Rivista "IBC" XXIV, 2016, 1

musei e beni culturali / mostre e rassegne

Una mostra per narrare la storia della Prima Guerra Mondiale tra aneddoti, curiosità e oggetti insoliti.
Oltre il grigio del piombo e degli elmetti

Federica Dal Forno
[Consulente presso l'Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito]

 

Di fronte all'uniforme di cavalleria di fine Ottocento, lo sguardo inevitabilmente si sofferma ad ammirare l 'elmo leggero, dove, sull'elegante cimiero dorato, una testa leonina sorride al di sopra della brillante croce argentata dei Savoia, infissa sul bel pelo di foca nero e lucido che orna la calotta. Le note della Cavalleria leggera di Franz Von Suppé irrompono nella sala con l'allegro appello delle trombe, è facile allora immaginare l'incredibile spettacolo dei cavalieri lanciati alla carica in campo aperto, quando la guerra si combatteva ancora palesando al nemico le proprie intenzioni. Un gruppo di visitatori si affaccia immancabilmente perplesso all'ingresso della grande sala: "Che sia davvero questa la mostra sulla Prima Guerra Mondiale?" Di fronte a loro, ad accoglierli, un magnifico abito femminile di fine Ottocento che di certo non ha un'aria né marziale né tantomeno bellica: l'esilissimo punto vita nascosto da volute di seta rosa racconta di strettissimi corpetti, di donne raffinate e fragili, vezzose nei pizzi bianchi che fanno capolino dalle maniche e dal cappellino da sole. Poco lontano, una tunichetta anni venti, sfrontata nelle linee morbide di seta bianca e nera che si arrestano appena sotto il ginocchio, fa bella mostra di sé, ammiccando al fastoso predecessore da sotto una fascia per capelli ornata di un grazioso pennacchio di piume. Nessuno dei due abiti parrebbe a prima vista avere nulla a che fare con la Grande Guerra, eppure non è così. Persino l'elegante uniforme di cavalleria del XIX secolo sembra fuori luogo, per quanto subito accanto si mostri discreta la prima uniforme grigio-verde del 1915, del tutto priva di attrattive e quasi invisibile, eclissata dai colori brillanti dei fastosi vicini. Un giovane addetto accoglie i perplessi ospiti, mentre un valzer di inizio secolo accarezza i ricordi di quella che fu la Belle Époque.

