Rivista "IBC" XXII, 2014, 3

musei e beni culturali, biblioteche e archivi / itinerari, mostre e rassegne, pubblicazioni

A Rimini la prima edizione della "Biennale del Disegno": una miriade di eventi per declinare la parola arte.
Dal segno al sogno

Valeria Cicala
[IBC]

Una terra fortunata l'antica colonia latina di Ariminum, protagonista di eventi importanti e "nido" di uomini e di esperienze intellettuali che attraversano il tempo. Si tratterà pure di felici congiunzioni astrali, se vogliamo ispirarci alla molteplicità di messaggi legati all'astrologia e all'esoterismo di età rinascimentale che ci regala il Tempio Malatestiano nei rilievi e nelle iscrizioni che ricoprono l'equilibrio dei suoi marmi. Ma, indubbiamente, il tessuto di questa città propone trame avvincenti e durature. L'esempio più recente ce lo ha offerto la prima edizione della "Biennale del Disegno" (sottotitolo "Il nido delle idee"), conclusasi l'8 giugno 2014. Una manifestazione che ha avuto nella passione e nella competenza di Massimo Pulini, assessore alla Cultura del Comune, il suo deus ex machina.

Non pensiamo in queste righe di dar conto delle tante mostre e di tutti gli eventi che sono stati proposti. Del resto, è possibile consultare il sito appositamente creato ( www.biennaledisegnorimini.it), oppure i volumi pubblicati nella circostanza, per rendersi conto di quanto poliversa sia stata l'occasione e di quanto Rimini ne sia la collocazione ad hoc per molteplici circostanze. Possiamo ricordare le più significative: il suo patrimonio artistico e la ricchezza architettonica che la pongono al centro della cultura visiva. Da un secolo all'altro, questo complesso di risorse plana nella contemporaneità. Riannoda la forza del disegno con le diverse forme di espressione artistica alle quali è sotteso.

Ci piacerebbe restituire a chi legge, e non abbia avuto l'opportunità di andare a Rimini la scorsa primavera e godersi il variegato itinerario di mostre realizzate, almeno l'atmosfera che ha intriso la Biennale. Anche la logistica degli eventi, infatti, ha contribuito a comporre un vero e proprio "giro nell'arte". Un vero e proprio tripudio di eventi ha cucito un percorso teso all'analisi della figurazione grafica in tutte le sue declinazioni. Il disegno come strumento preparatorio nella pittura antica (da Parmigianino a Tintoretto a Guercino) o in quella modern: da Emilio Vedova a Lucio Fontana, passando per Fortunato Depero. Il disegno come espressività simbolica: nell'opera di Domenico Baccarini, nelle tele di William Kentridge, in un'opera di tre metri per tre di Keith Haring, e ancora negli storyboard cinematografici di Gianluigi Toccafondo, nei progetti dell'architetto Alfonso Coppedè (il "Gaudì italiano"), nel fumetto di Hugo Pratt e in un inedito di Marcello Dudovich.

Altrettanto emozionanti sono la collezione di disegni firmati dallo stilista Renè Gruau e il "Libro dei sogni" di Federico Fellini, l'album - anzi i due album (perché tanti Fellini ne riempì) - dove il Maestro ha annotato, appena sveglio, sotto forma di disegni e schizzi, i propri viaggi notturni, dall'inizio degli anni Sessanta al 1990. Una fonte che risulta preziosa per capire il suo cinema, i rapporti con alcuni dei suoi più stretti collaboratori: si veda quello con Ennio Flaiano. Ma il tratto e i colori del regista, forse, svelano anche a ciascuno di noi la propria dimensione onirica, figure ed episodi che convivono nel nostro inconscio e che lui fa riaffiorare.

Tra un luogo e l'altro della rassegna si percepiva un clima di rimandi e di sorprese continue; la possibilità costante di incrociare altre forme, altri autori. La sensazione di percorrere un altrove, di scivolare in altri luoghi per poi ritrovarsi tra i merli della rocca malatestiana; tra i mosaici di una domus romana, oppure di fronte alla sinopia dell'affresco di Piero della Francesca dedicato a Sigismondo, immersi nell'orizzonte di una strabiliante città affacciata tra l'Adriatico e la via Emilia, che il percorso della "Biennale del Disegno" ha completamente coinvolto. Il centro storico di Rimini si è infatti trasformato in unico nastro di luoghi, in un continuum, soprattutto dal pomeriggio alla sera inoltrata; una dimensione in cui incontrarsi, guardare un futuro espressivo che offre il senso della storia.

