Rivista "IBC" XXVI, 2018, 1

musei e beni culturali / mostre e rassegne

La mostra Sensornaja Revolutija racconta attraverso una appassionata collezione privata il volo spaziale sovietico e quello americano.
Quando la Rivoluzione andò in orbita

Fabio Fornasari
[Museo Tolomeo, Bologna]

Il cuore della mostra Sensornaja Revolutija è una collezione costruita in oltre venti anni di raccolta e di studio dei materiali che la compongono. Collezionare è un atto amoroso per definizione, non è mai gesto fino a se stesso: stabilisce una relazione tra soggetto e oggetto della collezione. Del collezionismo si è scritto molto e ancora di più se ne è parlato.

La collezione della quale parliamo è composta principalmente da un centinaio di libri che raccontano il volo spaziale sovietico, accompagnati da altrettanti volumi riguardanti il volo spaziale americano e da numerosi volumi sulle avanguardie artistiche e sulla cultura russa: viaggiando su due binari contrapposti, essa ci mostra un taglio molto particolare del secolo scorso. Il motivo di questa raccolta, che coincide con l’obiettivo della mostra, non è di natura tecnologica ma si lega all’immaginario antropologico del volo come esperienza verticale, come ricerca di una cosmogonia che trova nell’ascensione la sua realizzazione.

Questo immaginario è leggibile attraverso la cultura visuale che è presente nei materiali collezionati. Sono materiali semplici, didascalici come tutti gli oggetti di propaganda e che hanno avuto il compito di celebrare e comunicare ciò che era in corso nel contesto da cui provengono.

Il Novecento è un secolo di confronti globali e di grandi traguardi raggiunti. In questa raccolta, a ben guardare, ci sono tracce per poter leggere la storia del Novecento in generale e la storia della rivoluzione russa sotto aspetti molto particolari. Le collezioni hanno una vita propria: crescono nel tempo per quantità, e per la qualità della lettura che si può attribuire al loro interno.

Potremmo dire che si è presentata pronta all’appuntamento della storia: i cento anni della rivoluzione d’ottobre. Per questa occasione il MAMbo di Bologna ha allestito una collezione di opere d’arte tra le più importanti al mondo. Avendo la possibilità di disporre di una collezione di libri sul volo spaziale russo, abbiamo pensato di mostrarne i contenuti all’interno del Museo Tolomeo dell’Istituto dei ciechi Francesco Cavazza e di candidarlo all’interno del calendario “Intorno a Revolutija”.

Il Museo Tolomeo ha per sua natura il compito di rendere accessibile la conoscenza costruendo opportunità di autonomia, ma mai in una forma stigmatizzante per la disabilità.

Questa che potremmo definire la sua mission, fissa alcune regole che hanno guidato la scrittura del progetto in venti episodi che accompagnano il visitatore all’interno di una forma di racconto lungo i settant’anni dell’Unione Sovietica seguendo una linea curva, rossa, che partendo dall’orizzontale è puntata verso il cielo.

Gli episodi sono cadenzati da alcuni volumi selezionati, esposti e sfogliabili affiancati da un modello che ne racconta il senso, ne raccoglie il contenuto rendendolo tattile e visibile contemporaneamente. L’illuminazione monocroma rossa è il contenuto che esce dal volume Psicologia del cosmo di Lebedev-Gagarin, che racconta l’utilizzo della privazione sensoriale nel corso di addestramento per i cosmonauti.

Le tracce intrecciano la più intima natura della cultura russa e la cultura visuale della propaganda sovietica. Come dice Gian Piero Piretto, ospite al museo per testimoniare i contenuti trattati, “l’ampiezza, l’estensione sconfinata, in una parola il prostor, sono gli elementi dominanti in ogni raffigurazione, evocazione o descrizione paesaggistica russa e un dato di fatto appurato e riconosciuto. Alla base di questa situazione stanno secoli di rapporto sociale fra l’ambito di azione della natura e quello dell’uomo”. Questa vastità, questa ampiezza sconfinata, il prostor, è il primo contenuto d’apertura percepibile con mano: la mappa tattile dell’Asia in gesso mostra il territorio russo orizzontale sempre uguale a se stesso, da ovest al più profondo est.