La mostra Bollettino 1268. Il confine di carta promossa dallo Stato Maggiore dell'Esercito in occasione del centenario della Prima Guerra Mondiale e inaugurata lo scorso settembre dal Ministro della Difesa, Onorevole Roberta Pinotti, è un evento commemorativo assai significativo che si avvale di forme di comunicazione innovative, raccontando la storia in modo originale e accattivante. Il grigiore delle foto d'epoca torna a tingersi degli originali toni vivaci dei drappi e delle uniformi, cause ed eventi sono narrati dai loro protagonisti, poiché la Prima Guerra Mondiale ebbe tante variegate sfaccettature che vanno oltre il grigio del piombo, della roccia e del cemento. Nelle foto i soldati riprendono colore, narrando la vita, seppure accanto alla morte. Fantasiosa e inconsueta la scelta di oggetti rari e curiosi provenienti da ben dodici musei militari e tre collezioni private; preziosa la collaborazione di Enti esterni alla Forza Armata, come l'Istituto per i beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna a cui si deve il grande supporto tecnico-scientifico nella scelta e nell'allestimento degli abiti civili, mentre all'Ufficio Archeologico della Soprintendenza per i Beni Culturali della Provincia autonoma di Trento si debbono i preziosi reperti da poco rinvenuti sulle più alte quote raggiunte dalla Guerra Bianca. La partecipazione di Rai Storia, della Discoteca di Stato (I.C.B.S.A.) e del Centro Sperimentale di Cinematografia dell'Università di Tor Vergata hanno permesso infine di restituire le voci agli uomini di allora nonché di presentare filmati originali del periodo e documentari di grande suggestione. La storia viene narrata affrontando il passato con sguardo limpido, non nascondendo nemmeno gli aspetti più penosi di una guerra combattuta da uomini di diversa provenienza geografica, estrazione sociale e cultura, catapultati in un conflitto spesso troppo difficile da comprendere per chi non conosceva nemmeno l'italiano. Per afferrare l'evento nella complessità dei suoi risvolti epocali, non basta infatti l'enunciazione degli accadimenti principali, è necessario immergersi nel periodo storico in cui il fatto avvenne, vestirsi con gli abiti della società del tempo, destreggiarsi con la tecnologia più o meno avanzata del momento, dotarsi dell'uniforme da combattimento, quindi, solo allora si può immaginare non solo ciò che avvenne, ma come avvenne. È possibile allora scoprire tutta la sete sofferta dai soldati sulle pietre arroventate del Carso condensata all'interno della tanichetta di raffreddamento di una mitragliatrice, percepire la nostalgia di casa fra le corde arrugginite di una chitarrina costruita in trincea con le assi delle cassette di munizioni, trovare l'amore di due giovani ancora racchiuso in un portafoglio a forma di cuore, udire la preghiera più accorata in un rosario realizzato con pallottole e shrapnel. Un viaggio nel tempo che trova il suo apice nella ricostruzione 3D di una trincea di prima linea, ambientata al buio (gli attacchi austriaci avvenivano solitamente prima dell'alba) e dotata di impianti audio visivi per simulare il fuoco nemico nonché il funzionamento dei dispositivi di puntamento dei tiratori scelti, una sorta di period roomsche coinvolge adulti e bambini di ogni età, illustrando più di tante parole il teatro principale degli scontri bellici. Tutti i cimeli divengono "oggetti narranti" con i quali dialogare e scoprire aspetti nascosti del conflitto: essi accompagnano il visitatore per mano attraverso gli anni di guerra stupendo con le curiosità del loro funzionamento, invitando a guardare dentro il fango delle trincee e infine innalzare lo sguardo al cielo, dove navicelle sorrette da giganteschi involucri colmi d'idrogeno oscurano il sole, mentre fragili aerei di legno e tela si affrontano in singolar tenzone, come gli antichi cavalieri di una giostra, avversari, non nemici. Ecco quindi affiorare a poco a poco le prime contraddizioni, molte ne appariranno all'interno delle linee scavate lungo il fronte, in un conflitto combattuto da persone, non da macchine.

È su questa riflessione che si innesta il titolo della mostra e che sottende il filo conduttore di tutta la narrazione, racchiuso nella parola "confine". Il rimando più immediato è quello rivolto alla natura stessa del Bollettino, un semplice foglio di carta che, il 4 novembre 1918, scese sull'Italia come un sipario a interrompere una guerra, un foglio di carta che ebbe il grande potere di fare da confine tra un tempo di belligeranza e un tempo di pace. In quell'istante, gli italiani, con il ricordo dei terribili eventi ancora nel cuore, si strinsero commossi intorno alla propria bandiera, salutando la pace da Nazione forte e soprattutto unita. Sulla soglia di questa data ho immaginato di collocare il visitatore mentre ascolta le parole di un soldato, novello Virgilio, che, con la serenità della pace conquistata, guarda indietro agli orrori della guerra, con sguardo critico, dolente, ma anche fiero e commosso. Eppure, cento anni sono passati e nessuna voce rimane più a narrare i fatti, quel reduce non è più, il nostro Virgilio è ormai fatto di carta, traspare con la sua verità tra i diari sgrammaticati del tempo, più o meno colpiti dalla censura o dalla propaganda. Con questa consapevolezza, il racconto viene articolato in tanti piccoli affreschi, cercando di comporre i tasselli spesso tralasciati nella narrazione della Grande Guerra, senza alcuna velleità compendiaria, esaustiva o revisionista, guardando quanto più possibile all'uomo, raccontando con rispetto il suo sacrificio.