L'opportunità di leggere le opere di tanti artisti contemporanei, come negli spazi di "Cantiere Disegno" curati da Massimo Pulini, trasmette nelle interpretazioni e nei risultati la freschezza, l'attualità della cultura classica. Si ritrova traccia di questo sempre fertile tessuto connettivo che permette di inventare, di elaborare, di rovesciare schemi, di sovvertire aspettative, grazie a una matrice che avvicina, che alimenta ricerca, sperimentando contenuti non effimeri, non modaioli; abbiamo a disposizione i supporti più diversi: rappresentazioni, tecnologie, materiali, parole, in una perenne condivisione che è volontà di crescere e di progettare. Consapevoli di avere basi solide, millenarie.


Tra i luoghi coinvolti in questa esperienza citiamo il Museo della Città, Castel Sismondo, Palazzo del Podestà, Palazzo Gambalunga, FAR (Fabbrica Arte Rimini), il Museo degli Sguardi, la Cineteca comunale e l'Istituto musicale "Lettimi", ma anche librerie, gallerie, studi di architettura e case editrici.

Lasciando Rimini, muovendo verso le colline, a Longiano era possibile visitare "Quasi un secolo di 'disegno' nelle collezioni della Fondazione Tito Balestra", la mostra allestita tra il Castello Malatestiano e l'ex chiesa della Madonna di Loreto. Mentre a Santarcangelo, dove il centro storico cela grotte sulle cui pareti si annidano segni e messaggi, veniva proposta un'esposizione dedicata al grafico Marco Smacchia, il disegnatore che dal 2009 cura la grafica della celebre rassegna "Santarcangelo dei Teatri", e un'altra: "La scrittura disegnata. Quaderni di artisti e scrittori contemporanei, tra disegno, parola e invenzione quotidiana" in cui l'intimità e il pudore di un primo abbozzo, di una prima stesura, avvicinavano il pubblico a pittori e scrittori, ne accorciavano le distanze.

Nell'impossibilità di essere esaustivi, si possono dare alcuni cenni, che certamente si riallacciano anche alla formazione di chi scrive, emblematici di questo progetto che celebra "il primato del disegno". Mescolare segno e ombra, dare forma e rappresentare, sono esigenze che hanno trovato sulla pietra la loro prima espressione; dall'epidermide di una caverna in poi, tutto ciò che nell'arte è successo può riportarsi, ancor prima che a un papiro o a un foglio di carta, al ruvido piano di un ambiente anche poco illuminato, dove ombre, segni e sagome accennate prevalevano su ciò che sarebbe stato elaborato in seguito. Ombre e i profili che ci conducono senza fatica sui sentieri della filosofia, ci recano il brivido del sacro: sacralità e scrittura sono un binomio imprescindibile, già prima delle tavole del Sinai.

Ma torniamo alle molteplici emozioni della Biennale riminese. Il primo impatto è stato l'incontro nelle sale della Biblioteca Gambalunga con uno straordinario maestro della grafica: Leonardo Sonnoli, giuliano trapiantato a Rimini. Il suo omaggio alla più antica biblioteca pubblica, e allo spirito munifico di colui che la donò alla città, è un raffinato gioco di rimandi fin dal titolo dell'esposizione, "Dear Daddy, Long Legs": così Julie, la protagonista del romanzo epistolare Papà gambalunga di Jean Webster, battezza il suo benefattore (non trascurabile neanche la versione cinematografica del 1955, sceneggiatrice Nora Ephron, in cui Fred Astaire duetta con Leslie Caron); un benefattore che ella non ha mai incontrato, ma di cui ha visto sul muro del giardino un'ombra dalle gambe tanto lunghe che si disegnano con pochissimi tratti: una figura che acquisisce un'identità senza tempo.

Se la biblioteca per Sonnoli è uno strumento di progettazione, questa non prescinde dalla forma dei caratteri. La mostra è anche un omaggio all'epigrafia antica che in questa città, dall'Arco di Augusto al Ponte di Tiberio, offre tutta la forza espressiva delle lettere incise, che diverranno caratteri mobili e alfabeti per le più diverse esperienze artistiche, giochi geometrici, rivoluzioni tipografiche. L'artista lavora costantemente con tali elementi e la memoria visiva corre alle immagini di una recente, bella retrospettiva che Parigi ha dedicato lo scorso inverno al celebre grafico Philippe Apeloig, al Musée des Arts Decoratifs, con il titolo "Typorama". Anche nella sua esperienza nuovi vocabolari estetici, nuove tecnologie, ma ancora una volta tutto muove dal carattere tipografico.

