Rivista "IBC" XXV, 2017, 1

territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / pubblicazioni

Tessere di storia

Anna Bondini
[Funzionario Archeologo per la tutela Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini]

Il volume sui mosaici di Rimini romana è un vero e proprio viaggio nel tempo e nello spazio: una narrazione che risale i secoli riportando il lettore al periodo di Ariminum, con il suo tessuto urbano articolato in spazi pubblici e quartieri residenziali in cui si riversano le abilità costruttive e decorative degli artigiani, accompagnandolo poi all'interno delle dimore cittadine per scoprirne gli spazi, i gusti e le funzioni attraverso sale da pranzo, vestiboli, camere da letto, aule di rappresentanza.
Il testo mostra in maniera brillante come il lavoro dell'archeologo, supportato da una minuziosa analisi di tutti gli elementi del contesto, dai particolari costruttivi ai dettagli stilistici agli elementi datanti, possa condurre ad una sintesi storica capace di ricomprendere e spiegare ogni particolare in un racconto unitario, affascinante e stimolante tanto per gli specialisti quanto per i non addetti ai lavori, grazie ad un'autentica opera di “traduzione” che costituisce proprio il fine delle discipline legate alla scienza dell'antichità.
Un racconto che prende le mosse dal recente passato, con il susseguirsi delle scoperte di porzioni di antiche domus a partire dal dopoguerra fino ai giorni nostri, per poi illustrare l'evoluzione dell'articolazione degli spazi residenziali e con essi delle decorazioni pavimentali, soprattutto musive, nell'arco di otto secoli, dalla fondazione della colonia nel 268 a C. fino al tramonto della città di Ariminum nell'epoca tardoantica (V sec. d.C.). Il fil rouge della narrazione dunque, ben lungi dal configurarsi come un catalogo di mosaici descritti in una prospettiva stilistica, riconduce invece l'interpretazione di ciascun frammento alla funzione degli ambienti, al gusto dei padroni di casa e all'effetto che si desiderava produrre negli ospiti: mostrando in questo modo come l'impaginazione del pavimento, la scelta iconografica e la resa formale dipendessero sia dalla temperie culturale cittadina, sia dalla maestria degli artigiani chiamati ad interpretare e soddisfare le richieste dei proprietari. Emerge con chiarezza dunque il legame tra l'iconografia dei mosaici e le esigenze di una committenza agiata e colta che ai programmi decorativi (doveva essere lo stesso anche per gli affreschi murari e i cicli statuari, molto meno risparmiati da crolli e distruzioni rispetto ai pavimenti) affidava l'esibizione e allo stesso tempo la legittimazione del proprio status sociale. Una classe di domini che aderisce con entusiasmo alla cultura romana, a cui deve il proprio sviluppo, e che dall'Urbe si lascia influenzare adottando velocemente le tendenze più alla moda, che gli artigiani locali accolgono con uno spirito originale e creativo che porta da un lato a una condivisione di modelli e schemi decorativi, dall'altro a soluzioni inedite e combinazioni del tutto particolari, testimoniate da numerosi casi unici e senza confronti.
Il volume si chiude con una presentazione delle recentissime scoperte nel Teatro Galli, dove sono emersi resti di lussuose domus di età imperiale in cui non potevano mancare eleganti pavimentazioni musive, a conferma di come Rimini custodisca, a poca profondità dal suolo attuale, il suo “cuore antico” che affiora ogni volta che lo scavo archeologico ne sfoglia a ritroso le pagine passate.

Angela Fontemaggi, Orietta Piolanti, Mosaici di Rimini romana, con un contributo di Renata Curina, Bologna, Minerva Edizioni 2016.

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