Rivista "IBC" XXVI, 2018, 4
Dossier: Progetto MUSA. Nuove tecnologie e nuovi ruoli nei musei
musei e beni culturali, dossier /
Realtà virtuale, realtà aumentata, dispositivi sonori immersivi, schermi interattivi: molte sono le tecnologie che, negli ultimi anni, sono apparse sul mercato, proponendo nuove forme di comunicazione e di mediazione. La gamma di strumenti digitali non cessa di aumentare, esponendo i visitatori a nuove interfacce e nuove modalità di interazione, il cui sviluppo si inserisce nelle relazioni preesistenti fra le istituzioni patrimoniali e “i pubblici” della cultura.
La molteplicità delle offerte e dei campi di azione, porta i musei a interrogarsi sul loro utilizzo e sulla possibile integrazione nei percorsi espositivi. Come indicato anche da ICOM, il nuovo museo deve essere centrato “non più sugli oggetti, quanto sull’orientamento del visitatore”, ovvero il pubblico. Appare quindi necessario per gli operatori museali acquisire nuove competenze nel settore, restando aggiornati sulle tecnologie disponibili (modalità di funzionamento, costi, perennità), interrogandosi sulla loro complementarietà rispetto agli altri elementi del percorso espositivo e sulla loro appropriazione da parte del pubblico, attraverso momenti di osservazione e di analisi, anche durante la fase di prototipaggio. Il museo diventa quindi un luogo di sperimentazione e di osservazione sul digitale, in quanto produttore di contenuti, di nuove esperienze di mediazione ma anche di professionalità legate alle nuove tecnologie, che si sviluppano nello staff museale e nelle imprese private, alle quali il museo si rivolge (fablab, start-up, ecc.). È possibile inoltre sottolineare che anche il pubblico diviene un pubblico “digitale”, che vede coinvolti i visitatori, non più solo fruitori di conoscenza ma co-produttori del discorso espositivo, reso sempre più accessibile grazie al superamento di barriere spazio-temporali.
Presentare un quadro d’insieme dei dispositivi esistenti non risulta compito facile, data l’effervescenza attuale del settore tecnologico, che vede la presenza di molti attori più o meno strutturati, impegnati nello sviluppo di nuove forme di mediazione.
Lungi dall’avere un carattere di esaustività, si possono comunque individuare alcune macro-categorie, utili per descrivere la pluralità dei dispositivi presenti. Ritengo innanzitutto interessante affrontare il tema del suono, citando una frase di Diego Pasinato: “Può il suono, il conduttore principale dell’oralità, della neo-oralità, oppure il suono puro, la musica, entrare negli allestimenti museali?”. La questione appare più che pertinente, vista la duplice funzione dell’elemento sonoro nel discorso museografico: il suono come strumento espositivo o come oggetto esposto, in quanto esso stesso patrimoniale. Le difficoltà legate alla diffusione sonora hanno per molto tempo trovato una soluzione immediata nell’integrazione di supporti audio individuali nei percorsi museali. Utilizzando un semplice casco o forme più creative, come coni o cubi, il visitatore ascolta un suono, frequentemente con una forte componente narrativa. Si tratta di testimonianze, racconti, forme che necessitano l’instaurarsi di una relazione individuale fra il narratore e l’ascoltatore. Tali suoni possono essere trasmessi anche in maniera collettiva, attraverso altoparlanti o forme più direttive, come le “docce sonore”, che permettono ad oggi di gestire, in maniera efficace, la diffusione del suono. Il suono diventa esso stesso elemento di scrittura museografica nel momento in cui accompagna l’esperienza del visitatore.
Allontanandoci dal discorso sonoro, molti e molto diversi sono gli strumenti che propongono esperienze multimediali, alle quali si associano diversi gradi di interazione da parte del pubblico. Partendo dalle diffusioni video, esse possono essere di piccolo o grande formato, trasmettendo testimonianze o “immergendo” il visitatore in esperienze, rese ancora più pregnanti grazie al videomapping che permette al video di sposare i contorni architettonici dei luoghi in cui è trasmesso. Le esperienze multimediali coinvolgono il pubblico in attività ludico-didattiche, da sperimentare in forma collettiva con l’uso di schermi multitouch. Interessante è notare come questa tecnologia sia una forma agile di presentazione di masse importanti di dati, come nel caso di materiale archivistico. L’interazione fra il visitatore e l’elemento digitale acquisisce le forme più disparate, quando allo strumento tecnologico si unisce una componente meccanica, come nel caso degli
exhibit presenti nei musei a tema scientifico.
Interessanti commistioni sono proposte dal connubio fra sviluppi digitali e artisti contemporanei, dove l’esperienza di mediazione assume contorni e forme inediti, di cui il museo si fa portavoce. Un discorso a parte meritano le esperienze di realtà virtuale immersiva, che si sono moltiplicate negli ultimi anni nel settore dei beni culturali. È utile sottolineare che la nozione di realtà virtuale ricopre una pluralità di esperienze. Il virtuale non è elemento opposto al reale, ma una sorta di strumento che permette il passaggio dal mondo dell’immaginazione a quello della realtà (Quéau, 1996; Vial 2014) (
1). L’elemento di novità risiede nella dimensione tecnologica legata a tale dimensione.
Per realtà virtuale (VR in inglese da Virtual Reality) si intende un dispositivo tecnologico che permette di riprodurre artificialmente un’esperienza sensoriale, sollecitando i nostri sensi. Tale esperienza può riprodurre scenari immaginari ma anche scenari e esperienze reali. Grazie all’utilizzo dei caschi immersivi di VR, l’immersione diviene oggi totalizzante, aumentata dalla possibilità di interagire nell’ambiente così creato. Di fronte a una scelta così ampia e variegata, la sfida a cui oggi sono chiamati a confrontarsi i musei è lo scegliere quando proporre esperienze digitali ai propri visitatori e, in caso di risposta positiva, quali strumenti utilizzare, per produrre forme di mediazione pertinenti e in sintonia con l’insieme degli altri elementi museografici.
1. Philippe Quéau, Le virtuel : une utopie réalisée, in Quaderni 28, nᵒ 1, 1996, p. 10923. Stéphane Vial, Contre le virtuel : une déconstruction, in MEI : Médiation Et Information, 2014.
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