A proposito: anche Sonnoli era nella capitale francese nel mese di febbraio: è stato invitato, unico italiano, a celebrare con un proprio manifesto la città di Parigi insieme ad altri graphic designer di fama internazionale provenienti da venticinque paesi, in occasione della "Fête du Graphisme" organizzata con il patrocinio del Ministero della cultura e della comunicazione. I poster sono stati affissi su 1.600 plance lungo gli Champs Élisées, e successivamente, fino al 18 di febbraio, sui muri dell'intera capitale. Il manifesto di Sonnoli sottolinea il fascino della Ville Lumière, ma anche le sue tante contraddizioni, espresse dall'appello "aiutatemi" di un clochard. Dal 30 gennaio al 2 febbraio i lavori del nostro artista erano esposti anche all'interno della mostra "Paris invite le monde" ospitata presso Les Docks - Cité de la Mode et du Design.


Del resto, potremmo dire che la Romagna è di casa in Francia, come dimostra il caso di René Gruau. Non lasciatevi trarre in inganno dal suo nome d'arte: si chiamava Renato Zavagli Ricciardelli delle Caminate, nacque a Rimini sulla collina di Covignano, figlio del conte Alessandro e di Maria Gruau. Dalla mamma francese prese il nome per la sua carriera artistica quando, incoraggiato dalla stessa, si trasferì a Parigi, agli inizi degli anni Trenta. I disegni di Gruau creano racconti, ammaliano e lasciano che la fantasia e la suggestione di una contemporaneità, ormai remota, prendano respiro. La sua longevità artistica è stata eccezionale e capace di rinnovarsi e trovare nuovi spazi. L'eleganza smaterializzata del suo tratto si è incontrata con la creatività onirica e pastosa del grande amico Fellini e i risultati sono stati memorabili: l'affiche della "Dolce vita" e alcuni dei costumi per quella pellicola. L'esposizione permanente di un nucleo dei suoi lavori nel Museo della Città di Rimini è contigua alla sala che accoglie "Il libro dei sogni" del regista. Un immaginario diverso, ma pur sempre in bilico tra il sogno e il segno; comunque sospeso tra un tratto di Adriatico e il mondo.

E il mare, il viaggio verso l'ignoto, in luoghi dove tutto può accadere, tra personaggi e storie indimenticabili, sono stati la materia di un'altra mostra che incrocia immagini e racconti, che disegna una figura, ormai un mito, Corto Maltese, e riguarda con rimpianto la forza fragile e struggente di un maestro del fumetto come Hugo Pratt. Un creatore di mondi, di allucinazioni tratteggiate in una liquida, ininterrotta narrazione. Ambientata a Castel Sismondo, la mostra, curata da Egisto Quinti Seriacopi e Cartoon Club, ha condiviso gli spazi con quella dedicata ad Antonio Basoli, un grande "artista scrivano", un visionario che tra Sette e Ottocento "ambiva a disegnare il mondo intero"; le sue matite e i suoi acquerelli travalicano la modernità. Senza mai lasciare Bologna e il suo studio, Basoli, dotato di immaginazione nutrita di letture e ricerche, attraversa l'ecumene, ne redige mappe molto personali, propone continenti, città, paesaggi ricreati dalla sua mente e dalla sua mano: una creatività artistica forgiata di cultura classica, sia scientifica sia umanistica. Oltre al bel catalogo curato da Eleonora Frattarolo, la mostra sollecita la rilettura di un altro libro: Le città invisibili di Calvino.

Un'altra figura di estremo interesse ha abitato gli spazi di Castel Sismondo nel corso della Biennale, offrendo uno spaccato della cultura architettonica italiana attraverso i suoi disegni: quella di Adolfo Coppedè. L'esposizione, curata da Tommaso Strinati e Valentina Rossi, è l'esito dell'importante progetto di recupero di un archivio privato, condotto dall'Archivio di Stato di Firenze. Gli inediti che il pubblico ha potuto apprezzare compongono non solo il percorso di un grande architetto dei primi decenni del Novecento italiano, ma anche il tavolo di lavoro di un raffinato disegnatore, che amava la scenografia e la teatralità, e a cui si addiceva la classicità. Un progettista carico di idee, al quale piaceva reinterpretare i secoli precedenti. Agli antipodi di Le Corbusier, l'architetto fiorentino fu grande narratore per il suo modo di disegnare. Venne definito l'"Ariosto dell'architettura". E, probabilmente, la forza del disegno è spesso anche quella di farci cavalcare un ippogrifo e allontanarci dal quotidiano.



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