Rivista "IBC" XXVI, 2018, 4
Dossier: Progetto MUSA. Nuove tecnologie e nuovi ruoli nei musei
musei e beni culturali, dossier /
Per progettare esperienze educative con le tecnologie serve un po’ di curiosità e un po’ di giocosità.
La curiosità ci aiuta a fare ricerca, a precisare le domande, a rimanere sospesi nell’incertezza: come da tradizione, le migliori idee arrivano quando non le cerchi e nella società tecnologica è possibile trovare dappertutto stimoli per pensare e agire il digitale. Come funziona una certa tecnologia? Cosa ci si può fare? Potrebbe servirmi?
La giocosità ci serve per non addomesticare il piacere che la tecnologia richiama e sa trasmettere. Divertirsi e stare bene mentre per primi proviamo le nostre nuove esperienze educative digitali (i nostri nuovi laboratori) è fondamentale. Per non rischiare la scolasticizzazione che finisce per rendere tutto uguale, spesso noioso e solo da imparare, mai da scoprire. La differenza la fanno gli operatori, gli atelieristi, gli artisti cui affidiamo questo processo di progettazione e sperimentazione.
Il digitale può entrare nella didattica museale in tanti modi:
come strumento: sono tutte quelle occasioni in cui stimoliamo l’interazione o la produzione digitale, ad esempio attraverso un video fatto con i ragazzi e con le ragazze. È un’esperienza ormai consolidata ma nuove tecnologie, usate come strumenti, aprono nuovi percorsi: cosa posso nascondere, di non banale, dentro la scrittura illeggibile di un QRcode? Come posso usare la realtà aumentata per nuove interpretazioni delle opere? Come posso usare un’app per fare esperienza di una mostra?
come materiale: la tecnologia stessa è materia su cui lavorare e progettare. Siamo tutti passati dalla sperimentazione sui segni che strumenti diversi possono fare (di munariana memoria): erano spesso matite e colori neri con punte diverse, con gesti diversi del polso, della mano, del gomito. Eppure, quante volte abbiamo trasferito quel campionario di segni e gesti in ambito tecnologico? Ci siamo mai chiesti, ad esempio, cosa succede quando spegniamo la luce e cominciamo a far oscillare e ondeggiare un tablet? Ci hanno provato al Museo di Arte Contemporanea di Praga: un laboratorio sul fondale degli oceani è diventato esperienza concreta grazie al buio, a un’app per disegni fluo su fondo nero e ai movimenti del corpo dei bambini. Progetto App your school: https://vimeo.com/296418437
come contesto: oggi la tecnologia dà nuova forma all’interazione tra le persone. Nei nostri musei, che tipo di coinvolgimento e partecipazione auspichiamo? Spesso agli adolescenti viene chiesto di mettere via il proprio cellulare per non distrarsi. E se partissimo dall’opposto: usare il cellulare per concentrarsi? Lasciamo che possano esplorare il museo cercando dettagli da fotografare con i propri cellulari. Le foto e l’oggetto tecnologico stesso saranno la base dell’attività laboratoriale.
come pretesto: come possiamo sfruttare al meglio, per conseguire uno scopo, la passione per la tecnologia che bambini e adolescenti hanno?Come aprire un percorso sull’identità adolescenziale che costruisce il suo racconto proprio grazie al museo e con la collezione? Immaginiamo che scatti fotografici e ritratti collettivi di persone e collezioni entrino in dialogo per creare nuovi format: dal progetto Puzzlesmartphone dell’artista multimediale Vinz Beschi, una nostra rielaborazione con gli adolescenti che può ispirare gli educatori museali è sempre sul canale vimeo, Progetto Appyourschool: https://vimeo.com/285785868
come contenuto: viviamo in una società tecnologica che pone nuove domande alle persone: come interpretiamo la realtà, come comunichiamo, come ci narriamo? La tecnologia stessa è qualcosa su cui il museo può contribuire a far riflettere, a far pensare le persone. Sviluppare un pensiero critico è fondamentale e sia il luogo (il museo stesso) sia la collezione possono contribuire a porsi domande, a sviluppare ricerche collettive, a vivere esperienze divergenti perché anche la quotidianità delle persone venga rimodulata. Prendiamo l’esempio delle tecnologie che aumentano la realtà: perché ne sentiamo il bisogno? In quanti modi posso aumentarla? Se aumento la realtà, posso anche diminuirla? Alla scuola media di Monteveglio, in collaborazione con la Fondazione Rocca dei Bentivoglio, abbiamo progettato e realizzato una mostra interattiva digitale con i ragazzi e le ragazze. Sono state realizzate delle animazioni in stop motion per “aumentare” cinque quadri realizzati con la tecnica del collage, delle scatole sonore lavorando con il “colormatching”, un paesaggio sonoro. Appunti visivi: https://vimeo.com/260305310
come contenitore: ci sono app che permettono di giocare con le collezioni, di “importare” dentro i devices tecnologici il mondo analogico. È un esempio l’app Andar per boschi che permette di fotografare gli alberi del giardino, della città o dei paesaggi delle opere d’arte per creare poi animazioni visive e sonore che interagiscono con il touch dello schermo. All’utente viene data la possibilità di progettare la propria immagine e animazione video rimanendo però nella necessità della realtà: che gli alberi vengano disegnati, ricalcati, fotografati o dipinti… la materialità dell’albero entra in dialogo con le animazioni digitali, a china, dell’applicazione.
come esperienza: possiamo ripensare i servizi erogati dalle istituzioni culturali a partire dalla didattica integrata e messa in forma dalla tecnologia? Le biblioteche che fanno capo alla Fondazione Rocca dei Bentivoglio (tra i vincitori del bando
Io amo i beni culturali dell’IBC Istituto Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna
) hanno potenziato il servizio pubblico bibliotecario creando un nuovo scaffale con i QrTrailer, libri che parlano anche degli adolescenti che li hanno letti, delle loro chiavi di lettura per interpretare il mondo, dei sogni e delle emozioni che trovano parole grazie ai personaggi di una storia.