“Il paesaggio russo si è sviluppato con l’apporto di due culture: quella umana che ha smussato le spigolosità della terra e quella naturale che a sua volta ha attutito le infrazioni d’equilibrio compiute involontariamente dall’uomo” ( 1). L’uomo si trova pertanto nella Russia antica più che altrove, a rapportarsi costantemente con la natura e con le sue forze. L’idea di condanna e di parallela quasi schizofrenica celebrazione degli elementi naturali sarà inseparabile dalla loro elaborazione in letteratura musica e arte come pure nella vita.

Tutti questi caratteri sono insito nella cultura russa rivoluzionaria. Quando gli artisti raccolgono il segnale e danno corpo ai nuovi codici rivoluzionari, restano all’interno di una cultura che conferma le sue più intime caratteristiche, mappate al loro interno. Lo si vede nei libri esposti al Museo Tolomeo come nelle opere d’arte esposte al MAMbo: si pensi al quadro di Malevich dove la campagna è rappresentata da righe orizzontali dal colore astratto e dove sulla linea superiore la “Cavalleria rossa” scivola via correndo nella profondità dell’orizzonte.

L’acquisizione della posizione verticale è la ricerca messa in atto dal bolscevismo che ha il compito di affrancare il popolo russo dalle forze che lo mantengono imbrigliato a terra, all’interno di una posizione di schiavitù. È un lento lavoro che si interrompe solo con la grande guerra patriottica (la seconda guerra mondiale) ma che riprende negli anni Cinquanta.

In mostra diversi episodi raccontano il cammino verso la posizione verticale: il progetto per il Monumento alla Terza internazionale di Tatlin del ’19 voluto da Lenin e le Stalinskie Vysotki, gli otto grattacieli di Stalin (ne furono realizzati solo sette), tanti quanti i secoli di vita della capitale russa. Alla spinta verso il cielo si accompagna la discesa verticale verso gli inferi: la metropolitana di Mosca, la cattedrale laica per e del popolo. Ma è con gli anni Cinquanta che si apre la strada alla dimensione spaziale del viaggio verticale, un viaggio che affranca l’uomo russo dal suo destino orizzontale, sdraiato, ben descritto da Goncarov nel suo capolavoro Oblomov. Con i lanci dei primi Sputnik e con il volo di Gagarin nel 1961 la “favola diventa realtà”, “la fantascienza si trasfigura nel reale” grazie alla “generazione del cielo”, come testimoniano i titoli dei volumi esposti.

Lo spazio cosmico diventa così più vicino, Gagarin, l’ uomo nuovo sovietico, come il pellegrino russo che racconta ha aperto la strada e ne lascia traccia nella sua “Via del Cosmo”, il racconto della sua esperienza di viaggio.

Come questa, altre tracce della cultura ortodossa restano come una struttura simbolica che con la rivoluzione viene risignificata, viene fatta rinascere all’interno di una sorta di trasfigurazione bolscevica e che è trattata nel percorso in mostra.

Il cammino è la metafora del socialismo sovietico per eccellenza: una strada da seguire e da non abbandonare che porta all’autorealizzazione, all’uomo nuovo.

 

Mostra:
Sensornaja Revolutija – Rivoluzione sensoriale
a cura di Lucilla Boschi e Fabio Fornasari
Museo Tolomeo dell’Istituto dei ciechi Francesco Cavazza, Bologna
26 gennaio-15 marzo 2018

 

Note 

1 G. Piretto, Indirizzo: Unione Sovietica. 25 luoghi di un altro mondo, Milano, Sironi, 2015.

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