Rivista "IBC" XXV, 2017, 3

musei e beni culturali, biblioteche e archivi / convegni e seminari

A Misano "Nove parole per guardare lontano" ci invitano a indagare sul tempo che verrà.
Che futuro ci aspetta?

Massimo Mordini
[giornalista]

Un nuovo ciclo di incontri, a Misano, ci invita a riflettere e ad approfondire concetti e valori indispensabili per affrontare il futuro. Questo, in quanto tale, non è lecito conoscerlo. Non avendo infatti esperienza che del presente, ci è difficile parlare di ciò che non è ancora avvenuto. Se pronosticare l’avvenire risulta dunque azzardato, è però possibile, e anzi utile, considerare il tempo come un’unità, valutando ogni evento in funzione del suo antecedente. Proiettare il passato sull’attualità, e pensare al futuro in relazione all’oggi, è perciò il solo mezzo che abbiamo per riuscire ad orientarci, per tentare di comprendere ciò che è successo e potrebbe succedere. Non si tratta, tuttavia, di credere alle profezie, né si può ritenere che, se un disegno esiste, questo debba essere per forza lineare. Le strade della storia sono infatti spesso tortuose, fatte, come sono, di scarti e coincidenze. Per questa ragione è bene avere, se non dei riferimenti, almeno delle indicazioni che ci consentano di muoverci o di capire, se non altro, la direzione in cui si sta andando. Esistono infatti termini che sono come pietre miliari, concetti validi al di là delle contingenze. Nella deriva della modernità, è a questi che occorre ancorarsi.

Muovendo da tali considerazioni il direttore della Biblioteca Comunale di Misano Adriatico Gustavo Cecchini ha organizzato un nuovo ciclo di conferenze, dedicandolo proprio alle Terre del futuro. A partire da nove semplici ma fondamentali parole, si struttura dunque la nuova rassegna filosofica, pensata come un viaggio verso ciò che c’è di più ignoto: l’avvenire.

Nove parole per guardare lontano. Essere lungimiranti significa, però, anche saper guardar indietro, rintracciare nel passato le premesse di ciò che accadrà. Perché poi queste si realizzino, innescando così il motore del cambiamento, è necessario che sussistano certe condizioni, prima fra tutte la libertà. Insieme al filosofo Umberto Galimberti (mercoledì 4 ottobre) si rifletterà sul significato di questo termine, e sul valore che questo assume in un’epoca dominata dal fatalismo. Che ruolo abbiamo nella costruzione del nostro destino? Da cosa e in che modo siamo noi condizionati?

Altrettanto complicato, per non dire impossibile, è poi definire cosa sia la verità. Tale nozione, da sempre oggetto dell’inchiesta scientifica e filosofica, risulta al giorno d’oggi sempre più confusa. Convinti di possederla, in realtà non abbiamo che opinioni, oltretutto in contrasto tra loro. Consapevoli che le verità inconfutabili sono in realtà ben poche, il rischio è di trasformare ogni confronto in un conflitto. Durante l’incontro consacrato a questo tema, si è dunque deciso di dare voce a due visioni tra loro diverse e, proprio per questo, complementari: quella dello scienziato Edoardo Boncinelli e del filosofo Umberto Curi (venerdì 13 ottobre).

Il dialogo successivo coinvolgerà invece Marco Guzzi e Diego Fusaro (venerdì 20 ottobre), che insieme tratteranno il concetto di rivoluzione. Mai come oggi è avvertita così forte l’esigenza di un rinnovamento, il bisogno di rigenerarsi e riscattarsi dal proprio passato. Il cambiamento, specie nell’epoca in cui viviamo, coincide poi necessariamente con la parola crisi, tanto a livello personale che mondiale. La nostra è infatti una rivoluzione globale, per non dire globalizzata, ed è proprio a partire dalla sua natura telematica, e quindi democratica, che si tenterà di tracciare i contorni di quella che, già secondo Schlegel, è l’essenza stessa della modernità.

