Rivista "IBC" XXV, 2017, 1

biblioteche e archivi / mostre e rassegne

Un breve ritorno. Gli autografi di Giacomo Leopardi da Visso a Bologna

Clara Maldini
[Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, Bologna]

Le vicende biografiche e la produzione letteraria di Giacomo Leopardi (1798-1837) si intrecciano strettamente con il clima culturale che animava Bologna nel terzo decennio dell'Ottocento. Il poeta soggiornò a lungo nella città emiliana fra il 1825 e il 1830, entrando in contatto con ambienti e figure fondamentali per la sua formazione come Pietro Giordani, Giovanni Marchetti, Carlo Pepoli, e determinanti per la diffusione e la fortuna delle sue opere come l'editore Pietro Brighenti (1775-1848) e Prospero Viani (1812-1892). ( 1) Questi pubblicò per primo nel 1849, a più di dieci anni dalla morte del poeta, l' Epistolario leopardiano presso l'editore fiorentino Le Monnier. In quell'occasione probabilmente entrò in possesso di una preziosa raccolta di manoscritti autografi che, a malincuore per ristrettezze economiche, vendette nel 1869 a Giovanni Battista Gaola Antinori (1821-1898), sindaco di Visso e deputato del Regno: “Con grave dolore abbandono altrui queste preziose carte, e mi sarà solo in parte attenuato se passeranno nelle mani di persone che le sappiano pregiare e conservare”. ( 2)

La mostra L'infinito. Gli autografi di Giacomo Leopardi da Visso a Bologna, allestita presso la Biblioteca dell'Archiginnasio dal 21 dicembre 2016 al 28 febbraio 2017, ha ricondotto a Bologna per un breve periodo proprio gli autografi del poeta recanatese venduti ormai 147 anni fa al Comune di Visso. L'iniziativa è stata realizzata grazie alla collaborazione della Soprintendenza archivistica e bibliografica delle Marche e dell'Umbria che ha autorizzato il prestito all'Istituzione Biblioteche del Comune di Bologna.

La raccolta degli autografi, fulcro del Museo dei Manoscritti Leopardiani di Visso, comprende sei Idilli ( L’Infinito, La sera del giorno festivo, Lo spavento notturno, La Ricordanza,poi Alla Luna, Il Sogno, La Vita Solitaria), l' Epistola al conte Carlo Pepoli, cinque Sonetti in persona di ser Pecora, il Commento alle Rime del Petrarca, e quattordici Lettere indirizzate fra il 1825 e il 1831 all'editore milanese Antonio Fortunato Stella (1757-1833).

I rapporti fra Giacomo Leopardi e Stella si avviarono fin dai primissimi anni di attività del poeta, quando era appena diciottenne. Risale al 1816 la pubblicazione, all'interno del periodico “Lo Spettatore”, edito per l'appunto da Stella, di La guerra dei topi e delle rane, una delle prime prove di Leopardi come traduttore dal greco. Nell'anno successivo, nel 1817, Stella pubblicò un'altra traduzione dal greco del Nostro, l' Inno a Nettuno d'incerto autore nuovamente scoperto. Ma fu soprattutto negli anni 1825-1828 che la collaborazione di Leopardi con l'editore Stella si intensificò, con la pubblicazione a dispense delle Rime di Francesco Petrarca nel 1826, delle Operette morali nel 1826 e nel 1827, e della Crestomazia italiana poetica nel 1828. Risalgono a questi anni di intensa collaborazione, fra il 1825 e il 1831, le quattordici lettere autografe del Museo di Visso, molte delle quali spedite da Bologna.       

Fu proprio mentre si recava a Milano su invito dell'editore Stella, che Leopardi ebbe occasione di fermarsi per la prima volta a Bologna. Durante questa visita durata appena dieci giorni, dal 17 al 27 luglio 1825, conobbe il coetaneo Carlo Pepoli (1796-1881). Il legame si consolidò al ritorno del poeta nella città emiliana, dove si trattenne per più di un anno, fra il settembre del 1825 e il novembre del 1826. Il 27 marzo 1826, durante una serata al Casino dei Nobili, presso l'Accademia dei Felsinei, Leopardi recitò un'epistola in versi dedicata all'amico Pepoli, di cui un autografo è conservato a Visso: “Questo affannoso e travagliato sonno / Che noi vita nomiam, come sopporti, / Pepoli mio? […]”. ( 3)         

