Rivista "IBC" XXV, 2017, 4
territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / progetti e realizzazioni
Una soluzione alle problematiche occupazionali e una risorsa indispensabile per lo sviluppo dell’economia del territorio. Ecco quel che il Canale Emiliano Romagnolo rappresenta sin dal suo concepimento, in nuce già nel XVII secolo, e quel che ad oggi assicura all’Emilia-Romagna e al Paese nel suo complesso, con i suoi centotrentacinque chilometri che percorrono da Sant’Agostino, nel ferrarese, tutta la pianura, sottopassando od oltrepassando fiumi e strade, sino ad arrivare in provincia di Rimini.
Un lungo percorso, il più lungo d’Italia, per un canale di irrigazione alimentato dall’acqua del Po prelevata dall’impianto idrovoro del Palantone, a Salvatonica di Bondeno e immessa nel cavo napoleonico. L’acqua viene resa poi disponibile lungo tutta l’asta attraverso apprestamenti di presa diretti o una rete distributiva capillare curata dai Consorzi di bonifica associati. Risorsa idrica utilizzata principalmente per garantire lo sviluppo del settore agroalimentare, ma al servizio anche degli usi civili e industriali già negli anni ’50 del Novecento.
In quegli anni Enrico Mattei firmò con il Consorzio la convenzione per fornire acqua, grazie alla Traversa – un’opera idraulica da realizzarsi a Volta Scirocco – al “grande impianto industriale che l’ANIC S.p.a. sta costruendo a Ravenna per la lavorazione del metano”, indispensabile per poter realizzare in quella sede il petrolchimico; il Comune di Ravenna chiese allora la possibilità di utilizzare l’acqua derivata dal sistema idraulico del Canale Emiliano Romagnolo per alimentare l’acquedotto cittadino.
Tutti documenti di estremo interesse per ricostruire la nostra identità territoriale, che si trovano tra le carte del Consorzio, appena riordinate e il cui inventario sarà presto disponibile sulla piattaforma IBC Archivi dell’Istituto regionale per i beni culturali, a conferma di un'attenzione al patrimonio archivistico e di una collaborazione che si estende anche alla conservazione dei documenti digitali presso il Polo Archivistico Regionale (ParER).
Una storia ricca di sorprese che svela una vocazione al servizio della collettività. È l’agricoltura, in primo luogo, a mettere a disposizione tutto questo, al fine di raggiungere quegli obiettivi di benessere che caratterizzano la nostra regione. La costruzione del canale ha infatti impegnato negli anni il Consorzio, principalmente attraverso finanziamenti del Ministero dell’Agricoltura e inizialmente dei Consorzi di bonifica stessi.
Le prime opere sono state realizzate nel secondo dopoguerra e la costruzione è stata documentata dalle fotografie di Enrico Pasquali. Attraverso le sue immagini prende vita ai nostri occhi quell’Italia tra il dopoguerra e il boom economico degli anni Sessanta, dove essenziale era anche dare occupazione nell’immediato a mano d’opera non specializzata. Sono fotografie di cantiere, ma gli uomini al lavoro testimoniano l’impegno profuso nella realizzazione di un’opera così importante per il nostro territorio e l’utilità del Canale Emiliano Romagnolo anche rispetto all’assorbimento di un elevato numero di operai, come si legge in una delle tante relazioni sull’attività del Consorzio redatte dal Commissario governativo Mario Giandotti.
Anche l’attività di ricerca e sperimentazione, orientata da sempre al risparmio idrico e ad un uso oculato della risorsa, è oggetto di una delle prime concessioni rilasciate dal Ministero dell’Agricoltura al Consorzio.
Attualmente tale attività si svolge a livello internazionale ed ha il suo centro specializzato, Acqua Campus, a Mezzolara di Budrio, nel bolognese, dove in più di dodici ettari equipaggiati con le più recenti e sofisticate attrezzature tecniche, si svolgono le prove in campo, esperienze di carattere tecnologico che hanno lo scopo principale di controllare le caratteristiche costruttive e le prestazioni qualitative dei materiali microirrigui commercializzati in Italia, nonché di verificare l’efficienza dei metodi e sistemi irrigui in relazione alla capacità di soddisfare i fabbisogni delle colture.
I risultati della sperimentazione sul risparmio idrico che il Consorzio conduce, partecipando e facendosi promotore di numerosi progetti di rilevanza internazionale, vengono infatti applicati su scala locale per rispondere a specifiche esigenze.
Dati alla mano negli ultimi dieci anni il Consorzio ha derivato mediamente dal Po 250 milioni di metri cubi di acqua ogni anno, che ha distribuito su oltre 160.000 ettari portando un incremento del valore della produzione di oltre 300 milioni di euro.
Ora questo patrimonio di studi e ricerche, costruzione e innovazione è sotto il profilo storico a disposizione degli studiosi che vorranno approfondire questi temi così importanti per capire lo sviluppo dell’economia dell’Emilia-Romagna.
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