Cambiare il passato non significa però dimenticarlo. La memoria è infatti una facoltà imprescindibile, e solo attraverso il suo esercizio è possibile far rivivere ciò che è stato. Si narra che il greco Simonide, dopo il crollo della sala in cui si trovavano, seppe identificare i corpi dei commensali in base al posto che occupavano al tavolo. Ricordare significa riconoscere, divenire consapevoli, ed evitare così che la civiltà regredisca sino a renderci nuovamente barbari. Il filosofo Carlo Sini (venerdì 27 ottobre) rifletterà sull’importanza, specie in una civiltà frenetica come la nostra, di una simile pratica, e sui danni che invece può causarci l’oblio.

Come la memoria, anche la fiducia sembra stia venendo, mano a mano, a mancare. Esserne privi significa non avere prospettive, e senza prospettive un futuro non può esserci. Per poter attuare un cambiamento occorre infatti credere che questo sia possibile. La sola volontà tuttavia può non bastare, ed è per tale motivo che fidarsi diventa un rischio necessario. Fare affidamento sugli altri, invece di inseguire un'utopica autarchia, è appunto l'idea di Salvatore Natoli, voce tra le più note al pubblico misanese che salirà sul palco dell'Astra venerdì 3 novembre.

Pensare al futuro comporta poi una riflessione sul lungo termine. Quel che ci stimola ad andare avanti è infatti la ricerca, il desiderio, la convinzione che la felicità esiste e che sia un nostro diritto ottenerla. Fino a che punto, tuttavia, è consentito spingere questa indagine? Si parla spesso di sostenibilità, quasi sempre in relazione allo sviluppo, ma esiste anche una felicità sostenibile, quella in cui il benessere proprio ed altrui coincidono senza che l'uno sia anteposto all'altro. Una nuova sensibilità è richiesta dunque all'uomo moderno, e di questa discuterà l'economista Stefano Zamagni venerdì 10 novembre.

Un altro ideale classico, e per questo sempre attuale, è quello di umanesimo. L'enorme fiducia nelle proprie capacità, sebbene utile alla stessa idea di progresso, rischia però di distorcere l'idea che l'uomo ha di sé, attribuendogli qualità più demiurgiche che umane. Occorre dunque distinguere tra pensiero e destino, tra ciò che compete all'uomo e quel che invece trascende da lui, ripensando l'umanesimo in termini di limiti e non solo di capacità. Ne deriva una visione tragica, tutt'altro che pacificata, dei tempi antichi e del nostro, la stessa di cui parlerà il filosofo Massimo Cacciari mercoledì 15 novembre.

Venerdì 17 novembre ospite della rassegna è Nicola Mai, sociologo e antropologo dell'università di Kingston, che da anni si occupa invece del fenomeno dell'immigrazione. Troppo spesso considerato come esclusivamente drammatico, si tratta in realtà di un processo animato dalla speranza, più che dalla disperazione. Lontano dai sensazionalismi mediatici, che vogliono i migranti come vittime e schiavi, il giovane documentarista ripercorrerà i viaggi di tanti uomini e donne, le loro traiettorie esistenziali, raccontandoci i sogni ed i moventi che li inducono a partire.

Tra le tante ragioni che ci spingono ad agire vi è, infine, anche l' amore. Mentre le altre non sono che condizioni, seppur necessarie, alla formazione del nostro futuro, questa forza ne è invece il motore, ciò che, più di ogni sentimento o interesse, contribuisce a determinare ogni nostra scelta. Che sia infatti amore verso di sé o verso gli altri, eccesso d'amore o sua assenza, è sempre a questo impulso che inconsciamente obbediamo. Sarà Michela Marzano a concludere la rassegna (venerdì 24 novembre), parlandoci di questa misteriosa energia e riportandoci, in questo modo, all'origine di tutto.

Si tratterà però di un viaggio solo apparentemente a ritroso. In un momento, come quello attuale, in cui il futuro appare sfocato, solo la lente del passato può infatti aiutarci a renderlo più nitido. Scopo della rassegna non è del resto quello di fare previsioni quanto, piuttosto, l'interrogarsi sui cambiamenti ora in atto, guardando in avanti per osservare il presente.

Rassegna:
Terre del futuro. Nove parole per guardare lontano, a cura di Gustavo Cecchini

Tutti gli incontri si svolgono presso Il Cinema-Teatro Astra a Misano via d'Annunzio 20, con inizio alle ore 21 www.misano.org

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