
Mentre questo autore mostra come i grandi leader hanno impiegato la scienza e la tecnologia per diffondere e attuare le loro visioni di un ordine sociale desiderato per il futuro, in questa ricerca viene esplorato come chi non ha i mezzi per cambiare il futuro, usa le tecnologie per riprodurre un ordine sociale desiderato dal passato. In sintesi, questo studio mira ad elaborare una teoria  sugli immaginari sociotecnici di chi è espropriato e come il passato e le sue "immagini" diventano una risorsa per questi ultimi per negoziare le loro identità. 

Participatory heritage in a changing Dutch neighborhood
Anne Beeksma

Attraverso l’uso di dati etnografici, questo progetto di ricerca analizza un caso di studio sul patrimonio partecipativo nel quartiere in rapida evoluzione di Katendrecht, nei Paesi Bassi: il Verhalenhuis Belv é dere o Centro per il Patrimonio Culturale Intangibile. Prendendo come punto di partenza l'approccio di Susana Narotzky all'antropologia - che consiste nell’analizzare le esperienze a carattere locale come prova della trasformazione della società su scala nazionale o addirittura globale (Narotzky 2016) - questo studio collega i risultati del lavoro sul campo a Katendrecht ai più generali sviluppi  socio-economici, osservando ad esempio le connessioni tra patrimonio/imprenditorialità, patrimonio/ gentrificazione. Illustrando come recentemente il Centro, che è permanentemente in costruzione, sia stato incluso come "best practice" nel discorso sull'elaborazione delle politiche del patrimonio nazionale olandese, questa ricerca intende contribuire al dibattito contemporaneo analizzando la recente incorporazione della partecipazione nel processo di patrimonializzazione. Osservando le diverse scale  - locale e nazionale - su cui opera questa organizzazione, è possibile distinguere diversi approcci alla partecipazione all'interno della stessa organizzazione. Sebbene il Centro sia ampiamente sostenuto da dipendenti volontari, il nucleo centrale della gestione, responsabile del processo decisionale a tutti i livelli è affidato a “imprenditori del patrimonio”. Quando si analizza il modello di business a supporto dell'organizzazione, diventa chiaro che la partecipazione non si limita a fornire al centro il prodotto di base del patrimonio culturale - le storie di migrazione da e verso Rotterdam - ma anche una legittimazione della sua percezione come "storia di successo" del patrimonio partecipativo, che a sua volta fornisce al centro una delle  principali fonti di reddito: i clienti dell’amministrazione governativa che visitano il centro per organizzare opportunità di formazione "partecipative" per il proprio personale.

Conclusioni

Il collegamento tra questi progetti estremamente diversi qui illustrati, consiste nel tentativo di analisi critica dei processi e degli usi del patrimonio per l’emersione di una conoscenza che altrimenti poco visibile . these vastly different projects presented here lies in the efforts they make to critically analyze processes and uses of heritage to bring forth knowledge that might otherwise remain out of sight. Modalità d’uso del patrimonio che dall'esterno potrebbero sembrare semplicemente “naturali”, vengono così sviscerate e, in questo modo, si riesce ad evidenziare le interconnessioni tra patrimonio, cittadinanza, partecipazione, e in generale politica ed economia. Seppure queste ricerche non sono in grado di offrire raccomandazioni chiare su future politiche di gestione del patrimonio, stimolano però il richiamo al principio di precauzione e ad una consapevolezza critica del potere del patrimonio.

Riferimenti bibliografici

Abreu, R. 2013, The Peoples of Oiapoque and the Kuahí Museum, “Vibrant”, n. 10 (1), p. 424.
Bendix, R., Eggert, A. & Peselmann, A. (eds.) 2012. Heritage Regimes and the State, Göttingen: Universitätsverlag Göttingen.
Cortés-Vázquez, J., Jiménez-Esquinas, G. & Sánchez-Carretero, C. 2017, Heritage and participatory governance: An analysis of political strategies and social fractures in Spain , “Anthropology Today”, n. 33 (1), pp. 15-18.
Coombe, R. and Weiss, L. 2015, Neoliberalism, Heritage Regimes, and Cultural Rights , in Meskell L. (ed.) Global Heritage: A reader , Hoboken: Wiley-Blackwell, pp. 43-69.
Jasanoff, S. 2015, Imagined and Invented Worlds , in Jasanoff, S. & Sang-Hyun, K. (eds.) Dreamscapes of Modernity: Sociotechnical Imaginaries and the Fabrication of Power , Chicago: University of Chicago Press, pp. 321-342.
Narotzky, S. 2016, Between inequality and injustice: dignity as a motive for mobilization during the crisis , “History and Anthropology”, n. 27 (1), pp. 74-92.

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