Rivista "IBC" XXV, 2017, 4
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musei e beni culturali, dossier /
I musei letterari e, in particolare, le case di scrittori e scrittrici sono chiamati a confrontarsi con un importante problema museografico: in che modo è possibile presentare al visitatore il ricco “tesoro nascosto” di narrazioni che libri e documenti racchiudono e riguardano da vicino chi in quella casa è vissuto o ha lavorato? Libri non già scritti dall’autore o dall’autrice, bensì quelli che essi hanno via via acquistato o ricevuto in dono a costituire la loro grande o piccola biblioteca. Una biblioteca d’autore, come si usa dire.
Quando conservate in biblioteche e archivi non museali, queste raccolte consentono ricerche che sono ormai un cardine della storiografia e critica letteraria, in quanto rivelano sullo scrittore e la sua opera ciò che sarebbe pressoché impossibile desumere da altre fonti.
Per quale motivo dovrebbero case e musei letterari porsi il problema di offrire fonti di conoscenza così specialistiche anche al comune visitatore?
Se è vero, come tutti i moderni museologi ormai convengono, che il museo pone al centro dell’incontro con i visitatori due elementi – gli oggetti nella loro fisicità e le narrazioni che ne scaturiscono – è facile dimostrare che pochi altri elementi nelle case di scrittori sono in grado di competere con i libri e i documenti (lettere, manoscritti, spartiti ecc.) lì conservati. Scrive Jorge Luis Borges, “Il libro non è un’entità chiusa: è una forma di relazione, è un centro di relazioni innumerevoli”.
Come rendere questo visibile allo sguardo del visitatore?
Non a caso ho trovato le parole di Borges nel catalogo di una mostra esemplare, allestita nel 2013 dalla Fondation Martin Bodmer nella cornice dell’omonimo museo della letteratura, sulla riva del lago di Ginevra. Aveva per titolo Le lecteur à l’œuvre (Il lettore all’opera) ed era una rassegna dei tanti modi in cui il lettore, intervenendo in un libro – anche con la semplice lettura –, vi lascia il segno del proprio passaggio, così innestando un nuovo movimento. Tracce – correzioni, annotazioni, manipolazioni – che il visitatore era messo in grado di osservare sugli originali anche grazie a preziosi strumenti multimediali: posti, tuttavia, sempre al servizio dell’oggetto originale, non mai a sostituire quello. Un laboratorio di sperimentazione museografica ad altissimo livello, che è tuttora possibile consultare online su un sito, interattivo ed evolutivo, appositamente creato: http://lelecteuraloeuvre.boocs.ch
Nel nostro caso, il lettore all’opera è molto speciale: sono lo scrittore o la scrittrice che quei libri hanno ospitato nella propria biblioteca e nei quali hanno lasciato preziose, eloquentissime tracce di sé. Un primo livello di esposizione di libri e documenti è peraltro quasi ovunque già presente nelle case di scrittori. È il più semplice, ma esige grande attenzione e cura: intendo la presentazione della biblioteca nella sua interezza. Non mi soffermo sulle grandi biblioteche, quali conosciamo nella casa di Goethe, a Weimar, al Museo Petöfi di Budapest o in Italia nella casa di Giacomo Leopardi o nel museo dedicato a Carducci – per citare esempi famosi. Più interessanti per il nostro tema mi sembrano le biblioteche più piccole poiché sono, per così dire, concresciute con la casa dello scrittore e ne “configurano” l’immagine complessiva. Gli esempi virtuosi non mancano. Purtroppo, però, tutti conosciamo anche le numerose case in cui biblioteche e archivi magari importanti sono di fatto pressoché invisibili o talvolta addirittura respingenti. A nessuno verrebbe mai in mente di soffermarsi davanti a certi scaffali mal illuminati, collocati quasi in disparte, in un angolo buio, le ante ben chiuse, dov’è praticamente impossibile scorrere se non altro i titoli impressi sulla costa dei libri. Sì che nemmeno se ne percepisce la presenza – men che meno l’importanza.
In breve, già quel “primo livello” di esposizione – la biblioteca o l’archivio in quanto tali – non è affatto cosa ovvia e richiede un’attenzione curatoriale ed espositiva molto speciale.
Tuttavia, il problema maggiore è il “secondo livello” espositivo: ossia come offrire al visitatore la possibilità di avvicinarsi senza troppe mediazioni ai singoli libri e ai documenti per carpirne i segreti. Le visite guidate, pur utilissime, non risolvono la questione poiché non lasciano mai il visitatore da solo con l’oggetto: egli si troverà sempre a confrontarsi con qualcuno, più sapiente di lui, che glielo illustra ma che nello stesso tempo funge anche da diaframma.