L'Infinito, a cui è stata intitolata la mostra, fu composto presumibilmente fra la primavera e l'autunno del 1819. Si conoscono due stesure autografe dell'opera: quella più antica, databile al 1819 e conservata presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, e quella successiva che appartiene al Comune di Visso e che fu redatta verosimilmente a ridosso del dicembre 1825, quando L'Infinito, seguito da La Sera del giorno festivo, fu pubblicato sul primo numero del periodico milanese “Il Nuovo Ricoglitore” dell'editore Stella; a seguire, nel gennaio del 1826, uscirono gli altri quattro Idilli. Nell'edizione del 1826, per i tipi della Stamperia delle Muse di Bologna, L'Infinito è il primo dei sei Idilli con cui si aprono i Versi del conte Giacomo Leopardi. Oltre a L'Infinito e a La sera del giorno festivo, sono pubblicati La Ricordanza, Il sogno, Lo spavento notturno e La vita solitaria. Fu il manoscritto di Visso ad essere utilizzato sia per la stampa sul periodico milanese sia per l'edizione bolognese dei Versi, poiché, al contrario dell'autografo napoletano, restituisce l'ordine esatto con cui gli Idilli vennero pubblicati. Il confronto fra i due manoscritti autografi e le pubblicazioni che si sono succedute fra il 1825 e il 1835, anno in cui uscì la versione definitiva del testo per i tipi di Starita di Napoli, consente di ripercorrere la cronistoria delle scelte e dei ripensamenti del poeta recanatese intorno al termine a cui affidare l'esordio del penultimo verso dell'idillio. ( 4) Nel più antico autografo napoletano del 1819, ‘Immensitade’ è cancellato da un tratto di penna, a cui è sovrascritta la parola ‘Infinità’. Il successivo manoscritto vissano del 1825 accoglie quasi tutte le modifiche vergate dall'autore nel 1819, eccezion fatta per il vocabolo ‘Immensità’, ancora una volta prima scelto, ma poi depennato e sostituito da ‘Infinità’, forse per preservare la rispondenza fra il finale del testo e il suo titolo. La versione attestata dall'autografo vissano è riportata fedelmente nella prima pubblicazione dell'idillio sul periodico milanese “Il Nuovo Ricoglitore” del dicembre 1825 e nei Versi per i tipi della Stamperia delle Muse di Bologna del 1826. Solo nell'edizione fiorentina dei Canti,pubblicati da Guglielmo Piatti nel 1831, ‘Immensità’ viene per la prima volta proposto in luogo di ‘Infinità’. La scelta fu poi confermata nell'edizione definitiva del sonetto pubblicata a Napoli da Saverio Starita nel 1835, l'ultima curata dall'autore prima della morte.

1 Per un'approfondita indagine sul rapporto fra Leopardi e Bologna si vedano Giacomo Leopardi e Bologna. Libri, immagini e documenti, a cura di Cristina Bersani e Valeria Roncuzzi Roversi-Monaco, catalogo della mostra, Bologna, Biblioteca dell'Archiginnasio, 18 maggio-30 settembre 1998, Bologna, Pàtron, 2001; Questa benedetta Bologna. Impressioni e annotazioni su Bologna tratte dall'Epistolario con alcuni appunti tratti dallo Zibaldone di Giacomo Leopardi (in appendice: Giuseppe Lipparini, Il Leopardi a Bologna; Antonio Baldini, Leopardi a Bologna; Giovanni Gambarin, L'unico amore di Leopardi a Bologna), Bologna, Boni, 2002; Rispedita al mittente: da Bologna... a Bologna. Una lettera di Giacomo Leopardi, a cura di Davide Rondoni, Bologna, Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, 2004; Giacomo Leopardi, Lettere da Bologna, a cura di Pantaleo Palmieri e Paolo Rota, Bologna, Bononia University Press, 2008.

2 Cfr. Museo dei Manoscritti Leopardiani di Visso, lettera di Prospero Viani a Filippo Mariotti, Bologna 19 ottobre 1868, c. 1 verso.

3 Cfr . Museo dei Manoscritti Leopardiani di Visso, “Epistola al conte Carlo Pepoli”, in “Epistola”, [1826], manoscritto autografo di Giacomo Leopardi, c. 1 recto. Sui manoscritti dell' Epistola al conte Carlo Pepoli cfr. Alberto Caprioli, Nota leopardiana. Per una storia dei manoscritti dell'Epistola al conte Carlo Pepoli, in Giacomo Leopardi e Bologna. Libri, immagini e documenti, a cura di Cristina Bersani e Valeria Roncuzzi Roversi-Monaco, catalogo della mostra, Bologna, Biblioteca dell'Archiginnasio, 18 maggio-30 settembre 1998, Bologna, Pàtron, 2001, pp. 345-356.     

4 Cfr. Angelo Monteverdi, La falsa e la vera storia dell'Infinito, in Id., Frammenti critici leopardiani, 2° ed., Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1967, pp. 137-151; Sebastiano Timpanaro, Di alcune falsificazioni di scritti leopardiani, in Id., Aspetti e figure della cultura ottocentesca, Pisa, Nistri-Lischi, 1979, pp. 296-348.

Azioni sul documento

Elenco delle riviste

    Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna - Cod. fiscale 800 812 90 373

    Via Galliera 21, 40121 Bologna - tel. +39 051 527 66 00 - fax +39 051 232 599 - direzioneibc@postacert.regione.emilia-romagna.it

    Informativa utilizzo dei cookie

    Regione Emilia-Romagna (CF 800.625.903.79) - Viale Aldo Moro 52, 40127 Bologna - Centralino: 051.5271
    Ufficio Relazioni con il Pubblico: Numero Verde URP: 800 66.22.00, urp@regione.emilia-romagna.it, urp@postacert.regione.emilia-romagna.it