Rivista "IBC" XXVI, 2018, 4

biblioteche e archivi / progetti e realizzazioni, mostre e rassegne

Di fronte all'inevitabile

Maria Laura Troncossi
[Area Cultura e Comunicazione, Biblioteca Comunale "P.Orioli", Alfonsine (Ra)]

“Tutto ciò, o Signori, sarà possibile se nell’ora grave che volge, i cittadini tutti, a qualunque classe o partito appartengano, sapranno sentire il loro dovere verso l’umanità sofferente.”

                                                                         Camillo Garavini, sindaco di Alfonsine
                                                                             Seduta del Consiglio comunale 15 maggio 1915

   

La ricorrenza del centenario della Prima guerra mondiale ha fornito all’Archivio storico comunale di Alfonsine un’importante occasione per “mettersi in mostra” agli occhi degli alfonsinesi e non solo, e rivelare quanto le carte d’archivio siano una preziosa testimonianza della memoria storica di una comunità: nelle carte d’archivio infatti la storia si incrocia con la quotidianità delle persone.
Sebbene incendi e bombardamenti dovuti a eventi storico-politici verificatesi sul nostro territorio abbiano distrutto e mutilato l’Archivio storico comunale, la documentazione degli anni 1915-1918, in particolar modo la serie del carteggio amministrativo categoria VIII “Leva e truppe”, ci è pervenuta pressoché integra rendendo così possibile la realizzazione della mostra Nell’ora grave che volge… Alfonsine nella Grande Guerra, allestita dal 4 novembre al 2 dicembre nella Galleria del Museo della Battaglia del Senio, con il patrocinio dell’Istituto Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna.

Attraverso una selezione dei documenti d’archivio (manifesti, lettere, circolari) insieme a materiali, cartoline e medaglie provenienti dalle collezioni private dei Circoli Filatelici di Alfonsine e di Ravenna, dal Museo della Battaglia del Senio e dall’Istituto Storico della Resistenza, l’esposizione ha offerto ai visitatori uno spaccato degli anni della Grande Guerra nel Comune di Alfonsine, restituendo non solo momenti di vita politica, economica e sociale della nostra comunità in quei tragici anni, ma anche frammenti di storie personali attraversate dal dramma della guerra.
La mostra si apriva con il telegramma trasmesso dalle Prefetture ai Comuni il 3 agosto 1914 che comunicava l’obbligo di osservare i doveri della neutralità in base al testo della disposizione del Consiglio dei Ministri, alla quale i sindaci erano chiamati a dare la massima diffusione e pubblicità.

All’alba dello scoppio del primo conflitto mondiale Alfonsine era un paese in cui l’amministrazione socialista, riconfermata anche dopo i violenti fatti della “settimana rossa”, propendeva fortemente per il non interventismo. Nella seduta del 9 agosto, dunque, il Consiglio comunale non esitò a votare all’unanimità un ordine del giorno per l’assoluto mantenimento della neutralità italiana nel conflitto europeo da poco iniziato e a diramare immediatamente manifesti rivolti alla cittadinanza nei quali si esprimeva soddisfazione nel constatare che “gli atti del governo, oltre ad essere adottati con senno e prudenza, rispecchiano i desideri e le aspirazioni di tutti i buoni cittadini e più specialmente quelli del proletariato italiano”.
In realtà, all’indomani della dichiarazione di neutralità, il governo italiano emanò immediatamente una serie di disposizioni che preludevano ad una futura mobilitazione.
Già nell’estate del 1914 iniziarono infatti a pervenire ai comuni i manifesti e le comunicazioni per il richiamo alle armi delle classi 1889 e 1890 e, nell’autunno dello stesso anno, gli avvisi per gli aggiornamenti delle liste di leva in vista della chiamata anticipata dei nati nel 1895. Singolare la circolare del 26 gennaio 1915 del Ministero della Guerra, che concedeva ai richiamati di “far uso delle proprie calzature per il servizio militare in sostituzione degli stivaletti regolamentari” al fine di limitarne il fabbisogno in caso di mobilitazione.
Non tardarono inoltre a seguire ulteriori norme atte a potenziare la forza bellica in essere, quali le requisizioni di “quadrupedi, veicoli e bardature” destinati all’equipaggiamento militare, documentate, per Alfonsine, dai registri dei proprietari stilati dall’Ufficio Precettazione quadrupedi del Comando VI Corpo d’Armata corredati con tanto di nome dei cavalli e dei muli elencati: Nina, Dora, Londra, Menegatta.

