Rivista "IBC" XXVII, 2019, 1

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / editoriali

Ricordando il fondatore dell'IBC.
Andrea Emiliani

Roberto Balzani
[Presidente IBC]

La scomparsa di Andrea Emiliani ha privato l’IBC del suo fondatore. Ne raccontava egli stesso la genesi in questi termini, non molti anni or sono:

“Nell’anno 1974 il primo presidente della Regione [Emilia-Romagna], Guido Fanti, valutò positivamente e anzi incoraggiò molto la discussione che era in corso tra noi, e cioè tra Pier Luigi Cervellati, Giuseppe Guglielmi, Lucio Gambi e chi scrive. In anni precedenti, mentre Fanti e Cervellati varavano il piano per la collina e il centro storico di Bologna, esattamente nel 1969, io come giovane ispettore delle vecchie Belle Arti avevo messo in piedi una specie di convegno itinerante di giovani che periodicamente si avventuravano sulla montagna bolognese. Il compito era, secondo la nostra parola d’ordine, ‘conoscere per conservare’, e
anche il suo rovescio ‘conservare per conoscere’. Si trattava, naturalmente, del patrimonio della memoria storica e artistica, nonché della cultura delle comunità. La formazione dei Comprensori come organismi di una politica di piano era in corso, e anche quella dei Consorzi di Pubblica Lettura. Senza distinzioni politiche o di appartenenza ideologica abbiamo camminato molto per l’Appennino. In realtà, il fine di questi nostri itinerari era quello che, come farà in modo molto più serio l’IBC, ci garantiva la conoscenza dei
problemi dei beni culturali (e cioè dei veri capitali di comunità e di libero possesso pubblico): i boschi, le antiche bellissime architetture, i fiumi, il patrimonio delle chiese parrocchiali sparse sulle strade
di vetta, antiche vie di comunicazione. E soprattutto il paesaggio come massimo patrimonio di ognuno di noi. Dalla cultura libera di quegli anni, e con l’attenzione rivolta ad un bene comunitario e collettivo come sono i beni culturali, nacque molto forte l’IBC, con uno statuto pubblicato dall’editore Einaudi, che
si proponeva di fornire consulenza e collaborazione alle giunte comunali di tutta l’Emilia per ogni necessaria conoscenza dei problemi. Fu un sogno, com’è facile immaginare, il compito era immenso. Però
l’iniziativa di molti amministratori si alleò a queste possibilità”.

Andrea, protagonista della stagione in cui le Regioni a statuto ordinario, da poco costituite, strutturavano una propria identità, aveva immaginato per l’Emilia-Romagna una funzione pilota. Nel 1973 era uscito il volume della Storia d’Italia Einaudi ( I documenti, in due tomi) nel quale tanto Emiliani quanto Lucio Gambi avevano presentato la loro lettura prospettica della vicenda nazionale a partire dal basso, dallo spazio degli insediamenti e del lavoro agricolo, recuperando le radici illuministiche e cattaneane di un’Italia “dalle molte radici”. Ma non mancavano, sempre in quel libro, i saggi di Zangheri sui catasti e di Bellettini sulla demografia. Un momento magico per la cultura regionale, dunque. Essa avrebbe dovuto, quando ancora a Roma non esisteva un Ministero per i beni culturali, influire sulla politica per dar vita ad un Istituto apposito, in grado non solo di dedicarsi al censimento del patrimonio in mano agli enti locali e alla sua conservazione, ma anche all’allargamento della platea stessa dei “beni culturali” oggetto di analisi e di tutela. Così avvenne. D’accordo con Gambi, Emiliani volse quindi lo sguardo al territorio, alle tracce di civiltà restituite dalle arti cosiddette minori non meno che dalle cuspidi della grande tradizione artistica; alle emergenze architettoniche dei borghi e della collina in via di abbandono così come al tessuto dei centri storici. Un’attenzione continua, permanente, tenace allo spazio antropico sedimentatosi in manufatti che col tempo avevano mutato statuto, trasferendosi dall’attività umana ad una memoria culturale da salvare e difendere: questo Andrea ha insegnato a tutti noi.

C’era poi l’aspetto amministrativo della professione; e qui Andrea ha sempre guardato all’età rivoluzionaria e napoleonica come al momento seminale della figura del funzionario delle “belle arti”, dotato di una legittimità proveniente non solo dalle competenze, ma da un ruolo pubblico, ben distinto da quello del collezionista, dell’erudito, del brillante dilettante. La fusione di queste due anime, nella Francia d’inizio Ottocento e nell’Italia giolittiana, un secolo dopo, avrebbe permesso di attribuire al patrimonio una funzione civile alta, nazionale, trascendente i pur importanti ancoraggi alle tante storie delle piccole patrie. L’Istituto del 1974 avrebbe dovuto fungere da ponte fra questi due punti di vista: quello plurale delle “cento città” e quello statal-nazionale, che rischiava ai suoi occhi di restare ingessato nella gabbia ufficial-burocratica dei ministeri romani.

L’IBC, che la Regione Emilia-Romagna considera tuttora un elemento peculiare del proprio assetto istituzionale, rimasta struttura anticipatrice e visionaria peraltro unica in Italia, ha sempre conservato con il suo fondatore un legame di affetto e di riconoscenza profondo; maestro, amico, educatore nell’accezione più alta del termine, suggeritore, consigliere, animatore, polemista: Andrea Emiliani, per quelli che hanno lavorato e che lavorano in IBC è stato tutto questo e molto di più. Ciascuno di noi ha con lui un debito personale; ciascuno gli deve qualcosa di speciale. Perché da quella grande fucina intellettuale che era la sua mente, intere generazioni di docenti, ricercatori, funzionari hanno attinto una sensibilità verso i beni culturali, che con orgoglio oggi possiamo rivendicare – grazie alla sua presenza attiva e partecipe - alla nostra terra. Uomo d’altri tempi, di strepitosa erudizione, d’infiniti interessi storico-artistici e di solida educazione classica, eppure aperto alle tecniche e alle innovazioni, Andrea ha attraversato un lungo tratto della storia del nostro Paese, imprimendovi, sotto il profilo culturale, un segno indelebile. Lascia agli italiani che hanno a cuore il nostro patrimonio un’eredità immensa e una grande responsabilità morale.

In copertina: Sissi Cesira Roselli, Archeologia scolastica, 2014 (particolare)

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