Rivista "IBC" XXIII, 2015, 1

musei e beni culturali / mostre e rassegne

La terza edizione di "Art City Bologna" ha connesso strettamente il tessuto culturale urbano, collegando musei, sedi espositive pubbliche o private, e gallerie.
Un museo a forma di città

Claudia Collina
[IBC]

Ezio Raimondi, in un editoriale della rivista "IBC" del 2008, rifletteva sull'importanza simbolica, identitaria, connettiva ed esistenziale della cultura e dei suoi beni e, soprattutto nei "tempi difficili" che stiamo vivendo, indicava in "fantasia e rigore" gli ingredienti necessari per educare la collettività a fruire i beni culturali nella quotidianità e non solo in occasione di grandi, brevi, eventi: "Deve essere poi chiaro che per riscoprire il passato occorre conoscere il presente, viverlo nelle sue ansie, nelle sue contraddizioni, soprattutto quando si tratta dell'arte e dei suoi linguaggi nati dopo la crisi romantica del Bello e l'avvento dell'Interessante, di quello che già il grande Tocqueville definiva l'iperbole retorica di una civiltà di massa".1

L'edizione di "Art City Bologna 2015", svoltasi dal 23 al 25 gennaio a cura di Gianfranco Maraniello, a Raimondi sarebbe piaciuta, perché, come mai era avvenuto così compiutamente sinora, la manifestazione che si integra con "Arte Fiera" e l'affianca, prolungandone significativamente e autonomamente l'esposizione, ha connesso con organicità aracnea il tessuto culturale della città: musei, sedi espositive pubbliche o private, e gallerie.

In un continuum storico artistico si sono incontrate arte antica, moderna e contemporanea, dando vita a percezioni dialettiche, a luoghi della mente nei luoghi della memoria che, con la loro storia e il loro passato, in questa occasione hanno incarnato l'auspicato "teatro vivente: il grande museo all'aperto, come qualcuno ha definito la terra italiana".2 Quel "museo diffuso" sul quale insiste da tanti anni l'Istituto regionale per i beni culturali, affinché sia valorizzato come esperienza attiva.


Gianfranco Maraniello ha tessuto una tela a spirale fitta di rapporti e tramandi e fissato i punti delle stazioni espositive che, attraverso il filo conduttore del dialogo tra passato e presente, tra antico e contemporaneo, hanno coniugato l'arte del territorio a quella europea e globale.

L'estremità iniziale di tale trama - ovviamente oltre l'antologica "Ghost House" di Lawrence Carrol al MAMbo, il Museo d'arte moderna di Bologna - era costituito da "Manifesto anatomico" di Sissi, che ha agganciato i quattro punti cardinali della sua Anatomia parallela nei Musei di Palazzo Poggi, nelle Collezioni comunali d'arte dei Musei civici, nella Biblioteca dell'Archiginnasio e nella Gipsoteca del Museo civico archeologico.

"Anatomia parallela è un progetto che seguo da molto tempo. Possiamo definirlo come un vero e proprio trattato di anatomia emotiva e immaginaria, descritta scientificamente, che ho studiato e formulato negli anni, adattandola al mio corpo".3 L'artista definisce gli organi cavi del nostro corpo "le nostre 'case emotive'", archivi della vita interiore da cui escono i reperti personali che dal nucleo più profondo della sfera interiore, a strati, raggiungono la superficie, in un'osmosi tra essenza e apparenza dell'essere che, trasformato come un paesaggio simbolico e visionario, offre il fenomeno di sé. Una mappa incarnata, ove "per molti versi connessi, la geografia e il corpo condividono un territorio tangibile: il territorio dello spazio vissuto [...] come nell'itinerario emozionale tracciato da Scudery, i sentimenti finiscono per essere registrati in forma di trasmutazioni fisiche, scritte come fisiognomica mobile";4 arte relazionale, dal forte "impulso archivistico", teatralmente dialogante, tra "verità e immaginazione",5 con la memoria artistica e documentaria conservata negli istituti culturali. E la memoria è il significato poetico dell'arte contemporanea più attuale, l'ancoraggio alla Storia che innesca un processo di sublimazione del passato attraverso l'opera d'arte, "un nodo tra un passato non finito e un futuro riaperto".6


L'occhio di chi scrive si sofferma, necessariamente "a spot", su artisti, storici dell'arte e critici della nostra regione che si sono esposti con il loro lavoro nei musei, pubblici e privati, nell'ambito di questa articolata e importante "Art City 2015".