Di fronte ormai all’inevitabile e imminente stato di guerra, il Consiglio comunale di Alfonsine, nelle sedute del 15 e 23 maggio 1915, non poté che sospendere il giudizio sulla decisione di intervento del Governo italiano e accingersi a deliberare con urgenza una serie di provvedimenti straordinari per la popolazione.
La chiamata alle armi provocò uno sconvolgimento nella vita di tanti giovani e meno giovani alfonsinesi costretti ad allontanarsi dalle proprie famiglie e attività, ma altrettanto stravolta fu la quotidianità di coloro che rimasero in paese, che si trovarono a fronteggiare improvvisamente assenze, restrizioni, mancanza di sostentamento economico.
Ad Alfonsine fu costituito immediatamente un locale Comitato di Assistenza civile presieduto dal sindaco che, con il sostegno della beneficenza pubblica, dell’amministrazione comunale e dei fondi governativi, provvide,in primo luogo, ai sussidia favore delle famiglie povere dei richiamati e all’istituzione di scuole di custodia per i bambini le cui madri erano impegnate nei lavori agricoli. Nonostante le polemiche e le accuse di cattiva gestione finanziaria e faziosità che portarono, nel 1916, alla destituzione del sindaco socialista Camillo Garavini, al Comitato vennero in seguito demandate anche“la protezione ed assistenza degli orfani di guerra” , in base alle disposizioni legislative del luglio 1917 e diffuse dal Comitato stesso tramite un opuscolo stampato presso la Tipografia Ricci di Alfonsine.
Seppur a centinaia di chilometri di distanza da una difficilmente collocabile “linea del fronte”, gli abitanti di Alfonsine si trovarono comunque a vivere in un territorio sottoposto al potere militare che, attraverso avvisi, circolari e manifesti diramati dai Comandi militari stessi o dalle Prefetture, ridusse notevolmente le libertà individuali con divieti di riunioni pubbliche, limitazioni della circolazione, censura sulla corrispondenza, regolamentazione dell’illuminazione pubblica.

Nel percorso espositivo, il contesto sociale e umano della guerra veniva ulteriormente restituito dalla sezione delle cartoline nonché da una serie di lettere dell’amministrazione comunale che, ad Alfonsine, rivestì anche il difficile ruolo di raccordo fra i comandi militari e le famiglie dei soldati al fronte, svolgendo il triste e ingrato compito di comunicare, “con quei riguardi che il caso richiede”, notizie dolorose sulla sorte dei loro congiunti in armi.
Le cartoline, inoltre, in quanto veicolo di comunicazione più diffuso tra fronte e paese, furono prontamente sfruttate dalla propaganda poiché, grazie all’immediatezza delle immagini e al forte impatto emotivo dei testi, erano capaci di influenzare destinatari di ogni ceto sociale, nell’intento di infondere lo spirito patriottico.
Emblematica, a questo proposito, la serie delle cartoline emesse da vari istituti bancari e dallo Stato stesso, per la sottoscrizione dei sei Prestiti Nazionali, affidate anche ad illustratori di fama, che legavano la raccolta di denaro alla vittoria e alla pace imminente.
Nell’ultimo anno di guerra, a seguito dell’intensificarsi delle cerimonie patriottiche auspicate dal governo, anche il Comune di Alfonsine organizzò, nella giornata del 9 giugno 1918, in Piazza Vincenzo Monti, una solenne cerimonia per la consegna di alcune medaglie al valor militare alle famiglie degli eroici caduti sul campo dell’onore, documentata dal manifesto, dagli inviti e da alcune ricevute delle spese sostenute.

Concludevano la mostra una serie di documenti attestanti l’impegno del Comune per mantenere viva la memoria dei propri concittadini caduti e metabolizzare l’enorme dolore collettivo, attraverso la realizzazione di un ricordo marmoreo e l’erezione di un Parco della Rimembranza, oggi non più esistente ma fortunatamente ancora “visibile” nel bel prospetto a colori della cancellata realizzato dall’ingegnere Leopoldo Santoni e in alcune sbiadite fotografie dell’epoca.

 

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