Il problema è risolto spesso e molto bene nei musei del libro e della letteratura, mentre si presenta particolarmente difficile nelle case degli scrittori, per due motivi: la conformazione di queste ultime e i costi troppo elevati. Tanto più lo scambio di esperienze tra quei musei e le nostre case può risultare quanto mai fecondo.
Dopo il Bodmer, un secondo, ottimo esempio nel panorama europeo è offerto da un museo recentissimo: il Museo della letteratura austriaca, ospitato nella Biblioteca nazionale di Vienna.
Libri, ma in particolare manoscritti e bozze, vi sono esposti in modo esemplare in un allestimento mirato a porre in primo piano gli originali, facendo un uso quanto mai discreto – vorrei dire “servizievole” –, mai prevaricante, di strumenti multimediali, che illuminano e arricchiscono un testo senza togliere al visitatore la sensazione di essere a immediato contatto con la persona che quei libri e documenti ha scritto o sui quali ha studiato.
L’intera superficie è suddivisa in ampi corridoi occupati soltanto da grandi scaffali modulari, che consentono di esporre al meglio libri, documenti, manifesti, oggetti – spesso accompagnati dalla presenza discreta ma puntuale ed efficace di audio, video, peekshow, piccole messe in scena nonché gigantografie e piccole installazioni grafiche. Il percorso è cronologico, si snoda per grandi epoche e movimenti letterari: all’interno di questo itinerario, s’incontrano settori espositivi a tema o dedicati alle figure letterarie di maggior rilievo.
Due aspetti colpiscono in particolar modo: innanzi tutto, la netta percezione di trovarsi fisicamente nel mondo della scrittura. Poi, l’impressione di poter percorrere – alla lettera – quell’enorme territorio, assecondando di volta in volta un proprio ragionamento o desiderio di ricerca.
Ora, questi musei godono di finanziamenti più che cospicui, dei quali nessuna delle nostre case di scrittori o musicisti dispone. Eppure il problema non è insormontabile e cerco di illustrare come.
La biblioteca dello scrittore nel suo insieme – piccola o grande che sia – deve e può diventare, senza cospicui sforzi economici, uno dei punti di forza della casa. Si tratta di stimolare il visitatore ad avvicinarvisi, a scorrerne i titoli, a leggerne una descrizione posta su un pannello lì accanto, che ne spieghi in maniera graficamente chiara e invitante le caratteristiche e la composizione, consentendogli di scoprire il senso che quei libri hanno avuto per lo scrittore. Allo scopo, è sufficiente un uso attento e mirato dello spazio e delle luci nonché pannelli ben fatti.
Al secondo livello – far conoscere il rapporto dello scrittore con il singolo libro o documento – può essere sufficiente che il museo scelga di esporre, a rotazione, uno soltanto o un piccolo numero di libri e documenti in relazione tra loro, provvedendo allo strumentario – anche multimediale ma essenziale – che risulti necessario. Allo scopo è tuttavia molto importante identificare all’interno di ciascuna casa uno spazio non grande, protetto ma non nascosto, dove i visitatori sappiano per certo che l’uno o l’altro libro della biblioteca o documento d’archivio sono quotidianamente accessibili, sia pure per un periodo limitato e nel fermo rispetto delle norme tecniche che la fragilità dei materiali esige. Una sorta di “camera del tesoro” che divenga elemento caratteristico e qualificante di case e musei letterari. Sarebbe, questo, anche un modo per stimolare visite frequenti e affezionare i visitatori, ai quali saranno messi a disposizione quanto meno alcuni semplici strumenti – la luce giusta, la prossimità con altri oggetti correlati, una semplice lente d’ingrandimento – per approfondire quella conoscenza, affinché non rimanga soltanto visiva. Anche l’aiuto collaterale di invenzioni grafiche o di creazioni artistiche può risultare determinante.
Certo è che bisogna documentarsi, studiare e ricercare, in particolare nei musei della letteratura e del libro, studiandone le modalità allestitive e confrontandosi con i colleghi che le hanno pensate e poste in essere. Peraltro, in materia è disponibile anche una buona bibliografia.
Ma, prima ancora e soprattutto, bisogna convincersi che quelle tracce racchiuse in libri e documenti sono insostituibili per far conoscere e amare scrittori e musicisti anche a quanti non dispongano di formazione specialistica o accademica o siano molto giovani.
Una nuova missione, fondamentale, per le case di scrittori e musicisti.
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