Nelle sale del Museo Morandi del Museo d'arte della Città di Bologna è ordinata la mostra "Morandi e l'antico: Vitale da Bologna, Barocci, Rembrandt e Crespi", curata da Alessia Masi, Lorenza Selleri e Giusy Vecchi, ove i modelli che hanno ispirato l'arte del bolognese sono posti a confronto diretto con le sue opere, in particolare le incisioni; mentre, a Casa Morandi, Masi accentua le caratteristiche di sintesi formale geometrica, equilibrio compositivo e luministico che costruiscono la pittura morandiana, mettendole a serrato confronto con l'astrazione degli still lifes urbani dell'olandese Ada Duker.

Nelle sale della Collezione permanente del MAMbo è stata allestita la mostra di Franco Guerzoni, "Archeologie senza restauro", in cui sono sono esposte sia opere dei suoi esordi, sia la produzione più recente. Sin dagli anni Settanta dello scorso secolo, l'artista modenese si è dedicato a riflessioni concettuali sull'archeologia e a libri-opera che affrontavano il tema del viaggio e le sue immagini, mentre dal decennio successivo si è sviluppata la ricerca artistica che lo ha maggiormente connotato, innervata su carte parietali gessose, cromaticamente brillanti e gravi al contempo, che creano un ossimoro tra superficie e profondità attraverso le tracce, i "reperti", frammenti morbidi e taglienti di viaggi immaginati e remoti.

Ancora un dialogo sincronico, tra gli antipodi temporali della scultura medievale e contemporanea, è stato messo in scena da Matteo Zauli al Museo civico medievale ove le Zolle e le Arate naturalistico concettuali di Carlo Zauli si accostano alla scultura e all'oreficeria antica, in un rapporto formale, strutturale e materiale che, con un solo colpo d'occhio, sintetizza il continuum della storia dell'arte della scultura nell'esaltazione reciproca della preziosità delle materie e della squisitezza delle fatture nella similare sintesi compositiva; mentre poco distante, al Musée de l'Ohm, la sospensione del presente, del mistero nel suo divenire, è lasciata a Chiara Pergola, che con l'installazione Suspence rievoca l'archetipo dell'ovale, la cellula simbolo della vita in germinazione, che nelle chiese del medioevo veniva appeso in alto affinché tutti i fedeli fruissero del "veicolo dell'illuminazione", esplicitato dalla Pergola con una classica lampadina Osram.

La sincronia dialettica tra la pittura bolognese degli ultimi cinquant'anni, informale e figurativa oggettuale, è il fil rouge che lega la mostra della Fondazione del Monte "Oggetti sul piano", a cura di Antonio Grulli: una riflessione sul genere della natura morta e del ready-made duchampiano, sulla sua evoluzione nell'arte contemporanea concettuale e oggettuale, che comprende gli artisti del bacino bolognese Riccardo Baruzzi, Pierpaolo Campanini, Paolo Chiasera, Leonardo Cremonini, Pirro Cuniberti, Cuoghi Corsello, Flavio Favelli, Piero Manai, Giorgio Morandi, Alessandro Pessoli, Concetto Pozzati, Sergio Romiti, Vincenzo Simone e ancora Sissi. L'esposizione si presenta solenne e domestica al contempo, con le opere ordinate in un silenzio privo di parole didascaliche, gli oggetti della pittura quotidiana scivolano allestiti, in un gioco di rimandi e tramandi dello sguardo, sullo Studiolo da esposizione di Flavio Favelli. E anche il lavoro di Nanni Menetti, esposto nel "Cubiculum Artistarum" dell'Archiginnasio a cura del duo Bolis-Malossini, è ispirato ai ready mades di Duchamp. Tutti i cicli delle "Criografie: il lavoro del gelo" tendono alla "pittura idea" costruita direttamente dal gelo naturale, demiurgo naturale di opere che invitano a serie riflessioni sulla valenza delle tecniche dell'arte e delle sue rappresentazioni.