Il confine è dunque il filo conduttore della mostra poiché i confini più o meno nascosti in una guerra sono innumerevoli e scoprirli, ricercarli, pone interrogativi che aiutano a riflettere. Confini geografici, etici, culturali, tecnologici? La Grande Guerra viene condotta sull'orlo dei confini nazionali ma è all'interno delle trincee che si scoprono altri confini, quelli maggiormente celati, quelli interiori, quelli che dilaniano le coscienze dei soldati. Vediamo allora uomini che si battono contro un nemico che faticano a riconoscere tale, scorgendolo fratello al di là della linea di fuoco, anch'esso vittima della guerra, delle durissime condizioni di vita dettate dal combattimento, fratello nella fame, nella sete, nei pidocchi, nemico soltanto per destino. E ancora, al Nord della Penisola, troviamo uomini dal passaporto austriaco ma di lingua e cultura italiana, che decidono di morire per la terra straniera, medaglia d'oro in Italia, traditori della loro patria. E ancora, italiani all'estero, emigrati in paesi lontanissimi, che decidono di lasciare l'impiego che è il pane per le proprie famiglie rimaste in Italia e di attraversare mezzo mondo per tornare a morire qui, con il fucile in pugno, in qualche sperduto anfratto delle Dolomiti. Inaspettati flashback che giungono a noi dal passato, vivaci frammenti di memoria che fanno riflettere, che suggeriscono percorsi di approfondimento, che invitano a guardare al di sotto della fredda crosta storica degli eventi macroscopici dei quali spesso ci si accontenta. La storia c'è, ma ha il sapore del racconto, il calore del ricordo. Un percorso pensato principalmente per i giovani ma che, in pochi mesi, ha dato prova di entusiasmare il pubblico di ogni età. E forse non stupisce, sul finire della visita, scoprire nel guestbook che accoglie i commenti dei visitatori, che quanto narrato fa sorgere nei cuori e nelle menti un'unica frase, espressa in tanti modi e in tante calligrafie diverse: "mai più guerra!".

Il 15 settembre 2016 la mostra Bollettino 1268 ha riaperto i battenti dopo la pausa estiva con due entusiasmanti novità: gli abiti femminili sono stati sostituiti con due pezzi della prestigiosa collezione d'epoca di Annamode Fondazione, nel settore da oltre settant'anni, rinnovando la sezione dedicata alla Belle Époque. Inoltre, nella primavera 2016, il Museo della Fanteria ha sottoscritto una convenzione con alcuni Istituti superiori inserendo la mostra all'interno del progetto scuola-lavoro rivolto agli studenti che si apprestano a raggiungere la maturità e ad affrontare una scelta che riguarda il loro futuro professionale. Le classi coinvolte nel progetto hanno non solo approfondito la conoscenza della storia della Prima Guerra Mondiale, ma hanno conosciuto le professioni e le attività museali: hanno stilato schede tecniche dei cimeli del museo, hanno esaminato i reperti al microscopio scoprendone le caratteristiche nascoste, ne hanno valutato lo stato di conservazione, hanno reperito testi e argomenti a supporto dell'esposizione e hanno infine realizzato un sito ( http://www.altalete.it sezione "codes-of-war"), a cui si può accedere mediante computer, smartphone e attraverso 18 QR-code posizionati accanto ad altrettanti oggetti della mostra, consentendo ai visitatori di trovare degli approfondimenti sugli oggetti o sulle condizioni di vita del soldato, espressamente scelti e descritti secondo la sensibilità e la partecipazione dei ragazzi. È questo un passo rivoluzionario per gli studenti che sono entrati a far parte del museo, contribuendo personalmente all'arricchimento della collezione, potendo trasmettere al pubblico la propria visione della storia. Il traguardo più grande, a cui tutti gli operatori della cultura possono ambire, è proprio quello di rendere la realtà museale vivace e prolifica per i giovani di domani, un luogo dove i ragazzi possano contribuire al sapere comune e sentirsi essi stessi artefici e portavoce dei valori umani più alti. Questo primo progetto ha dunque aperto le porte a questo interscambio che spero possa proseguire con altre belle e fertili iniziative.

Non posso non concludere rendendo grande merito a tutti coloro che a vario titolo hanno partecipato al progetto con immancabile entusiasmo e professionalità, in modo particolare a chi lo ha sostenuto e promosso, ovvero allo Stato Maggiore dell'Esercito - V Reparto Affari Generali nella persona illuminata del Generale di Divisione Giuseppenicola Tota che ringrazio sentitamente per avermi scelto quale interprete degli alti sentimenti e valori che ancora oggi legano la Forza Armata a questa pagina di storia così importante e significativa. La mostra, che nasce sotto la Struttura di Missione per gli Anniversari di interesse Nazionale istituita dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, è stata onorata dell'Alto Patronato della Presidenza della Repubblica.

Mostra "Bollettino 1268. Il confine di carta" a cura di Federica Dal Forno, Museo storico della fanteria, Roma, 9 settembre 2015-4 novembre 2018

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