Rivista "IBC" XXV, 2017, 1
musei e beni culturali / mostre e rassegne, progetti e realizzazioni, pubblicazioni, restauri
Sul filo degli arazzi
Tra le opere della Raccolta d'arte della Regione Emilia-Romagna, un posto d'eccellenza è occupato dai due grandi arazzi di Alberto Burri allestiti nell'atrio della sede regionale di viale A. Moro 52, al Fiera District di Bologna.
La loro storia risale al 1985 quando l’ente regionale commissiona al maestro dell’Arte materica un intervento artistico per “l’arredamento e l’abbellimento dell’atrio regionale” della prima torre, sede degli uffici dell’Ente, costruita tra il 1982 e il 1985 su progetto dell’architetto Kenzo Tange.
Questo in applicazione della cosiddetta legge del “2 per cento”, in virtù della quale una parte della spesa complessiva per la costruzione di un edificio pubblico deve essere destinata alla realizzazione di opere d’arte contestuali. Ruolo chiave di consulenza nell'individuazione dell'artista e nelle fasi di avvio del progetto è assunto da Franco Farina, allora direttore della Galleria Civica di Arte Moderna di Ferrara, insieme a Ferdinando Forlay, architetto co-progettista dell'edificio, incaricato in particolare degli interni.
Burri, che frequenta Bologna per ragioni professionali, ma anche per il legame di amicizia con la famiglia Fortuni, comincia i primi sopralluoghi nella sede per elaborare un'opera pienamente inserita nel contesto spaziale che la accoglierà; concepisce così l'idea dei due arazzi di dimensioni monumentali, ispirati nella forma e nelle proporzioni alle colossali colonne delle architetture di Tange. Il bozzetto esecutivo, realizzato in tecnica mista su Cellotex, (di cui esiste una prima versione a tempera su cartoncino, conservata alla Fondazione Burri di Città di Castello) viene consegnato nel settembre 1985 da Farina a Forlay, come risulta dalla lettera che contiene anche indicazioni precise sulle modalità di realizzazione degli arazzi e sulla destinazione del bozzetto stesso alla Galleria d'Arte Moderna di Bologna, una volta riconsegnato ai committenti.
Il disegno per le due grandi tele appartiene alla fase creativa tarda tipica degli anni ’80, quando il maestro approda a una modalità espressiva affidata a linearismi, nuclei grafici, forme pure ed elementari che compongono molteplici combinazioni a mosaico di tasselli cromatici.
La realizzazione in lana, da condurre “nell'assoluto rispetto del bozzetto”, viene affidata alla ditta tedesca Jab di Bielefeld, Germania, specializzata in creazioni tessili d’arte, tramite il corrispondente italiano Cartarredo di Bologna. La fabbrica tedesca, segnalata quale “unica presente in Europa che possa eseguire a regola d'arte l'opera”, suggerisce l'ipotesi di una lavorazione in lana 100% in qualità “Verano”, con una resa superiore a garanzia di una maggiore fedeltà rispetto alle più sottili sfumature del disegno originale del maestro.
Nel marzo 1987 gli arazzi vengono consegnati e successivamente collocati, sotto la supervisione di Burri stesso, sulla parete dell'atrio della torre di Viale Aldo Moro 30, insieme a un'altra opera del maestro bolognese Pirro Cuniberti, commissionata nello stesso momento. Entrambe le opere saranno poi successivamente trasferite nell’attuale sede di viale Aldo Moro 52, a seguito della riorganizzazione delle collezioni d’arte dell’Ente.
Il bozzetto originale dell'opera, di proprietà della Regione, è invece attualmente conservato alla Galleria comunale d’arte moderna e contemporanea Villa Franceschi a Riccione.
Questi arazzi rappresentano un'eccezionalità non solo per la qualità e le dimensioni, ma anche perché rappresentano quasi un unicum nella vicenda artistica di Alberto Burri, del quale è noto soltanto un altro manufatto tessuto, cioè un arazzo in lana e acrilico dei primissimi anni '50, in bianco e nero, di misure decisamente inferiori.
Franco Farina così presenta l'opera al momento dell'inaugurazione: “Alberto Burri dovendo realizzare un'opera da collocare nell'atrio della nuova sede della Regione Emilia-Romagna progettata da Kenzo Tange, ha deciso per due arazzi 650 x 100 da collocare appaiati, facendo il verso ai makimono, dove per gamme cromatiche e morfemi, rispondono a questa sua stagione che testimonia ulteriormente della sua statura artistica che è ben lontana dall'esaurirsi”.
In occasione del centenario della nascita dell’artista, nel 2015, la Giunta regionale ha promosso, avvalendosi del proprio Istituto per i beni culturali, un intervento di manutenzione per la pulitura e il consolidamento di alcune parti a rischio di distacco, curato dalla ditta R.T. Tessile di Albinea, concluso nel dicembre 2016; ciò è stato l’ input per l’organizzazione di un progetto di valorizzazione in concomitanza con Arte Fiera e Art City 2017, realizzato grazie alla collaborazione con la Fondazione Burri di Città di Castello.
I due monumentali manufatti sono stati ripresentati al pubblico, restituiti alla originale brillantezza dei colori, messi a confronto con il bozzetto originale dell'artista per tutta la durata della kermesse bolognese: il bozzetto, di proprietà dell’ente regionale e conservato alla Galleria comunale d’arte moderna e contemporanea Villa Franceschi a Riccione, è stato infatti eccezionalmente spostato a Bologna per l'evento.
