Rivista "IBC" XXV, 2017, 1
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A conclusione di oltre dieci anni di lavoro e di ricerche Andrea Emiliani ha dato alle stampe un corposo volume dedicato alla vicenda personale, culturale e artistica di Pietro Giordani (Piacenza 1774-Parma 1848) a Bologna. Il letterato, universalmente noto per il rapporto culturale con Giacomo Leopardi, del quale comprende immediatamente le grandi qualità di scrittore e di poeta, è molto legato a Bologna. Qui il piacentino trascorre dieci anni, tra il 1804 e il 1814, e dal 1808 diviene pro-segretario dell’Accademia di Belle Arti. In Accademia affronta i temi della conservazione del patrimonio artistico e della lettura dell’opera d’arte che orienta verso una moderna nozione di esegesi artistica.
“Nasceva - scrive Andrea Emiliani (p. 345) – […] pur in mezzo ad incertezze come anche ad attenzioni insolite circa la sorte materiale dell’arte, un’attitudine al documentare, al connettere e al ricomporre gli infiniti aspetti d’una linearità storica frantumata. Siamo alle soglie d’una accumulazione di notizie quale si sarebbe più tardi attestata su d’una filologia che […] portava avanti la costruzione di una verifica adatta alla vicenda storica”.
L’autore percorre le vicende di circa un decennio su un doppio binario: l’organizzazione accademica da un lato, stretta tra le riforme napoleoniche prima e il ritorno del Pontefice poi, e i molti problemi di una didattica delle arti in continua evoluzione, dall’altro lato la vita del letterato piacentino impegnato nell’organizzazione degli studi e nei non sempre facili rapporti gerarchici.
Su tutto spicca la figura di Giordani prosegretario. Studioso e intellettuale prestato alla pubblica amministrazione. Questi aveva iniziato una brillante carriera di segretario di prefettura a Ferrara. L’arrivo in Accademia dopo alterne vicende, segna una battuta d’arresto nella carriera giordaniana, ma rappresenta per il giovane piacentino la speranza di una relativa tranquillità e la possibilità, sempre desiderata, di dedicarsi agli studi.
La realtà sarà inferiore alle aspettative ma gli anni del prosegretariato rappresentano per il Giordani un momento importante. Si impegna nelle orazioni accademiche, nei rapporti sociali dei salotti bolognesi, in particolare quello della Cornelia Martinetti (nota sacerdotessa foscoliana), negli scambi con amici e artisti non solo bolognesi.
Il volume dell’Emiliani dopo una breve introduzione sulla giovinezza del Giordani affronta l’assetto e la gestione della nuova accademia: la riforma napoleonica, l’istituzione della pinacoteca nel convento di S. Ignazio, l’organizzazione didattica del nuovo istituto e il ruolo degli artisti: da Pelagio Palagi a Francesco Rosaspina, da Antonio Basoli al faentino Giovanni Antolini.
La seconda parte è dedicata perlopiù ai testi giordaniani di argomento artistico: la descrizione del Foro Bonaparte – ad esempio –, le orazioni accademiche sulle belle arti e sui sepolcri della Certosa. Su tutte spicca, per importanza storico critica e ampiezza, il lavoro su Innocenzo da Imola. Alle esperienze letterarie si intrecciano i difficili rapporti con Carlo Filippo Aldrovandi (presidente dell’Accademia), con Antonio Canova e con Leopoldo Cicognara. La storia si conclude, come per molti altri funzionari napoleonici, con l’allontanamento da Bologna al rientro del Pontefice.
L’autore individua in Giordani un modello intellettuale che coniuga cultura letteraria e conoscenza artistica, consapevolezza dell’importanza civile ed educativa delle arti, coscienza del valore pubblico del patrimonio artistico e quindi della necessità della sua conservazione.
Proprio sul piano della ricerca applicata e della convinzione dell’indissolubile intreccio tra ricerca storico-artistica e territorio, l’impegno di Pietro Giordani da un lato e dall’altro la riflessione e l’azione di Andrea Emiliani (sulle quali non occorre dilungarsi in questa sede) si sono incontrati e hanno dato vita a questo libro.
Così il 24 giugno 1812 il Giordani, immerso nell’esemplare ricerca su Innocenzo Francucci da Imola (1489/94- post 1543), scrive da Bologna, ad Antonio Canova: “.. ho dovuto andare ad Imola, a Faenza, e nelle campagne a visitare certi quadri d’Innocenzo, per il mio lavoro: né anche in città ho avuto riposo, dovendo frugare in cento luoghi, dove sperar potessi o pitture o notizie”.
Pietro Giordani percorre dunque le campagne e la città alla ricerca delle opere, antesignano per certi aspetti di Giovan Battista Cavalcaselle che nel 1861, agli albori dello stato nazionale, esegue una prima ricognizione autoptica delle opere d’arte tra Umbria e Marche. Entrambi, se si vuole, precorritori di Andrea Emiliani che, nel 1971, nel libro intitolato La conservazione come pubblico servizio, invoca la necessità di “recuperare alla storia dell’arte – che pure dovrebbe esserne naturalmente padrona – quella dimensione spazio-temporale entro la cui globale visione è possibile conoscere il nostro territorio culturale, e proporne di conseguenza, con conosciuta correttezza di metodo, una buona tutela ed una saggia manutenzione”.
Andrea Emiliani, Pietro Giordani e le origini dell’Accademia di Belle arti di Bologna. Appunti per una storia dell’impegno civile ed artistico di Pietro Giordani (1808-1815), Gorgonzola (Mi), Bononia University Press, 2015.
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