Un'altra esposizione assai suggestiva, straordinariamente integrata nel rapporto opere/ambiente, è "Bianco", di Giovanna Ricotta, ordinata da Silvia Grandi nella Sala dell'ex Chiesa di Santa Maria degli Angeli con frames fotografici tratti da tre performance dell'artista, "opere-oggetto che inglobano i corpi trasformandoli in corpi-oggetto, design studiato nei minimi particolari e con cura maniacale, rimandi più o meno espliciti alla storia dell'arte, alla scienza, allo sport, con il leit motiv del colore bianco".

L'Accademia di belle arti, unitamente alla Pinacoteca nazionale, è stata teatro di due importanti eventi: "Omar Galliani. Croquis de voyage" e "Oltre la materia. Gli artisti ricordano Maurizio Giuffredi", squisito e coltissimo collega di studi di chi scrive, prematuramente scomparso. La suite di Galliani, curata con eleganza critica da Eleonora Frattarolo, era innervata sul concetto del disegno quale primo pensiero, e idea, dell'artista, e si incentrava sullo sviluppo di questo pensiero nei numerosi taccuini di viaggio dell'artista, esposti insieme alla grande opera a grafite Il Respiro, definita dalla curatrice "l'alfa e l'omega del viaggio dell'uomo sulla Terra, e il suo oltre" per la straordinaria valenza simbolica, immanente e trascendente, evocata dall'artista reggiano "che ha portato nel mondo il grande disegno italiano".

Poco distante, alla Pinacoteca nazionale di Bologna, è allestita la mostra internazionale "To early, to late", curata da Marco Scotini e dedicata all'arte contemporanea mediorientale. La tematica - declinata dagli artisti esposti con la prevalenza di poetiche concettuali e new media, in cui spicca la drammatica narrazione storica, identitaria e sociale della popolazione del bacino mediterraneo travagliato dai conflitti culturali politici e religiosi - ha offerto ad Alessandro Bergonzoni l'occasione di collegare a tali significati la sua drammatica performance intitolata Tutela dei beni: corpi del (c)reato ad arte. Il valore di un'opera in persona, in cui ha ricordato come anche nella cultura occidentale, italiana, si assista alla quotidiana violazione dei corpi e della psicologia delle persone.


La memoria... Mentre concludo questo giro dentro la città, nel museo diffuso grande quanto il suo centro storico e oltre, mi giunge la notizia che Gianfranco Maraniello andrà a dirigere il MART, il Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. Penso che, oltre all'importante e indefesso lavoro svolto per traghettare l'ex Galleria d'arte moderna verso il MAMbo, per lanciare il nuovo museo e farlo diventare un punto d'eccellenza inter/nazionale, Maraniello abbia l'encomiabile merito di aver saputo connettere attivamente e in modo partecipato le istituzioni culturali della città, pubbliche e private, per regalare al pubblico un'edizione memorabile di "Art City", con cui ci ha salutati in bellezza.


Note

(1) E. Raimondi, Trent'anni, "IBC", XVI, 2008, 2-3; ora nel volume: E. Raimondi, Tra le parole e le cose. Editoriali e articoli per la rivista "IBC", a cura di V. Cicala e V. Ferorelli, Bologna, Bononia University Press, 2014, p. 196.

(2) E. Raimondi, Una sfida per i beni culturali, "IBC", X, 2002, 2; ora nel volume: E. Raimondi, Tra le parole e le cose, cit., p. 102.

(3) Sissi intervistata da L. Regano, La vita intensa dentro e fuori il corpo. Cuore, stomaco ossa e sessi come case emotive, "Exibart.com", www.exibart.com/notizia.asp?IDNotizia=44612&IDCategoria=45.

(4) G. Bruno, Atlante delle emozioni. In viaggio tra arte, architettura e cinema, Milano, Bruno Mondadori Editore, 2006, p. 157 e p. 211.

(5) E. Raimondi, Per continuare, "IBC", XX, 2012, 1; ora nel volume: E. Raimondi, Tra le parole e le cose, cit., p. 229.

(6) H. Foster, R. Krauss, Y.A. Bois, B. H.D. Buchloh, D. Joselit, Arte dal 1900. Modernismo, Antimodernismo, Postmodernismo, I edizione, Bologna, Zanichelli, 2006, p. 669.

 

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