Inoltre nello spazio Talk di Arte Fiera si è tenuta una conversazione di approfondimento sulla figura dell'artista e sulla vicenda creativa dei suoi arazzi insieme allo storico e critico Bruno Corà, Presidente della Fondazione Burri e alla critica e giornalista Angela Vettese, Direttrice di Arte Fiera. (S.F.)
http://www.artefiera.it/video-contributi/7103.html
Il restyling di due degli arredi più preziosi della regione: gli arazzi di Burri
Gli arazzi di Alberto Burri rivivono grazie all’intervento di manutenzione finanziato dalla Regione Emilia-Romagna, avviato e concluso nel dicembre 2016.
Era dal 1986, anno in cui furono realizzati, che gli arredi non venivano ispezionati da un punto di vista conservativo. Cosa che è stata fatta di recente e che ha verificato il buono stato di salute dei materiali alterati solo da un’opacità cromatica generale e da macchie diffuse concentrate soprattutto nel lato superiore per il deposito di nerofumo prodotto dal rilascio del sistema di riscaldamento.
L’intervento di recupero, seguito dall’Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna e consistito in una pulitura accurata e in una revisione dello stato conservativo della tessitura, dei filati e dei criteri di ostensione dei manufatti appesi ai due pilastri di ingresso della sede regionale, ha restituito forma, luce e colore agli arredi la cui visibilità si era forse appannata nel tempo.
Il ripristino magistralmente eseguito in situ dal laboratorio specializzato RT Restauro Tessile di Albinea (Reggio Emilia), oltre ad aver restituito la bellezza originaria dei materiali, ha evitato traumi inutili e pericolosi prodotti dalla movimentazione in andata e ritorno dal laboratorio di restauro, oltre ad aver letteralmente dimezzato i costi dell’intervento.
La manutenzione conservativa degli arredi è stata poi integrata da un apparato informativo e da un’illuminazione artificiale a led studiata ad hoc per esaltarne i valori grafici e cromatici.
La loro valorizzazione è stata completata da una presentazione pubblica in occasione di Arte Fiera e Art City 2017. Il tutto realizzato in tempi record tra i mesi di dicembre 2016 e gennaio 2017.
I due arazzi da sempre in mostra permanente al pubblico al Fiera District di Bologna, inizialmente allestiti nell’ingresso della sede regionale di viale Aldo Moro 30, poi ricollocati nell’atrio della Presidenza della Regione al civico 52, sono restituiti a nuova vita e fanno bella mostra con un restyling che li mette in primo piano e rende merito dell’opera di uno dei più grandi maestri dell’arte contemporanea italiana. Essi inoltre rappresentano un vero e proprio unicum essendo gli unici esemplari tessili, insieme a un arazzo bianco e nero in lana e acrilico realizzato dall’artista umbro nei primi anni ’50.
Per Burri il tessile ha da sempre goduto di un’attenzione particolare. Dagli anni ’40-’50 lo ha utilizzato come materia prima per le sue sperimentazioni creative inserendo nelle sue opere frammenti di tela di juta grezza semplice o modificata da tagli, lacerazioni, cuciture, rattoppi, combustioni e sovra immissione di coloriture.
Il suo uso, in mischia con altri materiali, è sempre stato declinato come forma cromatica su tela, di rado come espressione autonoma.
Solo in due casi particolari, l’arazzo bianco-nero del ’50 e i due arazzi bolognesi del ’86, la ricerca è stata spinta oltre, realizzando vere e proprie tessiture ad arazzo e a tappeto, seguendo una sperimentazione tutta concentrata sul tessile praticata non con sistematicità dagli artisti del Novecento.
Burri si è confrontato con non solo con la materia prima, il filato, la sua consistenza e i suoi colori, ma anche con i sui intrecci. L’artista da curioso “clinico dell’arte” interessato all’artigianato tessile di tradizione, ha selezionato per i due arredi bolognesi l’alta qualità del filato, le sue tinture, ha preteso un’alta densità di fili fino a richiedere una tessitura manuale, non meccanica, ma fatta con la tecnica antica dell’annodatura propria dei tappeti. Un’operazione chirurgica di analisi dei dettagli tecnici che ha permesso all’artista umbro di ottenere la massima fedeltà nella resa dei valori formali e cromatici espressi nei bozzetti.
Cosa questa che obbliga oggi a rinominare correttamente gli arredi non “arazzi” bensì “tappeti a nodi”, o meglio per la precisione “tappeti usati ad arazzo” essendo i primi utilizzati a parete e i secondi a pavimento.
Gli arredi bolognesi esprimono inoltre il grande portato culturale di Burri che ha voluto coniugare il sapere tecnico di un’arte antica quanto il mondo come quella tessile con le istanze del moderno design applicato alla decorazione degli interni, ripercorrendo le tappe fondamentali del suo sviluppo dalla sperimentazione moderna del Bauhaus fino alle avanguardie artistiche del Novecento.
Manufatti quindi davvero eccezionali per concezione creativa e realizzazione tecnica sviluppata su dimensioni monumentali e con materiali non propriamente consueti per gli artisti contemporaneo. (I.S.)
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