Rivista "IBC" XXII, 2014, 1

biblioteche e archivi / mostre e rassegne, pubblicazioni

Boccaccio in Romagna. Manoscritti, incunaboli e cinquecentine nelle biblioteche romagnole, a cura di P. Errani, C. Giuliani, P. Zanfini, Bologna, Editrice Compositori, 2013.
Boccaccio in Romagna

Lucia Gasperoni
[Società cooperativa "Voli Group"]

Quando si decide di allestire una mostra bibliografica, due sono le strade che si possono seguire: puntare sui reperti di sicuro effetto e immediato impatto nei confronti del grande pubblico (si pensi a indubbi capolavori come la Bibbia di Borso d’Este conservata presso la Biblioteca Estense di Modena, per citare solo uno dei più noti), con il rischio però di deludere le aspettative, oppure scegliere di proporre un percorso espositivo che, partendo dal testo, arrivi a mostrare nel suo complesso come la storia del libro, inteso come manufatto, e la storia della cultura e della trasmissione del sapere siano strettamente legate.

Questa è la strada, sicuramente meno agevole, che i curatori della mostra bibliografica delle opere manoscritte e a stampa di Giovanni Boccaccio, edite nei secoli XV e XVI e conservate nelle biblioteche romagnole, hanno scelto di seguire, aggiungendo così un prezioso tassello all’opera di promozione delle raccolte storiche delle biblioteche dell’Emilia-Romagna.

La mostra, promossa tra gli altri dalla Soprintendenza regionale per i beni librari e documentari, è stata pensata dai suoi curatori in occasione del VII centenario della nascita di Giovanni Boccaccio, e intende contribuire a fare luce sulla fortuna del letterato in Romagna, nelle terre in cui soggiornò a lungo, ospite presso le corti dei Polenta a Ravenna e degli Ordelaffi a Forlì.

Il risultato delle ricognizioni effettuate presso le biblioteche è stato condensato in un’agile pubblicazione, suddivisa in due parti: quattro saggi, su Boccaccio e la Romagna e sulle edizioni delle sue opere quivi conservate, e il catalogo delle opere manoscritte e a stampa.

Ai soggiorni romagnoli sono dedicati i primi due interventi di Donatino Domini (Boccaccio a Ravenna) e Alfredo Cottignoli (Giovanni Boccaccio “biografo” ravennate di Dante), che ben esemplificano le motivazioni politiche e filologiche che lo portarono a recarsi presso le signorie romagnole, assunte, specie quella dei Polenta, a modello di ideale forma istituzionale, e a esempio di mecenatismo illuminato. Ed è proprio durante questi soggiorni che prese forma la sua biografia di Dante, la più antica e la più nota del poeta fiorentino, curiosamente conservata in Romagna in soli due esemplari di un’edizione della Vita nova stampata a Firenze presso Bartolomeo Semartelli nel 1576. Alle suggestioni del soggiorno ravennate, come sinteticamente ricostruito da Domini e Cottignoli, si deve poi l’ambientazione di una delle novelle più note, quella di Nastagio degli Onesti.

Ma Boccaccio non fu solo studioso di Dante e novelliere del Decameron, come sottolinea efficacemente Sebastiana Nobili nel saggio su Boccaccio “pittore”: le metamorfosi di un artista, in cui parte proprio dalla comparazione tra i grandi repertori di incunaboli e cinquecentine (ISTC ed Edit16) e il catalogo romagnolo, che risulta riflettere in piccolo la diffusione delle sue opere nei secoli Quattrocento e Cinquecento. Su una in particolare si sofferma Nobili, la Genealogia deorum gentilium e la sua traduzione in volgare cinquecentesca, di cui ripercorre la storia della fortuna, prima come repertorio del mito classico e a partire dal XVI secolo anche come “manifesto” per la poesia e soprattutto trattato di iconografia, grazie alle descrizioni particolareggiate di divinità ed eroi classici che ne fanno uno strumento indispensabile per pittori e illustratori. Nelle biblioteche romagnole se ne trovano solo 4 edizioni in latino, 3 stampate nel XV secolo e una sola nel XVI, ma ben 9 nella traduzione cinquecentesca in volgare, a riprova di quanto affermato dall’autrice al termine del suo ragionamento: i cataloghi, se opportunamente interrogati, possono fornire utili indicazioni a chi si occupa di storia della cultura, per decifrare i cambiamenti di mentalità. E si potrebbe aggiungere che cataloghi come questo, quando sono comparabili per varietà editoriale con i grandi repertori nazionali e internazionali, consentono forse di evidenziare meglio gli intrecci tra la fortuna di un’opera o di un autore e la storia della cultura dell’epoca, in questo caso moderna e contemporanea, mettendo in risalto nessi che i grandi numeri rischiano di disperdere.

Come efficacemente sottolineato da Lorenzo Baldacchini nell’ultimo saggio del volume (Boccaccio in Romagna), quando si realizza un catalogo bibliografico è necessario avere ben presente quanto sia stata “tumultuosa” la storia della formazione delle raccolte librarie, onde evitare il rischio di ritenere quanto viene conservato nelle biblioteche esaustivo di un’edizione o di un autore, o della produzione editoriale in epoca. Ma, afferma ancora Baldacchini, questa considerazione non toglie certo valore a una ricognizione del posseduto, che può fornire indicazioni interessanti sulla rappresentatività delle edizioni conservate, specie per quelle a stampa, e sulla loro circolazione, grazie alla rilevazione delle particolarità degli esemplari, soprattutto per quanto riguarda possessori e provenienza.

A questi interventi segue il catalogo, suddiviso in tre aree – manoscritti, incunaboli ed edizioni a stampa del XVI secolo – descritte secondo i rispettivi standard (Guida ICCU, IGI, SBN antico), con alcune variazioni opportunamente dichiarate nella nota. Ai dati di edizioni si accompagnano i dati di esemplare, molto accurati soprattutto per la parte relativa ai precedenti possessori: a quelli noti è dedicata un’interessante appendice di note biobibliografiche. L’apparato si completa con la bibliografia e una serie di indici, strumento indispensabile per “navigare” all’interno di un catalogo: quello dei nomi, quello degli editori, quello dei possessori e delle provenienze, quello delle illustrazioni; e si conclude con l’elenco delle opere raggruppate secondo le biblioteche in cui sono conservate.

Di sicuro effetto le tavole che corredano il volume, con una riproduzione scelta di carte manoscritte, frontespizi, pagine preliminari, timbri, xilografie, che ben esemplificano la ricchezza, la varietà e le suggestioni visive che l’ars naturaliter scribendi prima, e la stampa poi, hanno saputo cogliere dalle opere del Certaldese.


Boccaccio in Romagna. Manoscritti, incunaboli e cinquecentine nelle biblioteche romagnole, a cura di P. Errani, C. Giuliani, P. Zanfini, Bologna, Editrice Compositori, 2013 (“Emilia Romagna Biblioteche Archivi”, 80), 126 pagine, 13,00 euro.



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