Il bambino con il pigiama a righe:
https://youtu.be/IGnxjbsSKOo
Il delitto dell’ipotenusa:
https://youtu.be/9EUeJ5Y2UbQ
come ambiente: le tecnologie digitali ci permettono di creare nuovi ambienti per la didattica e più in generale per vivere esperienze educative al museo. Servono un tablet, il cavo per collegarsi al videoproiettore, una parete libera. Potremo far interagire i bambini e le bambine con la musica come succede con l’app Bloom oppure con i ritmi più scatenati e divertenti di Patatap che può essere usata anche da computer: https://patatap.com. La proiezione permette di giocare con i corpi, con le ombre, con le sagome, con gli oggetti. Dal gioco libero a quello progettato, diventa lo sfondo su cui possono essere prodotte nuove narrazioni e nuove interpretazioni.
come ispirazione: ci sono app e videogiochi che possono dare nuove idee per la didattica ad atelieristi curiosi. Facciamo due esempi: il primo sfrutta le possibilità di gioco dell’app Oh! firmata da Louis Rigaud, premiata anche dalla Children’s Book Fair di Bologna. Le forme colorate diventano disegni con l’aggiunta di pochi segni e con l’interazione dell’utente che decide se sopra o sotto la linea di terra, se toccare più volte la stessa forma… Possiamo immaginare di lavorare sulle forme degli oggetti dei nostri musei e partire dalle forme per nuovi disegni? Il secondo esempio è tratto da un videogioco: Unravel, prodotto dallo studio svedese Coldwood Interactive. Il tema è quello della memoria e della necessità di non perdere i ricordi per non perdere la propria identità. Quale tema più attuale? Può un analogico gomitolo di lana e l’interazione di un videogioco farci immaginare un’attività al museo sulla memoria collettiva?
come scusa: ci sono prodotti talmente belli che un’idea deve venire per forza. È il caso, ad esempio, di
Bla
Bla Bla, app di Lorenzo Bravi, in cui possiamo interagire a livello sonoro con facce che esprimono emozioni diverse. Il collegamento con le emozioni espresse dai volti che abbiamo nelle opere in mostra o con quelle che viviamo in un museo e nella vita è presto fatto. Un esempio di attività, collegando il lavoro di Bruno Munari e la
stop motion (progetto europeo
Tandem):
https://www.youtube.com/watch?v=JOKAu_dYIlY
https://www.youtube.com/watch?v=l412Y6ClkOc&t=17s
come gioco: vi siete mai sfidati con le didascalie musicali? Basta collegarsi al sito https://typatone.com Potremo spedirle al museo o a chi è rimasto a casa ad aspettare. Riceveranno un messaggio sonoro inaspettato. E al museo, siete pronti per il contest?
come ricerca: ovvero quello che l’analogico non ci permette. Salvo rare eccezioni. Camminare sulla luna, entrare in una cellula, vedere come un’ape… in questo caso il digitale permette esperienze nuove.
Dal Museo d’arte contemporanea di Praga, come vedono insetti e uccelli:
https://vimeo.com/296418354
come poesia: a volte la tecnologia può aprire la porta al metaforico, al poetico. Immagini e testi interattivi diventano l’occasione per sovrascrivere le nostre narrazioni personali. È il caso dell’app “Moi, j’attends” di Serge Bloch: è stata proiettata con la LIM, ha interagito con StopMotion, un tratto-pen nero e un filo di lana rosso. La documentazione video: https://vimeo.com/296418354
come modo di pensare: occorre fornire " ai bambini le chiavi di accesso alla loro cultura” ( 1) che sempre più fa i conti con le nervature, gli schemi, le filigrane del digitale. I dispositivi educativi e didattici, le strategie rimangono nelle nostre mani. Esperienze divergenti e creative fanno la differenza rispondendo ad una mission più profonda: il ruolo del museo nella società contemporanea.
come modo di fare e disfare: la tecnologia ci dà grande libertà di dialogo con l’errore. Try again!
L’arte contemporanea da spunti interessanti ma non dimentichiamo di guardare anche quello che è successo ieri: come Bruno Munari, ad esempio, ha usato la fotocopiatrice per produrre originali e non copie. Il segreto, geniale, fu semplicemente “rompere i divieti del libretto di istruzioni”. Altre idee per continuare a pensare le trovate in questo video:
https://www.youtube.com/watch?v=Z8yPeuUFVdE Un vecchio giradischi, cellulari sparsi in un prato, fuochi d’artificio alla Hervé Tullet, rielaborazioni con la fotocopiatrice ci aprono lo sguardo anche ripartendo da pratiche che oramai sono consolidate.
Facciamo allora circolare idee e sperimentazioni per nutrire il dibattitto e far crescere il livello di innovazione e efficacia delle nostre pratiche didattiche a beneficio dell’intera comunità.
Note
1. Pier Cesare Rivoltella, Il futuro entra in classe, Apprendere nel tempo della Rete. Percorsi per imparare il futuro" il 17 novembre 2018 Pontificia Facoltà Auxilium di Roma
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